Pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e superstite


La pensione di reversibilità è ripartita tra coniuge superstite e coniuge divorziato in base alla durata del matrimonio e ad altri criteri
Pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e superstite

 

Pensione di reversibilità e sua ripartizione tra coniuge divorziato e coniuge superstite (Cass. Civ. 5268/2020), depositata il 26/2/2020

Laddove sia il coniuge divorziato che il coniuge superstite del soggetto deceduto abbiano i requisiti per la corresponsione della pensione di reversibilità, la ripartizione del trattamento pensionistico deve essere effettuata sulla base del criterio della durata del matrimonio e di ulteriori criteri, quali la durata della convivenza prematrimoniale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 5268/2020, depositata il 26/2/2020.


Riferimenti normativi

L’art. 9 della legge n. 898/1970 (Divorzio), ai commi 2 e 3 recita: “In caso di morte dell’ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.

Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questa spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui all’art. 5.”.

Ne discende che ove esista un coniuge divorziato ed un coniuge superstite, è demandato al Tribunale di stabilire la quota di pensione di reversibilità, a ciascuno di essi spettante, tenendo conto dei criteri legali, come stabilitI dalla norma.


La fattispecie, al vaglio della Corte di Cassazione, decisa con sentenza n. 5268/2020

La vicenda ha preso avvio da una controversia, avente ad oggetto la determinazione della quota di pensione di reversibilità spettante alla coniuge divorziata del de cuius, decisa in grado di appello con il riconoscimento a quest’ultima di una quota della pensione pari al 35%, ed alla coniuge superstite nella restante quota del 65%.

Avverso la decisione, la coniuge divorziata ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte di Appello avesse tenuto conto di una convivenza prematrimoniale tra il defunto e la coniuge superstite, in contrasto in i criteri legali in tema di ripartizione della quota di reversibilità.

Con la sentenza n. 5268/2020 la Suprema Corte, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha ritenuto la sentenza impugnata conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la ripartizione del trattamento di reversibilità tra il coniuge divorziato e quello superstite, ove sussistano per entrambi i requisiti per la pensione, deve essere effettuato tenendo conto del criterio della durata dei matrimoni e di ulteriori criteri, correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, stabili ed effettive, l’entità dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge, infine le condizioni economiche degli aventi diritto (vd Cass. civ. 16093/2012; 10391/2012, 26358/2011).

Poiché la Corte di Appello ha correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di ripartizione del trattamento pensionistico tra coniuge divorziato e coniuge superstite, la sentenza impugnata è stata confermata ed il ricorso rigettato.

 

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di Avv. Emanuela Manini

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