Privacy&Lavoro: Controlli a distanza del lavoratore
A settembre approvate le nuove regole, quali le novità normative? Facciamo il punto della situazione
Sono ormai trascorsi oltre sette mesi dall’approvazione del Jobs Act, riforma del lavoro fortemente voluta dal Governo Renzi, che tra le varie novità ha introdotto una nuova formulazione dell’art. 4 della Legge 20 maggio 1970, n. 300, c.d. Statuto dei Lavoratori e dell’art. 171 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, c.d. Codice Privacy.
Che non ci fosse bisogno di questa riforma per portare alla luce lo stretto legame tra Privacy & Lavoro era risaputo da tempo per gli addetti del settore. Tale binomio tra la data protection e le informazioni di qualunque genere dei lavoratori nasce in realtà diversi anni or sono: qualunque trattamento di dati personali, comprese le informazioni che possono anche indirettamente essere "utilizzate" per il controllo della prestazione lavorativa, è sempre stato regolamentato in particolare da due diversi settori del diritto, il Codice Privacy e lo Statuto dei Lavoratori.
E se fino ad ora tale binomio non fosse ancora stato così evidente, il Jobs Act, di sicuro, potrà vantare almeno questo, poiché nel novellato art. 4 diversi sono i riferimenti anche espliciti al Codice Privacy.
Dal settembre dello scorso anno, che di sicuro sarà ricordato per l’approvazione del Jobs Act e soprattutto per i c.d. Controlli a Distanza sul posto di lavoro, fino ad arrivare ad oggi si è parlato molto delle novità normative di recente introduzione, e purtroppo se ne dovrà parlare ancora per molto tempo. Nonostante a una prima lettura del riformato art. 4 possa sembrare tutto chiaro e di facile comprensione, in realtà non è così: molti sono i dubbi, le incertezze e le problematiche da gestire nella concreta applicazione di questo nuovo framework normativo.
Per poter trattare l’intero tema in maniera completa ed efficace un solo post non sarebbe sufficiente, anche se in realtà così potrebbe sembrare: in fin dei conti ci si limiterà a trattare un solo articolo, l’art. 4 per l’appunto, perché parlarne allora così tanto?
Le ragioni sono diverse, e si scopriranno strada facendo, e oggi ci si limiterà a fare solo il punto della situazione su quelle che sono le principali novità introdotte e nei prossimi articoli si cercherà di affrontare altri aspetti rilevanti quali i diversi orientamenti interpretativi che fino ad ora sono emersi, le ragioni che hanno portato a tale riformulazione dell’art. 4, il rapporto complesso e complicato con le Direzioni Territoriali del Lavoro, e tanto altro ancora.
Quali allora le novità introdotte?
In data 17 settembre 2015 è stato pubblicato sul sito del Governo Italiano il testo definitivo della riforma dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 23 settembre 2015.
Al fine di una migliore comprensione delle novità introdotte e delle relative nuove pratiche applicative è possibile consultare una tabella comparativa dell’art. 4 ante e post riforma: http://www.microell.it/wp-content/uploads/2016/04/Tabella-Comparativa-Jobs-Act.pdf.
Consentiti quindi i controlli a distanza sul posto di lavoro?
Di fatto il divieto previsto dal vecchio comma 1 non è più presente nel novellato art. 4, pertanto seppur in maniera non affermativa sarebbe sostenibile l’introduzione di fatto della possibilità di controllare a distanza il lavoratore, e quindi della stessa adeguatezza della sua prestazione lavorativa, per il tramite di sistemi di videosorveglianza e altre tecnologie potenzialmente idonee al c.d. controllo a distanza dell’attività lavorativa.
Spenti subito dopo pochi giorni da quel 17 settembre i prevedibili e facili entusiasmi datoriali. Perché?
La ragione è molto semplice: ci sono comunque delle regole che devono essere necessariamente rispettate!
Comma 1
Sembrerebbe dunque possibile da parte dei Datori di Lavoro utilizzare impianti audiovisivi e altri strumenti tecnologici dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, previo accordo con le parti interessate, Rappresentanze Sindacali o Enti di competenza, nelle modalità descritte, limitatamente alle tre ipotesi elencate e più precisamente:
Esigenze organizzative e produttive;
Sicurezza del lavoro;
Tutela del patrimonio aziendale.
