Pernottamento del figlio minore
Il pernottamento del figlio minore con il genitore non collocatario
Il diritto all’effettiva reciproca frequentazione tra il genitore non collocatario e il figlio deve concretizzarsi in misure atte a riunire il loro legame dopo la cessazione della convivenza, anche attraverso il pernottamento del figlio con il genitore non collocatario all’infuori dell’ambiente domestico.
Quando il Giudice regola il regime di affidamento condiviso, il provvedimento si limita, infatti, a fissare una "cornice minima" dei tempi di permanenza dei figli presso l’uno e l’altro genitore.
Tale provvedimento del Giudice è adottato in tutti i casi in cui sia assente un’equilibrata intesa tra genitori e serve a garantire che sia attuato l’interesse primario del figlio (cd. best interest of the child) rappresentato dal suo diritto alla piena bi-genitorialità.
Il figlio è titolare di un diritto di frequentazione che, per certo verso, è analogo a quello del genitore.
Sotto tale profilo, si deve preliminarmente precisare come, sulla base dell’Art. 8 C.E.D.U., la Giurisprudenza della Corte dei Diritti dell’Uomo abbia costantemente ribadito il principio secondo cui deve essere garantito a ciascun cittadino dell’Unione il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La questione relativa al pernottamento con il genitore del figlio non convivente deve, ovviamente, rispondere ai suddetti criteri di adeguatezza e di sano sviluppo del legame richiamati dalla Corte dei Diritti dell’Uomo.
Nell’ambito di tale valutazione, uno dei principali elementi che il Giudice deve valutare è il rapporto tra la condizione di fragilità determinata dall’età del minore e la possibilità di pernottare con l’altro genitore all’infuori dell’ambiente domestico, sempre tenendo come interesse primario l’interesse del figlio a realizzare un rapporto equilibrato con entrambi i genitori già nei primissimi anni di vita.
La giurisprudenza di merito e di legittimità hanno risolto molti casi, ma fornire un elenco indicando l’età anagrafica richiesta ai fini del pernottamento nei singoli casi decisi si pone in diretto contrasto con il dettato normativo, il quale, per contro, non pone alcun limite d’età al sano sviluppo della relazione tra genitore e figlio e tantomeno alla praticabilità dei pernottamenti fuori dall’abitazione principale.
Affinché possa essere riconosciuto al genitore non collocatario il diritto a trascorrere la notte con i propri figli è, in buona sostanza, necessario dimostrare che il mutamento dei luoghi di pernottamento non alteri né la serenità del bambino né le sue abitudini e ritmi esistenziali sin lì acquisiti.
In linea con quanto sopra riportato, può farsi cenno al principio di diritto stabilito nel 2011 dalla Corte di Cassazione che, nell’affrontare il rapporto tra diritto al pernottamento e l’età del minore, ha ritenuto adeguato un provvedimento che individuava tale possibilità solo dopo il quarto anno di vita in ragione dell’interesse del minore:
"...il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, ma la sua attuazione è rimessa al giudice, il quale (art. 155, comma 2) per realizzare la finalità su detta "adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa", determinando esclusivamente in relazione a tale interesse "i tempi e le modalità" della sua presenza presso ciascun genitore", prendendo atto solo se non contrari all’interesse del figlio degli stessi accordi fra i genitori. Parimenti la Convenzione citata dal ricorrente indica quale metro di valutazione l’interesse del minore.
Ne deriva che la Corte d’appello non ha violato le norme di riferimento nel determinare e limitare - sino al compimento del quarto anno di età - il pernottamento del minore presso il padre nella maniera che ha ritenuto più conforme al suo interesse in relazione all’età, non risultando affatto compromessa da tale limitazione alle disposizioni dettate dal tribunale, per il resto confermate, la realizzazione di un rapporto equilibrato anche con il padre, nei primissimi anni di vita del bambino...." (Cass. Civ., Sez. I, Sent. n. 19594 del 26 Settembre 2011)
Si tratta, in conclusione, di attuare il diritto in argomento con buon senso e gradualità, in quanto funzionale ai bisogni e al benessere del minore, indipendentemente dalle pretese e/o paure dei genitori "in conflitto" che devono rimanere estranee al vero diritto in discussione, segnatamente il diritto del minore alla bi-genitorialità.
