Puntare il dito nel conflitto di coppia
Nel conflitto di coppia è facile cadere nell'accusa reciproca. Nell'articolo analizziamo come questo possa essere un "autogoal"
Ad un incontro sulla gestione del conflitto nell’ambito della coppia ho iniziato con il chiedere ai presenti di scrivere le frasi più ricorrenti che nei litigi iniziavano con il pronome "Tu": "Tu mi hai fatto arrabbiare", "Tu mi hai offeso", ecc. Qualcuno ha chiesto ridendo un altro foglio perché uno solo forse non gli bastava. Alla fine dell’incontro l’esclamazione corale è stata: abbiamo fatto autogoal!
Perché?
Perché quando parto accusando l’altro di qualcosa sto rispondendo ad un impulso, re-agisco emotivamente a qualcosa che appartiene a me e solo a me: l’altro non è mai responsabile della mia reazione emotiva.
L’altro è un detonatore di una risposta che appartiene solo a me. Sono io che decido di rispondere con rabbia alle tue accuse. Potrei rispondere con tristezza, con serenità, con ironia. Se scelgo la rabbia è perché sono abituato a rispondere con questa emozione a quel determinato imput che tocca la mia fragilità. In poche parole ci sono eventi, situazioni del passato in cui ho risposto con un’emozione o un atteggiamento che ho registrato come utile per me. Magari la cosa si è ripetuta e ho memorizzato che quella risposta era proprio la più adeguata, e ho continuato. Ripeto oggi, nel presente ciò che nel passato mi è servito oppure era l’unica risposta che ero in grado di dare.
So benissimo che se vivo la dinamica del IO VINCO-TU PERDI, TU PERDI-IO VINCO rimango nella gestione del potere sull’altro (o sotto l’altro) uscendo dall’ambito relazionale. E’ questo ciò che voglio? E’ questo ciò che vuoi?
Mettiamo il caso che vuoi uscire dalla re-azione per diventare protagonista della risposta che appartiene solo e soltanto a te ed entrare nella realtà IO VINCO-TU VINCI = SIAMO VINCENTI (che è la situazione ideale di una coppia che vive la responsabilità genitoriale) e non sai come fare. Di seguito ho indicato alcuni passaggi:
1) Tu sei frutto di un sistema familiare, di un tramandarsi di modalità comunicative, di un’eredità di avvenimenti e sentimenti che volente o nolente ti hanno condizionato e magari ancora ti condizionano.
2) Guarda sotto la re-azione emotiva che è partita d’istinto: probabilmente troverai paura, dolore e questo ti permetterà di capire la fragilità. Nell’accusa rivolta all’altro c’è nascosta implicitamente la tua fragilità.
3) Ricorda a chi apparteneva nel tuo sistema familiare questa re-azione, o l’emozione. Osserva se e come ne sei stato contagiato o semplicemente se hai assimilato qualcosa che tutti nel sistema vivevano.
4) Le re-azioni appartengono al passato, alla memoria emotiva dell’evento, al tuo sistema familiare e oggi puoi, se vuoi scegliere consapevolmente il sentimento o l’azione da mettere in campo che ritieni adeguata al presente e alla relazione con l’altro. Se non ci riesci sai che è il tuo obiettivo e sei libero di scegliere la strada che vuoi per raggiungerlo.
Questo ti permette di vivere la conflittualità da persona adulta, di trasmettere valori importanti ai tuoi figli e di esprimere la vera libertà racchiusa dentro di te smettendo di puntare il dito.
Perché?
Perché quando parto accusando l’altro di qualcosa sto rispondendo ad un impulso, re-agisco emotivamente a qualcosa che appartiene a me e solo a me: l’altro non è mai responsabile della mia reazione emotiva.
L’altro è un detonatore di una risposta che appartiene solo a me. Sono io che decido di rispondere con rabbia alle tue accuse. Potrei rispondere con tristezza, con serenità, con ironia. Se scelgo la rabbia è perché sono abituato a rispondere con questa emozione a quel determinato imput che tocca la mia fragilità. In poche parole ci sono eventi, situazioni del passato in cui ho risposto con un’emozione o un atteggiamento che ho registrato come utile per me. Magari la cosa si è ripetuta e ho memorizzato che quella risposta era proprio la più adeguata, e ho continuato. Ripeto oggi, nel presente ciò che nel passato mi è servito oppure era l’unica risposta che ero in grado di dare.
So benissimo che se vivo la dinamica del IO VINCO-TU PERDI, TU PERDI-IO VINCO rimango nella gestione del potere sull’altro (o sotto l’altro) uscendo dall’ambito relazionale. E’ questo ciò che voglio? E’ questo ciò che vuoi?
Mettiamo il caso che vuoi uscire dalla re-azione per diventare protagonista della risposta che appartiene solo e soltanto a te ed entrare nella realtà IO VINCO-TU VINCI = SIAMO VINCENTI (che è la situazione ideale di una coppia che vive la responsabilità genitoriale) e non sai come fare. Di seguito ho indicato alcuni passaggi:
1) Tu sei frutto di un sistema familiare, di un tramandarsi di modalità comunicative, di un’eredità di avvenimenti e sentimenti che volente o nolente ti hanno condizionato e magari ancora ti condizionano.
2) Guarda sotto la re-azione emotiva che è partita d’istinto: probabilmente troverai paura, dolore e questo ti permetterà di capire la fragilità. Nell’accusa rivolta all’altro c’è nascosta implicitamente la tua fragilità.
3) Ricorda a chi apparteneva nel tuo sistema familiare questa re-azione, o l’emozione. Osserva se e come ne sei stato contagiato o semplicemente se hai assimilato qualcosa che tutti nel sistema vivevano.
4) Le re-azioni appartengono al passato, alla memoria emotiva dell’evento, al tuo sistema familiare e oggi puoi, se vuoi scegliere consapevolmente il sentimento o l’azione da mettere in campo che ritieni adeguata al presente e alla relazione con l’altro. Se non ci riesci sai che è il tuo obiettivo e sei libero di scegliere la strada che vuoi per raggiungerlo.
Questo ti permette di vivere la conflittualità da persona adulta, di trasmettere valori importanti ai tuoi figli e di esprimere la vera libertà racchiusa dentro di te smettendo di puntare il dito.
Articolo del: