Può essere sequestrata la veranda abusiva
L'esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente dal fatto che la costruzione sia ultimata
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 14 luglio 2014 - 13 aprile 2015, n. 15193
Presidente Zecca - Relatore Ciampi
Ritenuto in fatto
1. Con il provvedimento impugnato, emesso a seguito di sentenza di annullamento con rinvio emessa dalla Corte di Cassazione in data 3 dicembre 2013, il Tribunale del riesame di Napoli, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli in data 21 gennaio 2013, avente ad oggetto il manufatto sito in Napoli alla via Camaldoli 160, in relazione al delitto di cui all'art. 44 d..P.R. n. 380 del 2001, confermando invece il suddetto decreto quanto al reato di cui all'art. 181 d.lgs.vo n. 42 dei 2004.
2. Ha proposto tempestivo ricorso personalmente l'indagato, impugnando la suddetta ordinanza e deducendo un unico motivo di ricorso la violazione dell'art. 321 c.p.p., per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto per il sequestro preventivo.
Considerato in diritto
3. Le censure proposte dal ricorrente riguardano la sussistenza dei presupposti di legge per disporre il sequestro preventivo del manufatto in questione, costituito dalla chiusura di un preesistente sporto balcone di modeste dimensioni, con creazione dunque di un volume verandato in ampliamento dell'immobile originario.
4. Va premesso che nell'annullare il precedente provvedimento del Tribunale del riesame questa Corte ha chiarito che:
a. la trasformazione di un balcone o di un terrazzino, circondato da muri perimetrali, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, ne' intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero permesso di costruire (Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007 - dep. 18/09/2007, Camarda, Rv. 237532).
b. in particolare, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile. Nè può sostenersi che, nella specie, il manufatto realizzato fosse di modesta entità per le sue dimensioni, poiché, in ogni caso, attraverso la chiusura del preesistente sporto balcone è stato posto comunque in essere un aumento della volumetria abitativa ed assicurato nuovo spazio al corpo immobiliare preesistente.
c. quanto, poi, al fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, dal verbale di sequestro eseguito d'iniziativa dalla PG risulta che l'intera unità immobiliare ricade nel perimetro dei parco paesistico Camaldoli, zona vincolata D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 157, e riconosciuta di particolare interesse pubblico. Orbene, è di palmare evidenza che la chiusura di un preesistente sporto balcone di modeste dimensioni, con creazione di un volume verandato in ampliamento dell'immobile originario, è opera destinata ad incidere negativamente sul paesaggio: l'impatto negativo dell'intervento eseguito sull'originario assetto paesaggistico del territorio è, infatti, oggettivo. La Corte di legittimità è tuttavia pervenuta alla statuizione di annullamento per difetto di motivazione quanto al periculum poichè nell'ordinanza annullata si faceva riferimento alle sole conseguenze dannose del reato edilizio- urbanistico e non a quelle sul piano paesaggistico.
5. Ritiene il Collegio che il provvedimento oggi impugnato abbia fornito adeguata motivazione sul punto, peraltro opportunamente distinguendo tra il reato edilizio (per cui è stato parzialmente accolto il ricorso in considerazione della insussistenza di un concreto aggravio dei carico urbanistico) e quello di cui all'art. 181 d.lgs.vo n. 42 del 2004. Secondo il Tribunale, infatti, la utilizzazione della veranda - peraltro di dimensioni non minimali- come ripostiglio vale certamente ad integrare, in relazione alla fattispecie in questione, il necessario presupposto del periculum in mora, determinando un concreto pericolo ed offesa al territorio che la normativa paesaggistica è volta a salvaguardare. Trattasi di considerazione assolutamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Sez. 3, n. 42363 del 18/09/2013 , Rv. 257526), secondo cui, in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell'attualità del pericolo indipendentemente dall'essere l'edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio e dall'incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro di un manufatto costituente ampliamento di un edificio già abitato dai medesimo nucleo familiare).
6. II ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Presidente Zecca - Relatore Ciampi
Ritenuto in fatto
1. Con il provvedimento impugnato, emesso a seguito di sentenza di annullamento con rinvio emessa dalla Corte di Cassazione in data 3 dicembre 2013, il Tribunale del riesame di Napoli, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli in data 21 gennaio 2013, avente ad oggetto il manufatto sito in Napoli alla via Camaldoli 160, in relazione al delitto di cui all'art. 44 d..P.R. n. 380 del 2001, confermando invece il suddetto decreto quanto al reato di cui all'art. 181 d.lgs.vo n. 42 dei 2004.
2. Ha proposto tempestivo ricorso personalmente l'indagato, impugnando la suddetta ordinanza e deducendo un unico motivo di ricorso la violazione dell'art. 321 c.p.p., per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto per il sequestro preventivo.
Considerato in diritto
3. Le censure proposte dal ricorrente riguardano la sussistenza dei presupposti di legge per disporre il sequestro preventivo del manufatto in questione, costituito dalla chiusura di un preesistente sporto balcone di modeste dimensioni, con creazione dunque di un volume verandato in ampliamento dell'immobile originario.
4. Va premesso che nell'annullare il precedente provvedimento del Tribunale del riesame questa Corte ha chiarito che:
a. la trasformazione di un balcone o di un terrazzino, circondato da muri perimetrali, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, ne' intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero permesso di costruire (Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007 - dep. 18/09/2007, Camarda, Rv. 237532).
b. in particolare, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile. Nè può sostenersi che, nella specie, il manufatto realizzato fosse di modesta entità per le sue dimensioni, poiché, in ogni caso, attraverso la chiusura del preesistente sporto balcone è stato posto comunque in essere un aumento della volumetria abitativa ed assicurato nuovo spazio al corpo immobiliare preesistente.
c. quanto, poi, al fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, dal verbale di sequestro eseguito d'iniziativa dalla PG risulta che l'intera unità immobiliare ricade nel perimetro dei parco paesistico Camaldoli, zona vincolata D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 157, e riconosciuta di particolare interesse pubblico. Orbene, è di palmare evidenza che la chiusura di un preesistente sporto balcone di modeste dimensioni, con creazione di un volume verandato in ampliamento dell'immobile originario, è opera destinata ad incidere negativamente sul paesaggio: l'impatto negativo dell'intervento eseguito sull'originario assetto paesaggistico del territorio è, infatti, oggettivo. La Corte di legittimità è tuttavia pervenuta alla statuizione di annullamento per difetto di motivazione quanto al periculum poichè nell'ordinanza annullata si faceva riferimento alle sole conseguenze dannose del reato edilizio- urbanistico e non a quelle sul piano paesaggistico.
5. Ritiene il Collegio che il provvedimento oggi impugnato abbia fornito adeguata motivazione sul punto, peraltro opportunamente distinguendo tra il reato edilizio (per cui è stato parzialmente accolto il ricorso in considerazione della insussistenza di un concreto aggravio dei carico urbanistico) e quello di cui all'art. 181 d.lgs.vo n. 42 del 2004. Secondo il Tribunale, infatti, la utilizzazione della veranda - peraltro di dimensioni non minimali- come ripostiglio vale certamente ad integrare, in relazione alla fattispecie in questione, il necessario presupposto del periculum in mora, determinando un concreto pericolo ed offesa al territorio che la normativa paesaggistica è volta a salvaguardare. Trattasi di considerazione assolutamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Sez. 3, n. 42363 del 18/09/2013 , Rv. 257526), secondo cui, in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell'attualità del pericolo indipendentemente dall'essere l'edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio e dall'incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l'utilizzazione della costruzione ultimata. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro di un manufatto costituente ampliamento di un edificio già abitato dai medesimo nucleo familiare).
6. II ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Articolo del: