Perchè un'organizzazione deve impegnarsi per la sostenibilità?


Motivazione degli investimenti aziendali in sostenibilità ambientale
Perchè un'organizzazione deve impegnarsi per la sostenibilità?

Tutte le entità biologiche, piante o animali, seguono il loro ciclo di vita che li vede nascere, crescere, moltiplicarsi e morire.

Per la biologia (chiediamo scusa ai biologi per la drastica semplificazione di un processo così magico e complicato) gli input del ciclo suddetto sono elementi fisici concreti, le condizioni di temperatura essenziali, il seme e/o l’uovo, (a partire dalla creazione…ma questo ci porta fuori argomento) la disponibilità di un luogo riparato o di un terreno adatto, la presenza di acqua, la massa critica di organismi simili, il corretto mix dei sessi, la disponibità di elementi nutrienti, un ambiente bilanciato rispetto alla presenza di prede-predatori in un scala di gerarchia alimentare, la lenta mutazione genetica che crea l’adattamento.

Il bilanciamento di questi ed altri elementi ha portato ad un armonioso sviluppo di tutte le specie del pianeta, delle quali le più forti e/o adattabili, a seguito dei conflitti sulle risorse in competizione, trovano un equilibrio, pur in spazi temporali piuttosto estesi, rispetto al tempo di una generazione umana. Se l’equilibrio non viene trovato, la specie meno adattabile si estingue.

L’uomo economico ha trasferito questa metafora ai suoi aggregati economici, città, nazioni, organizzazioni, imprese, gruppi sociali. Questi organismi “economico-sociali” nascono già adattati alle condizioni fisiche, in quanto i loro stessi generatori sono “animali” adattati, e seguono un ciclo basato su elementi intellettuali ed economici, i cui parametri derivano dall’intelligenza umana e dalla sua capacità di ricerca, sperimentazione, creazione di regole di contesto, in un ambiente socio-fisico in cui tutti gli esseri umani si muovono, con gradi di evoluzione, ancora un po’ differenti nelle varie aree geografiche, ma tendenti di fatto ad unificarsi.

Questi elementi, con cui gli umani si pongono in rapporto economico sociale, si chiamano imprese, idee imprenditoriali, moneta, il denominatore comune per lo scambio di beni, che definisce i prezzi, metro di misura dell’utilità dei beni, valore riferito ai bisogni di ogni essere o dei gruppi umani. Come noto, i “bisogni” partono da quelli relativi alla sopravvivenza fisica e si evolvono, se vengono via via soddisfatti, su una scala, detta di Maslow, fino a quelli di componente intellettuale, psicologica e simbolica, completamente indotti dal contesto sociale.

Lo sviluppo economico ha in tutti i tempi perseguito la soddisfazione di questi bisogni, motore delle organizzazioni produttive di massa che permettono l’organico evolversi della vita delle società evolute, che si basano sugli elementi descritti ed il cui indicatore generale di “benessere” economico è il valore del Prodotto Interno Lordo degli stati.

Tutto andrebbe bene se, come ai primordi dell’economia, si considerassero illimitate le risorse naturali del pianeta in cui viviamo (e non sembra facile raggiungere altri pianeti!).

Oggi sono viventi sul pianeta circa 7,5 miliardi di unità umane, con tendenza a moltiplicarsi ancora, in assenza di meccanismi oggi ignoti.

L’imponenza dl numero fa si che anche il più insignificante oggetto collegabile ad una singola persona-entità, un indumento, un alimento, un gadget, su scala mondiale, costituisca oggetto di “business” oceanici.

La struttura produttiva cerca appunto di ottimizzare i sistemi produttivi per servire bisogni globali nel modo più economico e raggiungendo i vantaggi competitivi offerti dai metodi della produzione di massa.

Questo ciclo, che di per se non sarebbe negativo, quando viene applicato a partire da risorse materiali non rigenerabili nei tempi sempre più compressi necessari per il sostentamento del ciclo di sviluppo, porta alla distruzione della risorsa prelevata, alla generazione di agenti spesso inquinanti e distruttivi che accelerano la creazione dello squilibrio socio-ambientale.

Oggi è davanti agli occhi di tutti il suddetto sviluppo si basa per lo più si risorse limitate e allo stato delle cose si riscontra un sempre maggiore squilibrio tra i consumi di risorse e le risorse ancora presenti sul pianeta, perché ad oggi il funzionamento del sistema economico attuale dipende essenzialmente da risorse non rinnovabili: le riserve di materie prime sono limitate, particolarmente per quanto riguarda le fonti di energia, e questa limitatezza contraddice il principio della crescita illimitata del PIL, e che, anzi, la crescita così praticata genera dissipazione di energia e crescente dispersione di materia.

A ciò si aggiunga che la ricchezza prodotta dai sistemi economici non consiste soltanto in beni e servizi: esistono altre forme di ricchezza sociale, come la salute degli ecosistemi, la qualità della giustizia, le buone relazioni tra i componenti di una società, il grado di uguaglianza, il carattere democratico delle istituzioni, e così via. La crescita della ricchezza materiale, misurata esclusivamente secondo indicatori monetari può avvenire a danno di queste altre forme di ricchezza.

Le società dominanti attuali sono assuefatte a consumi materiali con preponderante componente simbolica ed emotiva ma non valorizzano in generale, le ricchezze più essenziali come la qualità della vita, i rapporti positivi tra persone, la componente di sussidiarietà sociale, il risparmio volto a garantire il futuro delle generazioni. Inoltre sottovalutano le reazioni degli esclusi alla festa del consumo, che induce violenza o risentimento nei paesi esclusi o limitati nello sviluppo economico di tipo occidentale.

Occorre, quindi, accogliere le problematiche emergenti come le immigrazioni di persone affamate, per i quali la sopravvivenza immediata è più pressante del pensiero alle generazioni future e per i quali le istanze di sviluppo sostenibile derivate dalle preoccupazioni dei paesi ricchi sono incomprensibili. Anche a questi problemi occorre dare nuove risposte.

Lo scenario attuale quindi si configura come un grande dilemma, che comunque bisogna che il genere umano sciolga quanto prima possibile, perché alcune soluzioni non sono reversibili: posto che lo sviluppo così com’è non va, occorre cambiarne le regole nel senso di ridurre la ricchezza relativa, (teorie della decrescita), privilegiando la felicità come forma di ricchezza? Oppure aspettare passivamente che salti fuori un soluzione tecnologica (teoria del non fare niente), non avvenendo il quale fatto non resterà più nulla per le generazioni future? Oppure applicare intelligenza, volontà e fiducia in un cambiamento dei paradigmi su cui fino ad oggi ci si è basati e soprattutto nel riorientare i bisogni che inducono scelte non rispettose dell’equilibrio planetario su scelte più consapevoli?

Questo dilemma e tutte le proposte, tecnologie, modi di pensare e sforzi intellettuali che derivano dall’ultima domanda prende il nome di teoria sulla sostenibilità dello sviluppo.

L’ipotesi della “sostenibilità dello sviluppo” nasce dalla speranza di fare fronte ai problemi posti dalla necessità di coniugare la necessità di perpetrare il ciclo economico tendente allo sviluppo degli organismi economico-sociali, con attenzione degli equilibri socio-ambientali.

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di Ing. Carlo Molinari

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