Piano di riparto parziale del Curatore Fallimentare, i poteri del Giudice Delegato
Sui poteri del Giudice Delegato con riferimento al piano di riparto parziale predisposto dal Curatore Fallimentare e sulla possibilità di estendere gli accantonamenti di cui all’art. 110, comma 4, L.F. e all’art. 113, comma 2, L.F. ai crediti asseritamente prededucibili contestati e non ancora ammessi.
La pronuncia in commento è resa in data 26.11/21.12.2020 dal Tribunale di Milano all’esito di giudizio di reclamo ex art. 26 L.F., avverso provvedimento del Giudice Delegato ex art. 36 L.F. avente ad oggetto l’impugnazione di piano di riparto parziale di procedura di Amministrazione Straordinaria.
Tale pronuncia, a sua volta, si inserisce all’interno di complesso contenzioso nel quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 24068/2019 hanno già avuto modo di enunciare i seguenti due principi di diritto.
Il primo, sull’impugnabilità con ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. del decreto con il quale il Tribunale si pronuncia sul reclamo ex art. 26 L.F. su provvedimento del Giudice Delegato che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale:
“il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dall’art. 113 L. Fall. si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost”.
Il secondo, sui soggetti attivamente legittimati all’impugnazione del piano di riparto, anche parziale, e sul necessario rispetto del principio del contraddittorio sul piano soggettivo in ipotesi di reclamo ex art. 26 L.F.:
“in tema di riparto fallimentare, ai sensi della L. Fall., art. 110 (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo ex art. 36 L.Fall. avverso il progetto – predisposto dal curatore – di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello ex art. 26 L.Fall. contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale”.
L’anzidetto giudizio di Cassazione veniva definito con rimessione della causa al Giudice Delegato del Tribunale di Milano, investito del primo reclamo avverso il progetto di riparto parziale a suo tempo dichiarato esecutivo e quindi già impugnato ex art. 36 L.F. avanti al Tribunale in composizione collegiale.
Il Giudice Delegato nel giudizio di rinvio dalla Corte di Cassazione, instaurato correttamente il contraddittorio, si pronunciava nuovamente sul piano di riparto parziale della Procedura di A.S. revocando lo stesso e rigettandone la richiesta di esecutorietà.
Il decreto emesso dal Giudice Delegato ex art. 36 L.F. era nuovamente oggetto di impugnazione ex art. 26 L.F. avanti al Tribunale di Milano, il quale, in data 26.11/21.12.2020, in accoglimento dei reclami proposti dai creditori concorrenti, dichiarava esecutivo il piano di riparto parziale, escludendo la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento in favore dei reclamanti ex art. 36 L.F. di un diritto all’accantonamento sia a mente dell’art. 110, comma 4, L.F., sia a mente dell’art. 113, comma 2, L.F..
Un tanto sulla base di articolata motivazione.
In fatto, va preliminarmente precisato che il reclamante ex art. 36 L.F. si è opposto alla esecutorietà del piano di riparto parziale depositato dal Commissario Straordinario assumendo, in qualità di creditore (asseritamente) di grado prededuttivo ed in pendenza di giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 L.F. non ancora definito (ed al quale solo è demandato stabilire an, quantum e rango del preteso credito), la sussistenza dei presupposti ex artt. 110 e 113 L.F. per dover accantonare in favore del medesimo le somme necessarie al soddisfacimento del proprio (asserito) credito.
L’art. 110, comma 4, L.F. nella versione applicabile ratione temporis prevedeva che decorso il termine di giorni 15 - previsto dal comma 3 dello stesso articolo per proporre reclamo ex art. 36 L.F. - il G.D., su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione. Se sono proposti reclami, invece, il progetto di ripartizione è comunque dichiarato esecutivo, ma con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione. Il provvedimento che decide il reclamo, infine, dispone anche in ordine alla destinazione delle somme accantonate.
I presupposti per l’operatività della norma in esame sono dunque i seguenti:
• che un creditore contesti l’inclusione nel riparto di uno o più altri creditori, asserendo egli di avere diritto all’inclusione in via prioritaria rispetto al/ai creditore/i contestato/i;
• che il creditore contestante/reclamante vanti un titolo per partecipare al riparto, titolo che, una volta accolte le sue ragioni, gli consentirebbe di essere incluso nel riparto in luogo del/i creditore/i già ammesso/i alla distribuzione e contestato/i.
Nella fattispecie in esame, diversamente, il creditore contestante/reclamante non aveva alcun titolo per partecipare al riparto di cui si disputa, giacché il credito del medesimo era stato respinto in sede di ammissione ed era ancora sub iudice nel procedimento di opposizione ex art. 98 L.F..
Il Tribunale di Milano, inoltre, osserva come il meccanismo dell’accantonamento ex art. 110, comma 4, L.F. debba ritenersi anche in parte superato, in quanto all’epoca si inseriva nel sistema previsto dalla riforma del 2006 che prescriveva che, una volta proposto reclamo al Tribunale, il G.D. dovesse medio tempore dichiarare esecutivo il riparto, disponendo nel contempo l’accantonamento.
