Pensare la tecnologia
Il coaching è un metodo di allenamento delle potenzialità personali. Mira ad aiutare persone ed organizzazioni a raggiungere obiettivi di felicità attraverso azioni concrete. È stato dapprima visto con diffidenza, al momento della sua comparsa in Italia, ma poi è entrato nello sport, nelle aziende, nelle scuole. Oggi rischia di diventare una moda ma il pericolo maggiore non riguarda il numero dei professionisti (reali o presunti), ma la sua funzione sociale.
Appaiono palesi tre rischi principali.
Il coaching è un tentativo costante di creare nuovi modelli culturali intorno al lavoro, alla famiglia, alle relazioni. Se perde questa ambizione può promuovere l’adattamento pigro e negativo.
È un patto di alleanza volto ad innovare l’attività umana stimolata dalle domande essenziali, quelle che non possono trovare risposta con una App. Se non è questo, può accompagnare verso obiettivi banali.
È uno strumento distruttore di contesti che creano malessere. Se non mira a ciò può perpetuarli divenendo, suo malgrado, complice degli stessi.
L'uomo, infatti, si allena sempre, anche al peggio! A volte perché non trova uno spazio o un alleato che lo stimoli a scoprire nuove opzioni. A volte perché ha maturato un sentimento di disprezzo per la propria e l’altrui esistenza. In altri casi per abitudine.
Una comitiva di ragazzi immersi nel loro smartphone è un contesto di pratiche di esercizio la cui ripetizione plasma le relazioni ed i comportamenti. Ma sono pratiche che vengono notate solo da un osservatore esterno.
I filosofi greci, intelligentemente, cercavano di prendere le distanze dalle pressioni del contesto per lavorare alla costruzione di una seconda natura capace di rendere sé stessi e la loro comunità migliori. Le scuole e le accademie erano fisicamente separate dal cuore della vita politica ed economica, per pensarli.
L’impegno pratico dei filosofi rappresentava un esercizio costante di coraggio, gentilezza, creatività, integrità ed iniziava da un atto di secessione necessario a stimolare i muscoli della mente prima di agire. Anzi, era già azione! Non rappresentava una fuga dal mondo ma l’opportunità di guardare a distanza per osservare l'insieme.
L’alleanza tra coach e cliente, riprendendo questo approccio, vede la persona come atleta spirituale (Stanchieri 2018) che agisce sulla realtà.
Per questo non può essere trascurato il rapporto con le nuove tecnologie.
Il web “non è un mezzo ma un ambiente” (Contri 2018). È un territorio di cittadinanza e di domanda prima ancora che di offerta. Vive di velocità ed allena ad una “costante attenzione parziale” (ibid.) E’ l’acqua nella quale siamo immersi e ci sembra scontata.
La necessità del distacco serve ad affinare qualità e quantità della massa del pensiero per evitare la pigrizia di un pensiero di massa sempre più rancoroso, credulone ed automatico.
Il patto di coaching mira, quindi, a tirare fuori nuove idee per migliorare la vita, costruire un piano d’azione e dargli seguito puntando sui tratti di forza del carattere e sull’essenza relazionale della natura umana.
È meglio confrontarsi col nuovo mondo digitale senza paure o complessi, con la consapevolezza di quanto sostiene lo stesso Bill Gates: “ The context (la tecnologia) is the Queen, but the content (l’idea) is King.
È solo un primo passo, ma non ha nulla di scontato!
Riferimenti bibliografici
Scopri le tue potenzialità, Luca Stanchieri, FrancoAngeli, 2017
MCLuhan non abita più qui?, Alberto Contri, Bollati Boringhieri, 2017
La passione di comunicare, Armando Floris, historica, 2016
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