Perché chiedere aiuto al terapeuta della Gestalt?
La relazione terapeutica come speranza di cambiamento alla richiesta di aiuto e alla sofferenza
"La speranza è l’arcobaleno gettato al di sopra del ruscello precipitoso e repentino della vita, inghiottito centinaia di volte dalla spuma e sempre di nuovo ricomponentesi: continuamente lo supera con delicata bella temerarietà, proprio là dove rumoreggia più selvaggiamente e pericolosamente"
Friedrich Nietzsche
Dietro una richiesta di aiuto c’è una grande sofferenza, spesso si chiede aiuto quando ci si sente fragili e vulnerabili a causa di particolari eventi che hanno colpito la nostra vita, ...ruscello precipitoso e repentino..come la definisce Nietzsche, oppure quando un sintomo (attacco di panico, depressione, ansia...) limita fortemente la nostra quotidianità, quando si è arrivati al "capolinea" e ci si sente senza speranza, lacerati dalla disperazione e dall’angoscia, ma proprio la richiesta di aiuto cela una grande speranza, inconsistente e impalpabile, ma anche "temeraria" e a volte non consapevole, la speranza che il futuro possa essere migliore e che la persona a cui ci stiamo rivolgendo ci possa veramente aiutare.
E proprio con questo stato d’animo di grande sofferenza ma anche di grande speranza si fa una richiesta di Psicoterapia, che spesso viene fatta alla cieca, non si conosce la differenza tra psicologo e psicoterapeuta e neanche la differenza tra diversi approcci e modelli.
Ogni psicoterapeuta nello scegliere in proprio approccio decide di indossare una lente che gli consente di osservare questa sofferenza e questa speranza da una prospettiva ben precisa e di fare delle scelte terapeutiche lavorando su alcune cose anziché su altre.
La PdG parte da un assunto importante, il concetto di intenzionalità, la tendenza innata in ciascuno di noi di orientarsi verso l’ambiente (dove per ambiente si intende l’ambiente relazionale, l’altro da sé), tendenza innata di "muoversi verso il mondo", di raggiungere l’altro in modo consapevole e deliberato.
Se l’essenza dell’uomo consiste nell’intenzionarsi verso altro da sé, nell’entrare in contatto con l’altro, allora la patologia mentale riguarda il modo con cui si realizza questa intenzionalità: in modo sano, consapevole e quindi spontaneo, pienamente attivo, oppure, in modo rigido, cristallizzato, a seconda delle esperienze relazionali che abbiamo fatto nella nostra vita, delle competenze relazionali (domini, Margherita Spagnuolo Lobb, 2013) che abbiamo acquisito in passato e che caratterizzano le attuali relazioni.
La sofferenza per la Psicoterapia della Gestalt è dunque sofferenza relazionale, è lì che soffriamo, all’interno delle nostre famiglie, incastrati in legami troppo soffocanti o, al contrario, troppo disimpegnati, in contesti lavorativi stressanti e a volte anche ipocriti, oppure alla ricerca di un lavoro, delusi e frustrati da una logica sociale complessa che ci fa sentire sempre più soli.
Queste esperienze portano alla perdita della spontaneità, che è la qualità che dovrebbe caratterizzare le nostre relazioni, il nostro essere nel mondo, quando la spontaneità è interrotta, l’esperienza relazionale viene caratterizzata dall’ansia e il sintomo diventa il miglior adattamento che il soggetto trova nel contattare l’ambiente.
La prospettiva del terapeuta della Gestalt è una prospettiva positiva, orientata da un concetto di sintomo come adattamento creativo, da una idea di aggressività come energia necessaria per contattare l’altro, da un concetto di auto-regolazione che consente di guardare alle risorse che il soggetto ha messo in campo per adattarsi alle situazioni negative.
Partendo da questi concetti, all’interno del campo relazionale paziente -terapeuta, il terapeuta della Gestalt attiva una prospettiva estetica ("relativa ai sensi"), prestando attenzione alle parole del paziente ma anche ai segnali che provengono dal suo corpo, considerandolo dunque, nella sua totalità, facendo esperienza di stare al confine di contatto della relazione con il paziente, coglie come questa intenzionalità si attualizza e sostiene una nuova intenzionalità più consapevole e spontanea (Margherita Spagnuolo Lobb, 2013).
Il terapeuta della Gestalt si mette in gioco nella relazione terapeutica, attiva un sentire nel qui e ora della relazione e su questo sentire fonda il suo intervento, sostiene la piena consapevolezza delle emozioni e dei sentimenti del paziente, perché quanto più si diventa consapevoli dei propri sentimenti "cosa sento", tanto più si sarà in grado di rispondere alla domanda "cosa voglio".
La speranza di cambiamento offerta, dunque, dal terapeuta della Gestalt, è proprio la relazione terapeutica, che diviene l’arcobaleno, la speranza temeraria a cui il paziente può aggrapparsi per affrontare la vita.
Il cambiamento consiste nell’attualizzarsi di un modo diverso e nuovo di relazionarsi col mondo, modo nuovo che il paziente sperimenta già nel campo relazionale con il terapeuta, attivando nuove consapevolezze, nuove risorse e recuperando l’energia necessaria per sperimentarsi anche fuori.
Friedrich Nietzsche
Dietro una richiesta di aiuto c’è una grande sofferenza, spesso si chiede aiuto quando ci si sente fragili e vulnerabili a causa di particolari eventi che hanno colpito la nostra vita, ...ruscello precipitoso e repentino..come la definisce Nietzsche, oppure quando un sintomo (attacco di panico, depressione, ansia...) limita fortemente la nostra quotidianità, quando si è arrivati al "capolinea" e ci si sente senza speranza, lacerati dalla disperazione e dall’angoscia, ma proprio la richiesta di aiuto cela una grande speranza, inconsistente e impalpabile, ma anche "temeraria" e a volte non consapevole, la speranza che il futuro possa essere migliore e che la persona a cui ci stiamo rivolgendo ci possa veramente aiutare.
E proprio con questo stato d’animo di grande sofferenza ma anche di grande speranza si fa una richiesta di Psicoterapia, che spesso viene fatta alla cieca, non si conosce la differenza tra psicologo e psicoterapeuta e neanche la differenza tra diversi approcci e modelli.
Ogni psicoterapeuta nello scegliere in proprio approccio decide di indossare una lente che gli consente di osservare questa sofferenza e questa speranza da una prospettiva ben precisa e di fare delle scelte terapeutiche lavorando su alcune cose anziché su altre.
La PdG parte da un assunto importante, il concetto di intenzionalità, la tendenza innata in ciascuno di noi di orientarsi verso l’ambiente (dove per ambiente si intende l’ambiente relazionale, l’altro da sé), tendenza innata di "muoversi verso il mondo", di raggiungere l’altro in modo consapevole e deliberato.
Se l’essenza dell’uomo consiste nell’intenzionarsi verso altro da sé, nell’entrare in contatto con l’altro, allora la patologia mentale riguarda il modo con cui si realizza questa intenzionalità: in modo sano, consapevole e quindi spontaneo, pienamente attivo, oppure, in modo rigido, cristallizzato, a seconda delle esperienze relazionali che abbiamo fatto nella nostra vita, delle competenze relazionali (domini, Margherita Spagnuolo Lobb, 2013) che abbiamo acquisito in passato e che caratterizzano le attuali relazioni.
La sofferenza per la Psicoterapia della Gestalt è dunque sofferenza relazionale, è lì che soffriamo, all’interno delle nostre famiglie, incastrati in legami troppo soffocanti o, al contrario, troppo disimpegnati, in contesti lavorativi stressanti e a volte anche ipocriti, oppure alla ricerca di un lavoro, delusi e frustrati da una logica sociale complessa che ci fa sentire sempre più soli.
Queste esperienze portano alla perdita della spontaneità, che è la qualità che dovrebbe caratterizzare le nostre relazioni, il nostro essere nel mondo, quando la spontaneità è interrotta, l’esperienza relazionale viene caratterizzata dall’ansia e il sintomo diventa il miglior adattamento che il soggetto trova nel contattare l’ambiente.
La prospettiva del terapeuta della Gestalt è una prospettiva positiva, orientata da un concetto di sintomo come adattamento creativo, da una idea di aggressività come energia necessaria per contattare l’altro, da un concetto di auto-regolazione che consente di guardare alle risorse che il soggetto ha messo in campo per adattarsi alle situazioni negative.
Partendo da questi concetti, all’interno del campo relazionale paziente -terapeuta, il terapeuta della Gestalt attiva una prospettiva estetica ("relativa ai sensi"), prestando attenzione alle parole del paziente ma anche ai segnali che provengono dal suo corpo, considerandolo dunque, nella sua totalità, facendo esperienza di stare al confine di contatto della relazione con il paziente, coglie come questa intenzionalità si attualizza e sostiene una nuova intenzionalità più consapevole e spontanea (Margherita Spagnuolo Lobb, 2013).
Il terapeuta della Gestalt si mette in gioco nella relazione terapeutica, attiva un sentire nel qui e ora della relazione e su questo sentire fonda il suo intervento, sostiene la piena consapevolezza delle emozioni e dei sentimenti del paziente, perché quanto più si diventa consapevoli dei propri sentimenti "cosa sento", tanto più si sarà in grado di rispondere alla domanda "cosa voglio".
La speranza di cambiamento offerta, dunque, dal terapeuta della Gestalt, è proprio la relazione terapeutica, che diviene l’arcobaleno, la speranza temeraria a cui il paziente può aggrapparsi per affrontare la vita.
Il cambiamento consiste nell’attualizzarsi di un modo diverso e nuovo di relazionarsi col mondo, modo nuovo che il paziente sperimenta già nel campo relazionale con il terapeuta, attivando nuove consapevolezze, nuove risorse e recuperando l’energia necessaria per sperimentarsi anche fuori.
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