É possibile diffamare con la propria foto profilo?

Può sembrare eccessivo eppure sì, è possibile offendere qualcuno solo con la pubblicazione della foto sul profilo social.
A sancirlo è una recentissima sentenza della 5ª Sezione Penale della Corte di Cassazione (n. 17141 del 24 aprile 2024) che ha confermato la condanna per diffamazione per un uomo che aveva "divulgato, mediante pubblicazione sul proprio profilo WhatsApp, una fotografia della persona offesa, accompagnata dalla frase "ecco la **oia che scopa gratis"".
Non è stata ritenuta credibile la versione dell'imputato, che si era difeso sostenendo "che, in realtà, egli intendeva inviare tale foto alla persona offesa, ma, per errore, "l'aveva salvato quale immagine del proprio profilo dell'applicativo WhatsApp", provvedendo poi a rimuoverlo".
Per il Supremo Collegio la divulgazione delle offese, chiaramente rivolte alla donna (di cui era ostentata la foto), integra gli estremi del reato addebitato: "Appare, infatti, corretta la qualificazione giuridica del fatto come diffamazione, atteso che tale reato si configura quando il messaggio può essere letto da più persone, anche se tra di esse vi è la persona offesa (cfr. Sez. 5, n. 18919 del 15/03/2016)".
Proprio come accade quando l'offesa è contenuta in un'immagine, utilizzata come foto profilo del noto social di messaggistica. Ed infatti, chiarisce la Cassazione, "Nel caso di specie, la divulgazione del messaggio offensivo risulta evidente, essendo il profilo WhatsApp accessibile quantomeno a tutti gli utenti del social network il cui contatto era inserito nella rubrica del telefono dell'imputato.".
Si può quindi diffamare anche solo pubblicando una foto profilo, se con tale stratagemma si riesce a veicolare a più persone un concetto offensivo, il cui destinatario sia chiaramente identificabile.
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