Privacy e cyberbullismo: scenari e ambiti di applicazione
Chi è a contatto e conosce la quotidianità dei giovani teenagers sa bene quanto sia presente, nella vita di questi ultimi, il mondo del web e dei social. I minori sono tuttavia spesso vittime della loro stessa ingenuità e rimangono talvolta vittime di questo fenomeno aberrante che si suole chiamare cyberbullismo.
Vediamo insieme quali sono i metodi per combattere il cyberbullismo, iniziando con una breve premessa circa l’ambito in cui si muove la tutela dei diritti in tal proposito anche in relazione alla normativa europea della privacy (GDPR). Infine un brevissimo cenno ad alcuni casi che mostrano come la rilevanza della condotta dell’autore di atti di cyberbullismo possa provocare conseguenze al di fuori della propria sfera personale.
Il processo della c.d. “datafication” e l’esigenza di una normativa europea di tutela del dati personali (GDPR)
In un recente studio statunitense è stato rammentato come “la corte suprema degli U.S.A. ha definito internet come mezzo di comunicazione particolare: “cyberspace, located in no particular geographical location but available to anyone, anywhere in the world, with access to the Internet”.
Tale “spazio” appare come un ambiente “liquido” non più statico ma legato alla logica dell’ interconnessione propria dei social network, dei motori di ricerca e che permette la circolazione dei tanto famigerati “Big Data Analitycs”.
In questo si definisce il cosiddetto processo di “datafication”, “dove tutto è riducibile a informazione e dove la dittatura degli algoritmi rappresenta come scientifiche ed oggettive scelte prodotte da modelli matematico-informatici”.
In questo ambito si muove la disciplina europea che ha dato origine al corposo Provvedimento Regolamentativo (Regolamento 679/2016 – G.D.P.R.) teso da una parte all’attenzione verso il profilo privatistico della regolazione e della tutela dei dati personali con il piano pubblicistico di scelte normative volte a privilegiare meccanismi distinti e alternativi di protezione, ispirati ad un modello di prevenzione del danno.
Cosa è il cyberbullismo in ambiente telematico (social network e web)?
Nel quadro sopra solo succintamente richiamato, vede gli albori, il 18 giugno 2017, la nuova legge che si occupa del fenomeno (L. 29 maggio 2017, n. 71, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo) che definisce per la prima volta tale fenomeno chiamandolo «cyberbullismo» e declinandolo come “qualsiasi forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali realizzati, per via telematica,a danno di minori,nonché la diffusione di contenuti on line riguardanti uno o più componenti della famiglia di un minore con lo scopo di isolarlo, attaccarlo o metterlo in ridicolo”.
Importanza e punti di rilevanza della Legge n. 71/2017
I punti che sono da considerare prioritari introdotti dalla Legge n. 71 del 29 maggio 2017 sono:
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innanzitutto la presentazione della prima definizione normativa di questi fenomeni sociali, nella loro versione digitale, ai sensi dall'art. 1, comma 2 della legge richiamata;
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Ia circostanza che la legge si candidi a determinare una serie di “rimedi” che possano affiancare o precedano quelli tradizionali di rilevanza penale come rintracciabili in un sistema di «microsistema di tutela integrata»;
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in questo senso l’attenzione verso “azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime, sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l'attuazione degli interventi nell'ambito delle istituzioni scolastiche senza distinzione di età”;
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formalizzazione di un procedimento certo teso alla risoluzione del problema e alla tutela del diritto dell’interessato;
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proposta per l’istituzione di un Tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, da istituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, formato da «rappresentanti del Ministero dell'interno, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della giustizia, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero della salute, della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, del Garante per la protezione dei dati personali, di associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere, degli operatori che forniscono servizi di social networking e degli altri operatori della rete internet, una rappresentanza delle associazioni studentesche e dei genitori, una rappresentanza delle associazioni attive nel contrasto del bullismo e del cyberbullismo»
Quali sono le norme di difesa?
Entrando nel particolare, la menzionata Legge 71/2017 permette ai minori di reclamare l’oscuramento, la rimozione o il blocco di contenuti, a loro riferiti e diffusi per via telematica, che possono considerarsi atti di cyberbullismo (ad esempio, foto e video imbarazzanti o offensive, oppure pagine web o post sui social network in cui si è vittime di minacce, offese o insulti, ecc.).