Permane però il divieto di utilizzo di tali soluzioni tecnologiche che abbiano quale finalità unica e esclusiva il controllo a distanza del lavoratore.
Comma 2
Sono introdotti per la prima volta casi di esclusione di preventivo accordo/autorizzazione: strumenti di registrazione accessi e delle presenze (a titolo esemplificativo i sistemi di rilevamento delle presenze tramite badge). Ma non solo, il nuovo comma in disamina si spinge oltre, ampliando tali casi di esclusione a tutti gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa.
Quindi tutte le tipologie di device in uso dal lavoratore, ad esempio computer desktop e portatili, tablet e smartphone. Ma con tali strumenti si utilizzano anche determinati servizi quali a solo titolo esemplificativo, ma non esaustivo, la posta elettronica.
Comma 3
E qui la Privacy entra dalla porta principale nel diritto giuslavoristico poiché qualora venga fornita adeguata Informativa ai lavoratori, ai sensi dell’art. 13 del Codice Privacy, recependo anche gli obblighi e le raccomandazioni previste in Provvedimenti e Linee Guida specifici in materia di protezione dei dati personali, le informazioni raccolte dal Datore di Lavoro potranno essere utilizzabili "per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro", quindi anche per finalità disciplinari.
Conclusioni
Diverse le novità o presunte tali introdotte dal Jobs Act che riformano "profondamente" l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Da una prima lettura del nuovo art. 4 sembrerebbe consentito, quindi, il c.d. Controllo a Distanza del lavoratore, anche per la verifica della corretta prestazione lavorativa, sia nei casi ove si rende necessario l’accordo preventivo con le parti interessate (comma 1) e sia ove tale accordo non è previsto (comma 2).
Condizione necessaria sono le finalità che si intendono perseguire per il tramite dell’impiego di tali tecnologie, non potranno esclusivamente essere limitate al solo controllo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto di lavoro (tutela del patrimonio aziendale), ma dovranno anche essere contemporaneamente perseguite altre finalità, tra le quali, quelle di sicurezza del lavoro, produttive e organizzative.
La "finalità" del Controllo a Distanza sembrerebbe essere rafforzata, in particolare, dalla possibilità di poter utilizzare le informazioni raccolte, sia in caso di accordo preventivo/autorizzazione e sia nel caso ove questo non si renda necessario, anche per il perseguimento di finalità connesse alla gestione del rapporto di lavoro (comma 3), e quindi per la verifica di comportamenti non corretti che potrebbero compromettere l’adeguatezza della stessa prestazione lavorativa, comportamenti, pertanto, anche sanzionabili da un punto di vista disciplinare.
Tale utilizzabilità delle informazioni è subordinata ove necessario da un accordo preventivo (comma 1) e dal rendere nota ai soggetti interessati, i lavoratori, tale possibilità per il tramite di un’adeguata Informativa, ex. Art. 13 Codice Privacy, che oltre agli elementi necessari previsti ai fini della sua idoneità, dovrà anche fornire adeguate informazioni circa le modalità di controllo e relative finalità perseguite (comma 3).
Anche l’introduzione delle nuove finalità di tutela del patrimonio aziendale sembrerebbero sostenere la possibilità del c.d. Controllo a Distanza (comma 1). L’art. 4 ante riforma non prevedeva tale finalità e le stesse Linee Guida del 2007 del Garante Privacy in materia di Internet e Posta Elettronica ad esempio, i cui riferimenti alla disciplina giuslavoristica sono ripetuti all’interno delle stesse, riportano tuttora tali finalità che erano così previste: sicurezza del lavoro, produttive e organizzative. E’ sostenibile ora, quindi, tutelare il patrimonio aziendale anche attraverso corrette prestazioni lavorative.
Fino alla riforma dell’art. 4, l’orientamento giurisprudenziale che è andato a delinearsi tendeva a legittimare, ma non necessariamente sempre, il licenziamento del lavoratore che non adempieva correttamente alla prestazione lavorativa, ponendo tale attività di monitoraggio, anche per il tramite del perseguimento di finalità non direttamente riconducibili al controllo a distanza, tra quelle di tipo organizzativo. L’art. 4 così riformato e prevedendo tale nuova finalità di tutela del patrimonio aziendale sembrerebbe legittimare l’uso di tali informazioni anche per finalità connesse al rapporto di lavoro, eliminando di fatto tale problema di tipo interpretativo in maniera così estensiva della stessa finalità organizzativa.
Tutto chiaro? In realtà lo è solo in apparenza. Se ne parlerà nuovamente a breve nei prossimi articoli.
Se nel frattempo i dubbi dovessero turbare il vostro sonno, dite la vostra. E Voi cosa ne pensate?
Che non ci fosse bisogno di questa riforma per portare alla luce lo stretto legame tra Privacy & Lavoro era risaputo da tempo per gli addetti del settore. Tale binomio tra la data protection e le informazioni di qualunque genere dei lavoratori nasce in realtà diversi anni or sono: qualunque trattamento di dati personali, comprese le informazioni che possono anche indirettamente essere "utilizzate" per il controllo della prestazione lavorativa, è sempre stato regolamentato in particolare da due diversi settori del diritto, il Codice Privacy e lo Statuto dei Lavoratori.
E se fino ad ora tale binomio non fosse ancora stato così evidente, il Jobs Act, di sicuro, potrà vantare almeno questo, poiché nel novellato art. 4 diversi sono i riferimenti anche espliciti al Codice Privacy.
Dal settembre dello scorso anno, che di sicuro sarà ricordato per l’approvazione del Jobs Act e soprattutto per i c.d. Controlli a Distanza sul posto di lavoro, fino ad arrivare ad oggi si è parlato molto delle novità normative di recente introduzione, e purtroppo se ne dovrà parlare ancora per molto tempo. Nonostante a una prima lettura del riformato art. 4 possa sembrare tutto chiaro e di facile comprensione, in realtà non è così: molti sono i dubbi, le incertezze e le problematiche da gestire nella concreta applicazione di questo nuovo framework normativo.
Per poter trattare l’intero tema in maniera completa ed efficace un solo post non sarebbe sufficiente, anche se in realtà così potrebbe sembrare: in fin dei conti ci si limiterà a trattare un solo articolo, l’art. 4 per l’appunto, perché parlarne allora così tanto?
Le ragioni sono diverse, e si scopriranno strada facendo, e oggi ci si limiterà a fare solo il punto della situazione su quelle che sono le principali novità introdotte e nei prossimi articoli si cercherà di affrontare altri aspetti rilevanti quali i diversi orientamenti interpretativi che fino ad ora sono emersi, le ragioni che hanno portato a tale riformulazione dell’art. 4, il rapporto complesso e complicato con le Direzioni Territoriali del Lavoro, e tanto altro ancora.
Quali allora le novità introdotte?
In data 17 settembre 2015 è stato pubblicato sul sito del Governo Italiano il testo definitivo della riforma dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 23 settembre 2015.
Al fine di una migliore comprensione delle novità introdotte e delle relative nuove pratiche applicative è possibile consultare una tabella comparativa dell’art. 4 ante e post riforma: http://www.microell.it/wp-content/uploads/2016/04/Tabella-Comparativa-Jobs-Act.pdf.
Consentiti quindi i controlli a distanza sul posto di lavoro?
Di fatto il divieto previsto dal vecchio comma 1 non è più presente nel novellato art. 4, pertanto seppur in maniera non affermativa sarebbe sostenibile l’introduzione di fatto della possibilità di controllare a distanza il lavoratore, e quindi della stessa adeguatezza della sua prestazione lavorativa, per il tramite di sistemi di videosorveglianza e altre tecnologie potenzialmente idonee al c.d. controllo a distanza dell’attività lavorativa.
Spenti subito dopo pochi giorni da quel 17 settembre i prevedibili e facili entusiasmi datoriali. Perché?
La ragione è molto semplice: ci sono comunque delle regole che devono essere necessariamente rispettate!
Comma 1
Sembrerebbe dunque possibile da parte dei Datori di Lavoro utilizzare impianti audiovisivi e altri strumenti tecnologici dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, previo accordo con le parti interessate, Rappresentanze Sindacali o Enti di competenza, nelle modalità descritte, limitatamente alle tre ipotesi elencate e più precisamente:
Esigenze organizzative e produttive;
Sicurezza del lavoro;
Tutela del patrimonio aziendale.
Permane però il divieto di utilizzo di tali soluzioni tecnologiche che abbiano quale finalità unica e esclusiva il controllo a distanza del lavoratore.
Comma 2
Sono introdotti per la prima volta casi di esclusione di preventivo accordo/autorizzazione: strumenti di registrazione accessi e delle presenze (a titolo esemplificativo i sistemi di rilevamento delle presenze tramite badge). Ma non solo, il nuovo comma in disamina si spinge oltre, ampliando tali casi di esclusione a tutti gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa.
Quindi tutte le tipologie di device in uso dal lavoratore, ad esempio computer desktop e portatili, tablet e smartphone. Ma con tali strumenti si utilizzano anche determinati servizi quali a solo titolo esemplificativo, ma non esaustivo, la posta elettronica.
Comma 3
E qui la Privacy entra dalla porta principale nel diritto giuslavoristico poiché qualora venga fornita adeguata Informativa ai lavoratori, ai sensi dell’art. 13 del Codice Privacy, recependo anche gli obblighi e le raccomandazioni previste in Provvedimenti e Linee Guida specifici in materia di protezione dei dati personali, le informazioni raccolte dal Datore di Lavoro potranno essere utilizzabili "per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro", quindi anche per finalità disciplinari.
Conclusioni
Diverse le novità o presunte tali introdotte dal Jobs Act che riformano "profondamente" l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Da una prima lettura del nuovo art. 4 sembrerebbe consentito, quindi, il c.d. Controllo a Distanza del lavoratore, anche per la verifica della corretta prestazione lavorativa, sia nei casi ove si rende necessario l’accordo preventivo con le parti interessate (comma 1) e sia ove tale accordo non è previsto (comma 2).
Condizione necessaria sono le finalità che si intendono perseguire per il tramite dell’impiego di tali tecnologie, non potranno esclusivamente essere limitate al solo controllo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto di lavoro (tutela del patrimonio aziendale), ma dovranno anche essere contemporaneamente perseguite altre finalità, tra le quali, quelle di sicurezza del lavoro, produttive e organizzative.
La "finalità" del Controllo a Distanza sembrerebbe essere rafforzata, in particolare, dalla possibilità di poter utilizzare le informazioni raccolte, sia in caso di accordo preventivo/autorizzazione e sia nel caso ove questo non si renda necessario, anche per il perseguimento di finalità connesse alla gestione del rapporto di lavoro (comma 3), e quindi per la verifica di comportamenti non corretti che potrebbero compromettere l’adeguatezza della stessa prestazione lavorativa, comportamenti, pertanto, anche sanzionabili da un punto di vista disciplinare.
Tale utilizzabilità delle informazioni è subordinata ove necessario da un accordo preventivo (comma 1) e dal rendere nota ai soggetti interessati, i lavoratori, tale possibilità per il tramite di un’adeguata Informativa, ex. Art. 13 Codice Privacy, che oltre agli elementi necessari previsti ai fini della sua idoneità, dovrà anche fornire adeguate informazioni circa le modalità di controllo e relative finalità perseguite (comma 3).
Anche l’introduzione delle nuove finalità di tutela del patrimonio aziendale sembrerebbero sostenere la possibilità del c.d. Controllo a Distanza (comma 1). L’art. 4 ante riforma non prevedeva tale finalità e le stesse Linee Guida del 2007 del Garante Privacy in materia di Internet e Posta Elettronica ad esempio, i cui riferimenti alla disciplina giuslavoristica sono ripetuti all’interno delle stesse, riportano tuttora tali finalità che erano così previste: sicurezza del lavoro, produttive e organizzative. E’ sostenibile ora, quindi, tutelare il patrimonio aziendale anche attraverso corrette prestazioni lavorative.
Fino alla riforma dell’art. 4, l’orientamento giurisprudenziale che è andato a delinearsi tendeva a legittimare, ma non necessariamente sempre, il licenziamento del lavoratore che non adempieva correttamente alla prestazione lavorativa, ponendo tale attività di monitoraggio, anche per il tramite del perseguimento di finalità non direttamente riconducibili al controllo a distanza, tra quelle di tipo organizzativo. L’art. 4 così riformato e prevedendo tale nuova finalità di tutela del patrimonio aziendale sembrerebbe legittimare l’uso di tali informazioni anche per finalità connesse al rapporto di lavoro, eliminando di fatto tale problema di tipo interpretativo in maniera così estensiva della stessa finalità organizzativa.
Tutto chiaro? In realtà lo è solo in apparenza. Se ne parlerà nuovamente a breve nei prossimi articoli.
Se nel frattempo i dubbi dovessero turbare il vostro sonno, dite la vostra. E Voi cosa ne pensate?
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