Prove hot di coniugi con amanti?
Rilevanza penale della produzione in causa di foto di rapporti intimi del coniuge con amanti. Per la Cassazione la difesa vale più della privacy
La terza Sezione Penale della Corte Suprema, con la sentenza n. 1584 depositata il 19.07.2017 (Presidente dott. Savani, rel. Dott. Aceto), ha affermato che il diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione, non risente di limitazioni derivanti dal pericolo di esporre a conseguenze penali il terzo che consegna al contraddittore in giudizio una prova di cui abbia il possesso ed il cui utilizzo dovrebbe essere consentito proprio da colui contro il quale si intende produrla. Il caso riguardava fotografie digitali e filmati di soggetti ritratti nel compimento di atti sessuali, in quanto il coniuge tradito aveva rinvenuto casualmente tale materiale in casa, che aveva poi consegnato al coniuge dell'amante, perché potesse avvalersene nel giudizio di separazione personale. La Corte di Appello di Milano aveva ritenuto che i reati di diffamazione e trattamento illecito dei dati personali non fossero sussistenti, affermando la legittimità nella difesa in giudizio degli altrui dati personali, richiamando la sentenza n. 35296/11 della Cassazione penale che aveva affermato di doversi valutare, in tali fattispecie, il bilanciamento delle esigenze di difesa con quelle della riservatezza, come anche la sentenza n. 3034/11 della Cassazione civile, peraltro a Sezioni Unite, aveva affermato che non vi è violazione della disciplina dei dati personali se il loro utilizzo avviene per svolgimento di attività processuali, dal momento che in tal caso la titolarità del trattamento compete non ai privati ma alla stessa autorità giudiziale. Nella vicenda in oggetto, tuttavia, il dato personale sensibile (vicende erotiche degli amanti) era stata prodotto da un soggetto diverso dal titolare del diritto esercitato e quindi si poneva il tema se dovesse esservi o meno il consenso dell'interessato. La Corte Suprema ha osservato che il trattamento dei dati personali, quando compiuto in assenza del consenso del titolare del diritto, è punibile solo se dal fatto deriva nocumento e che nella vicenda in oggetto ricorreva una ipotesi di "comunicazione" ma non una ipotesi di "diffusione", deducendo di conseguenza che la mera produzione in giudizio mai può ritenersi una ipotesi di diffusione, richiamando la pregressa giurisprudenza che ha affermato che, al di fuori della diffusione, la comunicazione dei dati personali senza il consenso dell'interessato non costituisce illecito penalmente rilevante se compiuta ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive o comunque per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Inoltre significativamente si è affermato che, quando i dati siano attinenti allo stato di salute o alla vita sessuale, il diritto invocato in giudizio deve consistere in un diritto di pari rango di quello violato e cioè in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale ed inviolabile. Dal che consegue che quando trattasi di dati riconducibili ad attività sessuali o allo stato di salute, tali dati mai possono essere prodotti in giudizio a meno che nel giudizio non siano in giuoco valori fondamentali della persona, quali possono essere all'avviso dello scrivente la libertà personale nei processi penali oppure un giudizio di annullamento del matrimonio o di decadenza della responsabilità genitoriale o analoghi. Si osserva poi che la prova tipica in oggetto (foto hot) è disciplinata dall'art. 234 c.p.p. e dall'art. 2712 c.c. senza che le norme in oggetto prevedano il consenso del titolare del diritto per l'impiego della prova, in caso di impiego della prova da parte di un soggetto terzo per far valere i suoi diritti in sede giudiziaria. Si è aperta così la porta a prove di contenuto hot nei giudizi di separazione, anche se provenienti da terzi.
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