La previsione di un reclamo direttamente al Collegio (e non al G.D. ex art. 26 L.F. come previsto con la successiva novella del 2007) giustificava pertanto la dichiarazione di esecutorietà prima della decisione sullo stesso, stante il contestuale accantonamento in favore del creditore interessato.
Nonostante la mancata espressa modifica del comma 4, del ripetuto art. 110 L.F. ad opera della novella del 2007, deve ora darsi atto della mutata disciplina vigente: al reclamo diretto ex art. 26 L.F. avanti al Tribunale ha preso posto il reclamo ex art. 36 L.F. avanti al G.D., con la conseguenza che non si assiste più a quello iato tra la decisione sul reclamo e la decisione sull’esecutività, giacché le due decisioni sono oggi rimesse entrambe al G.D., e quindi non avrebbe più ragion d’essere un accantonamento che possa interferire con la decisione sul reclamo che avviene da parte dello stesso soggetto e nello stesso provvedimento.
Il Collegio ha, inoltre, ritenuto che nella fattispecie in esame non sussistano neppure i presupposti per riconoscere in favore del creditore reclamante l’esecutorietà del piano di riparto parziale il diritto ad un accantonamento ex art. 113 L.F., neppure atipico, ed un tanto in base all’essenziale e non contestato principio secondo cui il creditore non ammesso al passivo, pur potendo presentare osservazioni al piano di riparto e potendo giovarsi dell’accantonamento generico e di quegli altri che il G.D. può disporre prudenzialmente, non ha tuttavia diritto ad un accantonamento specifico, né è consentita, per il carattere tassativo delle sue previsioni, un’applicazione dell’art. 113 L.F. che, in analogia, estenda la previsione dell’accantonamento ai crediti non ammessi (cfr. ex multiis, Cass. Civ., Sez. I, 24.5.2004, n. 9901; Cass. Civ. Sez. I, 5.3.2009, n. 5304).
Dunque, il creditore non ammesso al passivo della Procedura non può:
• invocare un proprio diritto all’accantonamento specifico di cui all’art. 113, comma 1, numeri da 1) a 4) L.F. in quanto non rientrante in nessuna delle categorie ivi previste, categorie alle quali va attribuito il carattere della tassatività; non avendo oltretutto lo stesso neppure, contestualmente alla proposizione dell’opposizione allo stato passivo, o in pendenza della stessa, richiesto l’emissione di misure cautelari in epoca antecedente alla declaratoria di esecutorietà del piano di riparto parziale (ipotesi di cui all’art. 113, comma 1, n. 2 L.F.);
• vantare un diritto ad un accantonamento generico ex art. 113, comma 2, L.F. che superi la quota del 20% delle somme da ripartire, cd. accantonamento minimo obbligatorio, percentuale minima discrezionalmente aumentabile, ma sempre sussumibile quanto a finalità nell’accantonamento generico, obbligatorio.
In ragione della previsione di cui al comma 2 dell’art. 113 L.F. il Curatore ha così facoltà di ripartire meno del restante 80% delle somme da ripartire, giungendo financo a non effettuare alcun riparto quando reputi che i crediti in prededuzione in corso di accertamento possano essere pregiudicati dalla ripartizione in favore di altri creditori.
Con l’ulteriore, essenziale considerazione che un accantonamento rilevatosi insufficiente, ma comunque conforme al minimo legale del 20% del ripartibile non è passibile di censura da parte del G.D. chiamato a pronunciare in sede di reclamo ex art. 36 L.F., in quanto condotta posta in essere non in violazione di legge.
Da ultimo, il Tribunale meneghino ha ribadito che sulla base delle attuali disposizioni della L.F., post novella del 2007:
a) la paternità del progetto di riparto, sia esso parziale che finale, è da riconoscersi esclusivamente in capo al Curatore;
b) l’operato del Curatore, e quindi anche la presentazione del progetto di riparto parziale, è astrattamente sindacabile dal G.D. per violazione di legge per eccesso di potere e, segnatamente, sotto il profilo delle figure sintomatiche della mancanza, della contraddittorietà, della perplessità e della illogicità della motivazione, e ciò in virtù dell’espresso richiamo dell’art. 110 all’art. 36 L.F.;
c) la scelta assunta dal Curatore di non accrescere l’accantonamento generico minimo (obbligatorio) ex art. 113, comma 2, L.F. non integra alcuna violazione di legge passibile di vaglio da parte del G.D. ex artt. 36 e 110 L.F., in quanto trattasi di valutazione discrezionale insindacabilmente rimessa al potere del Curatore, essendo censurabile da parte del G.D., in ipotesi, solo il mancato rispetto dell’accantonamento obbligatorio, nella fattispecie oggetto di esame insussistente.
Articolo del: