Perchè è difficile fare previsioni sul dollaro


Nonostante le previsioni, il dollaro americano continua a essere debole
Perchè è difficile fare previsioni sul dollaro
All'inizio del 2017, con l'insediamento del presidente Trump, molti analisti prospettavano un dollaro americano in apprezzamento. Ma da un sondaggio di Bank of America Merryl Lynch, emerse anche che le posizioni su un apprezzamento del dollaro erano molto diffuse, lasciando intendere che le aspettative di rialzo erano eccessive. Dopo che il dollaro e' passato da 1,05 a 1,24, oggi sappiamo che la visione di consensus era sbagliata. Il cambio euro/dollaro non ha pero' cessato di alimentare la discussione. Al forum di Davos, il segretario al tesoro americano Mnuchin ha dichiarato che un dollaro debole sarebbe positivo per gli Stati Uniti per quanto riguarda il commercio. Il presidente Trump ha successivamente rilasciato una dichiarazione a favore di un dollaro forte, anche se lo stesso Trump ad aprile aveva parlato di un dollaro troppo forte. Il Financial Times del 1 febbraio riporta le parole del consigliere della BCE Benoit Coeuré, secondo cui la Banca centrale si vedrebbe costretta a reagire in caso di movimenti eccessivi. E', quindi, abbastanza comprensibile che si rimanga un po' interdetti.
Il dollaro statunitense possiede due caratteristiche contrastanti:
- da un lato e' la valuta di un paese con una bilancia corrente in deficit cronico. Dopo la presidenza Clinton, il deficit commerciale si e' sommato al deficit del bilancio federale. Questo significa che necessita di attirare capitali dall'estero, o e' destinato a deprezzarsi
- dall'altro e' la valuta del paese piu' importante del mondo, quella in cui viene effettuata la maggior parte delle transazioni finanziarie. Quindi, e' naturale che ci sia una forte richiesta di dollari, perche' molti operatori lo accumulano volentieri, pensando di utilizzarlo per i loro futuri pagamenti. Questo spiega perche' il dollaro e' spesso sopravvalutato rispetto all'euro. Si veda, ad esempio, il "big mac index" elaborato dal settimanale " the economist.
Dal 1971, quando il sistema di cambi fissi ha cessato di esistere, questo disequilibrio puo' perdurare anche per lungo tempo. Il sistema di cambi flessibili, dopotutto, ha reso possibile la globalizzazione. Gli Stati Uniti possono delocalizzare la produzione, riducendone i costi, mentre il consumatore americano, nonostante una bilancia commerciale in deficit, puo' spendere quanto vuole, acquistare beni a basso costo, senza che l'andamento del cambio ne risenta necessariamente. I paesi in surplus finanziano, con i loro risparmi, finanziano i paesi in deficit (in particolare gli Stati Uniti).
Sotto il regime cosiddetto del GOLD STANDARD non sarebbe stato possibile.
Gli stati Uniti, dopo un periodo di bilancia commerciale in deficit, avrebbero dovuto alzare i tassi per ricostituire le riserve di oro.
Tutto cio' avviene ad un alto prezzo: la perdita di posti di lavoro nei paesi sviluppati.
Questo genera ovviamente malcontento generale, che alimenta politiche volte a far tornare i posti di lavoro persi (si veda la politica del presidente Trump). Il dollaro sopravvalutato puo far comodo al consumatore, non al settore manifatturiero americano.
Dal punto di vista di un risparmiatore, il dilemma si presenta di frequente. La discesa del dollaro rispetto all'euro e' stata abbastanza veloce e importante. Inoltre, il differenziale dei tassi tra Stati Uniti ed Europa si e' allargato. Logico pensare ad un apprezzamento del dollaro.
D'altro canto il usd e' ancora sopravvalutato rispetto all'euro e, a quanto sembra, le autorita' americane vedono di buon occhio un suo deprezzamento. Inoltre, la persistenza dei deficit "gemelli" ha un effetto deprimente sul cambio.
Un dollaro debole puo' avvantaggiare l'export statunitense. In piu', serve a tenere sotto il controllo il debito dei paesi emergenti denominato in valuta forte. In europa, cambio forte vuol dire politica monetaria piu' restrittiva, ecco perche' il governatore Mario Draghi ha assunto un tono piu' accomodante.
Una vecchia regola di saggezza dice: le azioni sempre a cambio aperto, le obbligazioni tutta la vita a cambio coperto.

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di Luca Bianco

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