Quando il Giudice regola il regime di affidamento condiviso, il provvedimento si limita, infatti, a fissare una "cornice minima" dei tempi di permanenza dei figli presso l’uno e l’altro genitore.
Tale provvedimento del Giudice è adottato in tutti i casi in cui sia assente un’equilibrata intesa tra genitori e serve a garantire che sia attuato l’interesse primario del figlio (cd. best interest of the child) rappresentato dal suo diritto alla piena bi-genitorialità.
Il figlio è titolare di un diritto di frequentazione che, per certo verso, è analogo a quello del genitore.
Sotto tale profilo, si deve preliminarmente precisare come, sulla base dell’Art. 8 C.E.D.U., la Giurisprudenza della Corte dei Diritti dell’Uomo abbia costantemente ribadito il principio secondo cui deve essere garantito a ciascun cittadino dell’Unione il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La questione relativa al pernottamento con il genitore del figlio non convivente deve, ovviamente, rispondere ai suddetti criteri di adeguatezza e di sano sviluppo del legame richiamati dalla Corte dei Diritti dell’Uomo.
Nell’ambito di tale valutazione, uno dei principali elementi che il Giudice deve valutare è il rapporto tra la condizione di fragilità determinata dall’età del minore e la possibilità di pernottare con l’altro genitore all’infuori dell’ambiente domestico, sempre tenendo come interesse primario l’interesse del figlio a realizzare un rapporto equilibrato con entrambi i genitori già nei primissimi anni di vita.
La giurisprudenza di merito e di legittimità hanno risolto molti casi, ma fornire un elenco indicando l’età anagrafica richiesta ai fini del pernottamento nei singoli casi decisi si pone in diretto contrasto con il dettato normativo, il quale, per contro, non pone alcun limite d’età al sano sviluppo della relazione tra genitore e figlio e tantomeno alla praticabilità dei pernottamenti fuori dall’abitazione principale.
Affinché possa essere riconosciuto al genitore non collocatario il diritto a trascorrere la notte con i propri figli è, in buona sostanza, necessario dimostrare che il mutamento dei luoghi di pernottamento non alteri né la serenità del bambino né le sue abitudini e ritmi esistenziali sin lì acquisiti.
In linea con quanto sopra riportato, può farsi cenno al principio di diritto stabilito nel 2011 dalla Corte di Cassazione che, nell’affrontare il rapporto tra diritto al pernottamento e l’età del minore, ha ritenuto adeguato un provvedimento che individuava tale possibilità solo dopo il quarto anno di vita in ragione dell’interesse del minore:
"...il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, ma la sua attuazione è rimessa al giudice, il quale (art. 155, comma 2) per realizzare la finalità su detta "adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa", determinando esclusivamente in relazione a tale interesse "i tempi e le modalità" della sua presenza presso ciascun genitore", prendendo atto solo se non contrari all’interesse del figlio degli stessi accordi fra i genitori. Parimenti la Convenzione citata dal ricorrente indica quale metro di valutazione l’interesse del minore.
Ne deriva che la Corte d’appello non ha violato le norme di riferimento nel determinare e limitare - sino al compimento del quarto anno di età - il pernottamento del minore presso il padre nella maniera che ha ritenuto più conforme al suo interesse in relazione all’età, non risultando affatto compromessa da tale limitazione alle disposizioni dettate dal tribunale, per il resto confermate, la realizzazione di un rapporto equilibrato anche con il padre, nei primissimi anni di vita del bambino...." (Cass. Civ., Sez. I, Sent. n. 19594 del 26 Settembre 2011)
Si tratta, in conclusione, di attuare il diritto in argomento con buon senso e gradualità, in quanto funzionale ai bisogni e al benessere del minore, indipendentemente dalle pretese e/o paure dei genitori "in conflitto" che devono rimanere estranee al vero diritto in discussione, segnatamente il diritto del minore alla bi-genitorialità.
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