Popolazioni speciali, i traumi dei rifugiati
I rifugiati sono ad alto rischio di vivere eventi traumatici prima, dopo e durante la fuga
Il rifugiato è colui che "temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale, o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure non avendo cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale, a seguito di taluni avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra" (Convenzione di Ginevra-relativo allo status dei rifugiati; cit.in http://www.unhcr.it).
Negli ultimi anni in Europa c'è stato un notevole incremento dei flussi migratori di rifugiati che fuggono da guerre, violenza, terrorismo, persecuzione politica e povertà. Essi mettono a rischio la propria vita attraversando il Mediterraneo ed altre frontiere per raggiungere l'Europa. Molti non soppravvivono alla traversata o allo sfruttamento dei trafficanti. Generalmente queste persone devono affrontare enormi difficoltà nel trovare un posto nuovo dove vivere, devono costruire una nuova vita dopo esperienze a dir poco stressanti. E' noto come la salute mentale sia influenzata da stressor traumatici. I rifugiati sono ad alto rischio di vivere eventi traumatici prima, dopo e durante la fuga. Prima di fuggire, gli eventi traumatici possono essere l'incarcerazione, la tortura, essere stati costretti ad assistere ad ogni tipo di atrocità ed anche la fuga in sé può essere traumatizzante perchè i rifugiati spesso impiegano l'uso di trafficanti per valicare le frontiere internazionali con tutti i rischi che ne conseguono. In aggiunta a questi traumi si sommano quelli vissuti nel paese di origine e questo indubbiamente influisce sulla salute mentale, anzi, tutto ciò porta a provare: ansia, paura, depressione, rabbia, dolore, che ritarda l'inserimento psico-sociale nel Paese di approdo. L'evidenza empirica ha dimostrato che le risposte di stress acuto dopo un disastro sono universali, ad esempio possiamo ricordare che le risposte agli tsunami sono le stesse sia per la popolazione originaria che per i turisti che lo vivono, mentre la cultura della persona determina invece il modo in cui queste risposte vengono manifestate (National Institute of Mental Health, 2014).
In genere i sopravvissuti a guerre e persecuzioni tendono, ovviamente, ad avere preoccupazioni pratiche, alloggio, lavoro, scuole per i figli, mentre le problematiche mentali sono l'ultima cosa. Ma in merito alla salute mentale è necessario ricordare quanto sia stato difficile per gli indiani d'America integrarsi nella società americana a causa del disagio culturale. La prevalenza di traumatizzazione che si è generata a livello mondiale richiede quindi trattamenti sul trauma; siccome guerre e persecuzioni distruggono comunità intere, gli interventi psicologici necessari dovrebbero essere maggiormente indirizzati a gruppi, famiglie, comunità. Gli effetti dannosi di un trauma (non trattato) hanno implicazioni sociali gravi, basta leggere le cronache. La ricerca scientifica in merito è in divenire ma i primi risultati indicano che la disponibilità ad un trattamento precoce al trauma può aiutare ad una convivenza più pacifica e può essere d'aiuto alla non violenza.
Negli ultimi anni in Europa c'è stato un notevole incremento dei flussi migratori di rifugiati che fuggono da guerre, violenza, terrorismo, persecuzione politica e povertà. Essi mettono a rischio la propria vita attraversando il Mediterraneo ed altre frontiere per raggiungere l'Europa. Molti non soppravvivono alla traversata o allo sfruttamento dei trafficanti. Generalmente queste persone devono affrontare enormi difficoltà nel trovare un posto nuovo dove vivere, devono costruire una nuova vita dopo esperienze a dir poco stressanti. E' noto come la salute mentale sia influenzata da stressor traumatici. I rifugiati sono ad alto rischio di vivere eventi traumatici prima, dopo e durante la fuga. Prima di fuggire, gli eventi traumatici possono essere l'incarcerazione, la tortura, essere stati costretti ad assistere ad ogni tipo di atrocità ed anche la fuga in sé può essere traumatizzante perchè i rifugiati spesso impiegano l'uso di trafficanti per valicare le frontiere internazionali con tutti i rischi che ne conseguono. In aggiunta a questi traumi si sommano quelli vissuti nel paese di origine e questo indubbiamente influisce sulla salute mentale, anzi, tutto ciò porta a provare: ansia, paura, depressione, rabbia, dolore, che ritarda l'inserimento psico-sociale nel Paese di approdo. L'evidenza empirica ha dimostrato che le risposte di stress acuto dopo un disastro sono universali, ad esempio possiamo ricordare che le risposte agli tsunami sono le stesse sia per la popolazione originaria che per i turisti che lo vivono, mentre la cultura della persona determina invece il modo in cui queste risposte vengono manifestate (National Institute of Mental Health, 2014).
In genere i sopravvissuti a guerre e persecuzioni tendono, ovviamente, ad avere preoccupazioni pratiche, alloggio, lavoro, scuole per i figli, mentre le problematiche mentali sono l'ultima cosa. Ma in merito alla salute mentale è necessario ricordare quanto sia stato difficile per gli indiani d'America integrarsi nella società americana a causa del disagio culturale. La prevalenza di traumatizzazione che si è generata a livello mondiale richiede quindi trattamenti sul trauma; siccome guerre e persecuzioni distruggono comunità intere, gli interventi psicologici necessari dovrebbero essere maggiormente indirizzati a gruppi, famiglie, comunità. Gli effetti dannosi di un trauma (non trattato) hanno implicazioni sociali gravi, basta leggere le cronache. La ricerca scientifica in merito è in divenire ma i primi risultati indicano che la disponibilità ad un trattamento precoce al trauma può aiutare ad una convivenza più pacifica e può essere d'aiuto alla non violenza.
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