Permesso a costruire in sanatoria, chi ha legittimazione a richiederlo


Il Consiglio di Stato si occupa anche di chiarire che cosa si intende per "salvo i diritti dei terzi" nonchè si pronuncia sull'annullamento d'ufficio del titolo
Permesso a costruire in sanatoria, chi ha legittimazione a richiederlo

Il Consiglio di Stato ritorna sul tema delicato della legittimità a chiedere il titolo ai sensi dell’art. 11 del testo unico sull’edilizia e lo fa con la Sentenza n. 2951 del 2021 che ha per oggetto un complesso caso di una strada vicinale, afferente a differenti particelle catastali, già oggetto di un permesso a costruire in sanatoria e di un ordinanza di riduzione in pristino, poi oggetto di un allargamento non assentito e successivamente di una nuova richiesta di sanatoria.

L’intera vicenda amministrativa ha inizio dall’allargamento della stradina privata abusiva da parte di colei asserisce essere la proprietaria. Il p.d.c. in sanatoria viene concesso, salvo che poi l’ente ritorna sui suoi passi e revoca lo stesso con seguente ordinanza di riduzione in pristino. A seguito di verifiche infatti l’ente ha valutato come la richiedente non avesse dimostrato la proprietà per usucapione della stessa. La revoca del p.d.c. era stata già oggetto di un ricorso in primo grado che era stato respinto.

La Sentenza viene appellata in Consiglio di Stato. I giudici di palazzo spada cominciano con l’esame della legittimazione in capo al soggetto richiedente e quindi riportano integralmente la normativa in esame che prevede che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, per cui l'interessato è tenuto a fornire al Comune la prova del suo diritto, mentre l'ente non deve svolgere sul punto verifiche eccedenti quelle richieste dalla ragionevolezza e dalla comune esperienza, in relazione alle concrete circostanze di fatto; pertanto, grava sull'Amministrazione l'obbligo di verificare l'esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull'immobile oggetto dell'intervento, ma non già di risolvere i conflitti tra le parti private in ordine all'assetto dominicale dell'area interessata, di tal che il richiedente che sostiene di essere proprietario per usucapione dell'area interessata, senza fornire prova adeguata, non può vantare titolo per richiedere un permesso di costruzione, né la semplice instaurazione di un giudizio per l'accertamento dell'usucapione soddisfa a tale presupposto".

Stante la normativa riportata, i giudici smontano completamente la tesi difensiva fondata sulla questione dell’usucapione maturato sulla particella atteso che "l’affermata usucapione è irrilevante in quanto, oltre a non essere stata accompagnata da alcun adeguato elemento di prova, risulta piuttosto smentita dagli elementi acquisiti, e con adeguatezza motivazionale esplicati nell’ambito del provvedimento di annullamento in autotutela". 

Inoltre l’appellante, attraverso un motivo di ricorso, censura l’operato del Comune in ordine all’accertamento del titolo di proprietà. La circostanza che il permesso di costruire venga rilasciato salvo diritti dei terzi, non significa che l’ente deve omettere o dimenticare che il diritto in questione, come emergeva per tabulas in ordine alle particelle contestate.

Anzi nel caso di specie, dicono i giudici, si ritiene che l'ente debba compiere le indagini necessarie per verificare se tali contestazioni siano fondate e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento del suo diritto".

Respinto anche l’ultimo motivo di ricorso, quello relativo al decorso del tempo ed all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio. Ed infatti sul punto si chiarisce che “che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell'annullamento d'ufficio e che, in ogni caso, il termine "ragionevole" per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell'amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell'atto di ritiro; che l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati; che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte".

Articolo del:


di Avv. Vincenzo Lamberti

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse