PSORIASI: CORTISONE…E POI?
Quando l’ intervento medico dermatologico non è sufficiente alla risoluzione del problema o alla remissione dei sintomi
La pelle, da sempre, ha un rilevante valore estetico nelle diverse culture. E' la nostra superficie, il nostro confine corporeo, ciò che ci separa dall’esterno, è il mezzo con cui si viene in contatto con l'altro ed è esposta al giudizio sociale. Possiamo essere toccati , accarezzati o feriti. Date le sue innervazioni con nervi motori, sensori, vaso motori, e alla presenza di ghiandole al suo interno, la pelle si connette anche al mondo interiore, agli stati umorali e alle emozioni. Una pelle "bucata" o rovinata da segni e cicatrici diviene sinonimo di fragilità, di maggior debolezza per gli attacchi subiti.
La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica sistemica della pelle, non infettiva né contagiosa con andamento recidivante e remittente. Colpisce circa il 3% della popolazione, anche in Italia. La psoriasi vulgaris è caratterizzata, generalmente, da chiazze di colore rosso ricoperte da squame biancastre, che si localizzano e persistono in alcune sedi tipiche quali le ginocchia, i gomiti e il cuoio capelluto. Si manifesta generalmente con prurito, ma anche bruciore e desquamazione cutanea. Esistono diverse forme che si differenziano per forme e sintomi (es onicolisi, ipercheratosi, artrite psoriasica ecc).L’eziologia è multifattoriale, con una componente genetica non sufficiente di per sé a spiegare l’insorgenza della malattia. La sua manifestazione avviene infatti in concomitanza di fattori scatenanti, per lo più ambientali e psico-emotivi. Generalmente la psoriasi, una volta diagnosticata da una visita dermatologica, nonostante la multifattorialità eziologica, tende ad essere affrontata con un approccio medico centrato sulla remissione del sintomo ed il rallentamento della progressione, con l’assunzione di farmaci topici (corticosteroidi, Vitamina D3 ecc) , sistemici tradizionali (ciclosporina, metotraxate, acitretina), fototerapia, l'utilizzo di sostanze catramose ed oli minerali, e la terapia biologica o immunoterapia per le forme più gravi.Si attesta che circa il 20% della psoriasi classificata lieve-moderata ha una remissione spontanea mentre altre sono recidive e di difficile risoluzione.
La ricerca di Mercy et al. (2014) condotta sulla soddisfazione della vita dei pazienti affetti da psoriasi e pubblicata su Jama (Journal of American Association) rileva che il 53,3% dei pazienti trattati e il 45,5% di quelli con artrite psoriasica (una forma più grave) si dichiara insoddisfatto del trattamento ricevuto. Fra i motivi più frequenti per l’abbandono della cura vi sono la mancata efficacia e gli effetti collaterali dei farmaci biologici. Alcuni studi (Panconesi, 1984) hanno cercato di individuare i tratti caratteristici della "personalità psoriasica", senza giungere ad un profilo definito, altri (Bassi et al., 1996) evidenziano però alcuni tratti psicologici in comune, quali: ansia elevata, affettività repressa ed immaturità affettiva associati ad una chiusura in se stessi ed una bassa autostima. Ancora ci si interroga se tali tratti siano piuttosto la risultante di esperienze di esclusione, discriminazione e vissuti di vergogna. Il ruolo dello stress percepito dalle persone è una componente importante nella manifestazione della malattia, e l’introduzione di pratiche meditative integrate al trattamento fototerapico accelera la remissione delle lesioni (Kabat-Zinn et al 1998).
Jonckheree et al., (2000), hanno dimostrato come un "intervento bifocale", ovvero somatico e psicologico, determini un maggiore impatto della terapia dermatologica e diminuzione delle ricadute, un significativo miglioramento della psoriasi nel 50% dei casi, oltre ad un notevole vantaggio sociale ed economico rappresentato dalla riduzione del numero dei ricoveri e del rischio di cronicizzazione.