Saranno il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o social network i destinatari dell’invio delle domande di cancellazione dei contenuti già pubblicati e considerati atti di cyberbullismo assieme alle informazioni, foto, video, ecc.. Se la vittima è minore ma ha più di 14 anni può inviare direttamente l’istanza altrimenti deve essere aiutato dai genitori o da chi comunque esercita la responsabilità genitoriale (Cfr. Art.2, co.1)
L’intervento del Garante per la protezione dei dati personali
L’art. 2, co.2 della legge prevede che “Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell'istanza … il soggetto responsabile non abbia comunicato di avere assunto l'incarico di provvedere all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto, ed entro quarantotto ore non vi abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media, l'interessato puo' rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede”
L’intervento del Garante arriva pertanto a prescrivere il divieto e la rimozione dei contenuti considerati ascrivibili a tale deprecabile condotta con ordine specifico nei confronti del titolare del trattamento dei dati o del Gestore del social network costituendo, come sopra già richiamata, una tutela di natura integrata rispetto alla tutela personale esercitabile attraverso le norme civili e penali. In particolare il Garante opera secondo quanto previsto dal disposto costituito dagli artt. 143 e 144 del D.Lgs. 196/2003 così come sostituiti dall’art. 13, co 1 del D.Lgs. 101/2018 in merito alle modalità del recepimento del reclamo e delle segnalazioni al Garante.
Per quanto riguarda il “reclamo” la norma (art. 143) modificata afferma che “3. Il Garante decide il reclamo entro nove mesi dalla data di presentazione e, in ogni caso, entro tre mesi dalla predetta data informa l'interessato sullo stato del procedimento. In presenza di motivate esigenze istruttorie, che il Garante comunica all'interessato, il reclamo e' deciso entro dodici mesi. In caso di attivazione del procedimento di cooperazione di cui all'articolo 60 del Regolamento, il termine rimane sospeso per la durata del predetto procedimento.”
Per quanto concerne il recepimento di “Segnalazioni”, l’art. 144 ricorda che “1. Chiunque può' rivolgere una segnalazione che il Garante può valutare anche ai fini dell'emanazione dei provvedimenti di cui all'articolo 58 del Regolamento.” . Tali provvedimenti elencati nel ricordato art. 58 del GDPR sono compresi tra forme di ammonizione ed ingiunzione di soddisfacimento di richieste fino ad “g) ordinare la rettifica, la cancellazione di dati personali o la limitazione del trattamento” “i) infliggere una sanzione amministrativa pecuniaria” che secondo quanto previsto dall’art. 83 co.5 del Regolamento sono di importi “fino a 20 000 000 EUR, o per le imprese, fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente, se superiore”.
Cenni giurisprudenziali
Concludendo questa breve disamina sul cyberbullismo che si spera abbia suscitato la giusta attenzione dovuta nei riguardi di questo terribile fenomeno che riguarda direttamente e/o indirettamente tante famiglie, un breve cenno circa la rilevanza che tali condotte possono avere anche al di là del proprio contesto personale.
Si pensi alle conseguenze giudiziali e la responsabilità genitoriale per la diffusione di fotografie inviate da minorenni e senza il consenso della persona (coetanea) ritratta nella foto. Giurisprudenza di merito (Tribunale Sulmona, 09/04/2018) ha infatti recentemente ribadito la responsabilità dei genitori, ex art. 2048, co.1. cc, in caso d’invio e diffusione da parte dei propri figli, di fotografie senza il consenso del soggetto interessato (nel caso una loro coetanea). Ai genitori infatti è ascrivibile “la culpa in vigilando ed in educando”.
Per ritenersi estranei a tale tipologia di responsabilità, questi ultimi dovranno dimostrare, ai sensi del comma 3 dell'art. 2048 c.c., di non aver potuto impedire il fatto, “dovendosi con ciò intendere che gli stessi abbiano integralmente adempiuto al dovere di educare la prole attraverso lo sviluppo nella stessa di una adeguata capacità critica e di discernimento”. La responsabilità parentale può considerarsi attenuata da circostanze specifiche (ambito di circolazione dell’immagine e “personalità” del soggetto interessato) tuttavia non si esclude, presentandosi relativamente al soggetto esposto, ed ai genitori del medesimo, un danno non patrimoniale risalente al pregiudizio di più interessi salvaguardati dalla stessa Costituzione quali il diritto alla riservatezza, alla reputazione, all'onore, all'immagine e all'inviolabilità della corrispondenza.
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