Pignorabilità delle Polizze Unit Linked
Una nuova sentenza della Corte d’Appello di Bologna in merito alla pignorabilità delle Polizze Unit Linked
IL FATTO
La Corte d’Appello di Bologna si è pronunciata con sentenza n. 1396 del 28 luglio 2016 in una causa promossa da un Curatore Fallimentare contro una Compagnia di Assicurazione in merito alla possibilità di sottoporre ad azione esecutiva o cautelare una polizza assicurativa Ramo III di tipo Unit linked. Il Curatore chiedeva, nello specifico, di sottoporre ad azione esecutiva la polizza vita chiamata Prima FIP 2003 in quanto si trattava di un "prodotto con prevalente natura finanziaria rispetto a quella previdenziale" (vedasi Cassazione n. 8271/2008), mentre la Compagnia osservava che dovesse essere applicato l’art. 1923 del Codice Civile ovvero che "le somme dovute dall’assicuratore al contraente non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare".
Invece, la Corte d’appello di Bologna, ha confermato anche in appello la sentenza di primo grado a favore del Curatore Fallimentare disponendo dunque ad azione esecutiva la polizza sottoscritta; inoltre, tale sentenza offre all’interno della motivazione interessanti spunti di riflessione relativamente al livello di protezione offerto dalle polizze di Ramo III in materia di impignorabilità e insequestrabilità.
Oltre a ribadire che ogni polizza debba essere inquadrata in modo a sé stante stabilendo, al di là della qualificazione giuridica del contratto, se vada intesa come un prodotto finanziario oppure come un normale contratto di assicurazione sulla vita, in particolare la Corte d’appello di Bologna, richiama la sentenza n. 6061/2012 della Suprema Corte secondo la quale l’elemento del rischio ed in particolare la misura in cui esso, a seconda del caso concreto, sia posto a carico dell’assicurato o dell’assicuratore.
La Corte d’appello di Bologna riprende quindi i tratti della sentenza di primo grado illustrando quali motivazioni che fanno propendere perché lo strumento debba essere considerato strumento finanziario:
[...] in particolare il rischio di controparte ovvero il rischio che le società emittenti, per effetto del deterioramento della loro società patrimoniale, non fossero in grado di adempiere ai contratti; la prestazione assicurata in forma variabile, essendo legata al valore delle quote dei Fondi Interni, non era coperta da una garanzia di rendimento minimo [...]
Questi due elementi: la presenza di rischio controparte e l’assenza di un rendimento minimo garantito sembrano quindi far propendere la Corte perché tali tipologie di polizze non godano dei benefici riservati ai prodotti assicurativi.
IN CONCLUSIONE
Anche questa sentenza vede fortemente minate le tesi a favore della impignorabilità e insequestrabilità delle polizze di ramo III (Unit Linked e Index Linked). La giurisprudenza sembra sempre di più identificare come semplici strumenti finanziari questi prodotti e nonostante il mercato delle polizze, specie quelle di Private Insurance, sembra nel corso degli ultimi anni porre sempre più l’accento sulle coperture demografiche, come rafforzativo della componente assicurativa del prodotto, la sentenza attuale sembra smontare tale tesi in quanto, la copertura di tale rischio sembra risultare non sufficiente ai fini della valutazione previdenziale del prodotto; anche perché, che finalità previdenziale può avere un prodotto che paga un capitale integrativo in caso di decesso?
La Corte d’Appello di Bologna si è pronunciata con sentenza n. 1396 del 28 luglio 2016 in una causa promossa da un Curatore Fallimentare contro una Compagnia di Assicurazione in merito alla possibilità di sottoporre ad azione esecutiva o cautelare una polizza assicurativa Ramo III di tipo Unit linked. Il Curatore chiedeva, nello specifico, di sottoporre ad azione esecutiva la polizza vita chiamata Prima FIP 2003 in quanto si trattava di un "prodotto con prevalente natura finanziaria rispetto a quella previdenziale" (vedasi Cassazione n. 8271/2008), mentre la Compagnia osservava che dovesse essere applicato l’art. 1923 del Codice Civile ovvero che "le somme dovute dall’assicuratore al contraente non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare".
Invece, la Corte d’appello di Bologna, ha confermato anche in appello la sentenza di primo grado a favore del Curatore Fallimentare disponendo dunque ad azione esecutiva la polizza sottoscritta; inoltre, tale sentenza offre all’interno della motivazione interessanti spunti di riflessione relativamente al livello di protezione offerto dalle polizze di Ramo III in materia di impignorabilità e insequestrabilità.
Oltre a ribadire che ogni polizza debba essere inquadrata in modo a sé stante stabilendo, al di là della qualificazione giuridica del contratto, se vada intesa come un prodotto finanziario oppure come un normale contratto di assicurazione sulla vita, in particolare la Corte d’appello di Bologna, richiama la sentenza n. 6061/2012 della Suprema Corte secondo la quale l’elemento del rischio ed in particolare la misura in cui esso, a seconda del caso concreto, sia posto a carico dell’assicurato o dell’assicuratore.
La Corte d’appello di Bologna riprende quindi i tratti della sentenza di primo grado illustrando quali motivazioni che fanno propendere perché lo strumento debba essere considerato strumento finanziario:
[...] in particolare il rischio di controparte ovvero il rischio che le società emittenti, per effetto del deterioramento della loro società patrimoniale, non fossero in grado di adempiere ai contratti; la prestazione assicurata in forma variabile, essendo legata al valore delle quote dei Fondi Interni, non era coperta da una garanzia di rendimento minimo [...]
Questi due elementi: la presenza di rischio controparte e l’assenza di un rendimento minimo garantito sembrano quindi far propendere la Corte perché tali tipologie di polizze non godano dei benefici riservati ai prodotti assicurativi.
IN CONCLUSIONE
Anche questa sentenza vede fortemente minate le tesi a favore della impignorabilità e insequestrabilità delle polizze di ramo III (Unit Linked e Index Linked). La giurisprudenza sembra sempre di più identificare come semplici strumenti finanziari questi prodotti e nonostante il mercato delle polizze, specie quelle di Private Insurance, sembra nel corso degli ultimi anni porre sempre più l’accento sulle coperture demografiche, come rafforzativo della componente assicurativa del prodotto, la sentenza attuale sembra smontare tale tesi in quanto, la copertura di tale rischio sembra risultare non sufficiente ai fini della valutazione previdenziale del prodotto; anche perché, che finalità previdenziale può avere un prodotto che paga un capitale integrativo in caso di decesso?
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