Nell’approccio psicoterapico sistemico - relazionale il corpo non è un corpo-oggetto e a sé stante dall’oggetto, è un corpo in relazione che conosce e si modifica nella relazione stessa. L’approccio sistemico, considera l’individuo come sistema, appartenente e agente nei tanti contesti di riferimento, e può offrire al paziente con psoriasi un aiuto a riconnettersi con i propri livelli emotivo, sociale e relazionale, ricollegandosi alla situazione e al periodo di riferimento che la persona sta vivendo, ai tempi passati e nuove prospettive future, riconoscendo i significati che la malattia spesso propone come cambiamento.
La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica sistemica della pelle, non infettiva né contagiosa con andamento recidivante e remittente. Colpisce circa il 3% della popolazione, anche in Italia. La psoriasi vulgaris è caratterizzata, generalmente, da chiazze di colore rosso ricoperte da squame biancastre, che si localizzano e persistono in alcune sedi tipiche quali le ginocchia, i gomiti e il cuoio capelluto. Si manifesta generalmente con prurito, ma anche bruciore e desquamazione cutanea. Esistono diverse forme che si differenziano per forme e sintomi (es onicolisi, ipercheratosi, artrite psoriasica ecc).L’eziologia è multifattoriale, con una componente genetica non sufficiente di per sé a spiegare l’insorgenza della malattia. La sua manifestazione avviene infatti in concomitanza di fattori scatenanti, per lo più ambientali e psico-emotivi. Generalmente la psoriasi, una volta diagnosticata da una visita dermatologica, nonostante la multifattorialità eziologica, tende ad essere affrontata con un approccio medico centrato sulla remissione del sintomo ed il rallentamento della progressione, con l’assunzione di farmaci topici (corticosteroidi, Vitamina D3 ecc) , sistemici tradizionali (ciclosporina, metotraxate, acitretina), fototerapia, l'utilizzo di sostanze catramose ed oli minerali, e la terapia biologica o immunoterapia per le forme più gravi.Si attesta che circa il 20% della psoriasi classificata lieve-moderata ha una remissione spontanea mentre altre sono recidive e di difficile risoluzione.
La ricerca di Mercy et al. (2014) condotta sulla soddisfazione della vita dei pazienti affetti da psoriasi e pubblicata su Jama (Journal of American Association) rileva che il 53,3% dei pazienti trattati e il 45,5% di quelli con artrite psoriasica (una forma più grave) si dichiara insoddisfatto del trattamento ricevuto. Fra i motivi più frequenti per l’abbandono della cura vi sono la mancata efficacia e gli effetti collaterali dei farmaci biologici. Alcuni studi (Panconesi, 1984) hanno cercato di individuare i tratti caratteristici della "personalità psoriasica", senza giungere ad un profilo definito, altri (Bassi et al., 1996) evidenziano però alcuni tratti psicologici in comune, quali: ansia elevata, affettività repressa ed immaturità affettiva associati ad una chiusura in se stessi ed una bassa autostima. Ancora ci si interroga se tali tratti siano piuttosto la risultante di esperienze di esclusione, discriminazione e vissuti di vergogna. Il ruolo dello stress percepito dalle persone è una componente importante nella manifestazione della malattia, e l’introduzione di pratiche meditative integrate al trattamento fototerapico accelera la remissione delle lesioni (Kabat-Zinn et al 1998).
Jonckheree et al., (2000), hanno dimostrato come un "intervento bifocale", ovvero somatico e psicologico, determini un maggiore impatto della terapia dermatologica e diminuzione delle ricadute, un significativo miglioramento della psoriasi nel 50% dei casi, oltre ad un notevole vantaggio sociale ed economico rappresentato dalla riduzione del numero dei ricoveri e del rischio di cronicizzazione.
Nell’approccio psicoterapico sistemico - relazionale il corpo non è un corpo-oggetto e a sé stante dall’oggetto, è un corpo in relazione che conosce e si modifica nella relazione stessa. L’approccio sistemico, considera l’individuo come sistema, appartenente e agente nei tanti contesti di riferimento, e può offrire al paziente con psoriasi un aiuto a riconnettersi con i propri livelli emotivo, sociale e relazionale, ricollegandosi alla situazione e al periodo di riferimento che la persona sta vivendo, ai tempi passati e nuove prospettive future, riconoscendo i significati che la malattia spesso propone come cambiamento.
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