Proposta per il reperimento di risorse per 20 mld
La discussione sulla Flat tax, oggi, impone di ripensare per intero il sistema tributario, riorganizzandolo e puntando sulla sua semplificazione.
Il rapporto annuale sulle spese fiscali 2017 ha censito 636 misure diverse, di cui 466 erariali e 170 relative a tributi locali e, per una buona parte di queste, è persino impossibile quantificare la platea dei beneficiari.
L’ultimo studio dell’Ufficio valutazione Impatto del Senato si limita a fotografare la confusione legislativa che arriva da lontano ed è in gran parte dovuta proprio ad una stratificazione senza logica delle norme tributarie, il più delle volte emanate per compiacere l’elettorato. Il rapporto 2017, elaborato dalla commissione Marè, ha contato 466 spese fiscali erariali e 170 spese fiscali locali. L’onere finanziario complessivo ammonta per l’esercizio 2018, a 75,2 miliardi di euro di mancato gettito.
L’estrema confusione italiana in materia di spese fiscali è ben nota a Bruxelles ed altrettanto mal tollerata. Il Consiglio dell’Unione europea, nella raccomandazione del 12 giugno 2016 sul programma nazionale di riforma (PNR) dell’Italia, ha invitato il nostro paese a ridurre il numero e la portata delle agevolazioni fiscali.
Il Consiglio ha reiterato l’invito a una azione decisa per ridurre il numero e l’entità delle agevolazioni fiscali, ma, nonostante tutto, la revisione delle tax expenditure viene continuamente rinviata.
Le spese fiscali con gli effetti pro capite di importo più elevato riguardano le attività produttive e gravano perciò sul gettito IRES/IRAP.
Le spese fiscali con effetti finanziari pro capite esigue si riferiscono invece alla fiscalità delle persone fisiche e quindi incidono sul gettito IRPEF.
Le sole spese fiscali per IRPEF riguardano 167 spese fiscali per un ammontare per il 2018 di euro 39,891 miliardi. Se solo si decidesse di abbattere del 20% dette spese, si otterrebbe un risparmio di circa 8 miliardi annui.
Il Governo Gentiloni ha lasciato come eredità una clausola di salvaguardia dell’aumento dell’Iva che ammonta a circa 12,5 miliardi.
In linea di principio, ritengo che l’aumento dell’Iva produce effetti recessivi in termini di minori consumi. Ma, a tutti i principi di carattere generale, fanno da contraltare le eccezioni. Orbene, una particolare revisione dell’Iva con soppressione dei regimi di vantaggio, ridurrebbe effetti distorsivi, e, di contro, consentirebbe un notevole gettito, che potrebbe essere destinato alla riduzione per esempio dei contributi a carico dei datori di lavoro e dare maggiore impulso alla occupazione specialmente quella giovanile. Ritengo allora che un incremento dell’Iva dal 10 al 16% in settori a domanda inelastica come per esempio quello del turismo che fattura circa 220 miliardi annui ed in particolare hotel e ristoranti, potrebbe incrementare il gettito Iva stesso di oltre 12 miliardi. Del resto, la Corte dei Conti nell’Audizione in Parlamento sul Def 2016, prudentemente, tenendo conto del moltiplicatore negativo sul PIL, ha proposto di portare solo l’8% della base imponibile soggetta al 10% al 22%, con un effetto netto di aumento di gettito di 5 miliardi.
Prof. Dott. Alessandro Pilato
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