Quali prodotti di previdenza integrativa?
Sfatare il (quasi) mito che per la previdenza integrativa siano sempre necessari i cosiddetti prodotti previdenziali
In realtà, e qui si cercherà di dimostrarlo, tutte le forme di risparmio possono essere usate a scopo previdenziale. L’unica condizione necessaria è che ci siano la capacità e la volontà di risparmiare.
Previdenza vuol dire pensare alle necessità future.
La previdenza integrativa dovrebbe coprire l’insieme dei bisogni finanziari che la previdenza pubblica non può soddisfare. Si sente spesso parlare di prodotti previdenziali integrativi, dando quindi per scontato che, in relazione alla previdenza integrativa, ci siano almeno due tipi di prodotti: quelli previdenziali e quelli no (solo risparmio). Ma è davvero così? A mio avviso, assolutamente no! Vediamo perché.
Le fasi della previdenza sono due: la prima di accumulo del capitale, durante la quale si risparmia per il momento della pensione, la seconda, quella della rendita, durante la quale il capitale accumulato nella prima fase viene erogato periodicamente, rivalutato, per tutto il resto della nostra vita.
I prodotti definiti previdenziali non sono altro che un pacchetto di almeno due strumenti: un primo strumento, per la prima fase della previdenza, che permette quindi l’accumulo del capitale risparmiato a tal scopo; un secondo strumento, in particolare una polizza assicurativa che, a partire da una certa scadenza erogherà una rendita vitalizia proporzionale al capitale maturato (seconda fase). Nulla vieta, però, che queste due fasi possano rimanere distinte.
I prodotti con coefficiente garantito svolgevano una funzione assicurativa, nel senso che spostavano il rischio di vivere a lungo (e quindi di non avere risorse sufficienti per una vita dignitosa) dal sottoscrittore alla Compagnia assicurativa.
Era quindi la Compagnia che si impegnava, già al momento della sottoscrizione del contratto e quindi all’inizio della fase di accumulo del capitale, ad erogare una rendita vitalizia a condizioni stabilite sulla base di tabelle di mortalità di 20 - 30 - 40 anni anteriori alla prima rendita percepita. Questi erano prodotti onerosi ma veramente previdenziali.
Poiché negli ultimi anni la vita media della popolazione italiana si è notevolmente allungata, le Compagnie assicurative hanno percepito questo evento come troppo rischioso e, di conseguenza, hanno smesso di emettere polizze con coefficiente di trasformazione del capitale in rendita garantito. Non solo, ma in frequenti casi, hanno pensato bene a distruggere, convertendole in nuove polizze a condizioni peggiorative, quanto di buono avevano quelle precedenti, generalmente emesse nei primi anni 90.
Allora, se le due fasi della previdenza possono essere tenute distinte e se viene a cessare l’aspetto
assicurativo dei contratti previdenziali, perché limitare a questi soli prodotti la funzione di previdenza?
La funzione assicurativa e, quindi, di spostamento del rischio, inizia solo al momento di erogazione della rendita. Pertanto nella fase di accumulo si potranno scegliere fra tutti i prodotti esistenti (ETF, obbligazioni, Fondi Comuni, ecc. e non solo tra quelli dichiaratamente previdenziali), quelli più efficienti e meno onerosi che, quindi, dato un determinato profilo di rischio e a parità di ammontare di accantonamenti, possono dare un montante più elevato.
Al momento di andare in pensione, e solo allora, si potrà cercare la prestazione assicurativa più conveniente, che sarà quella che, a parità di capitale maturato e di altre condizioni (tasso tecnico, costi, ecc.) darà la rendita più elevata.
Oggi perciò non esistono prodotti previdenziali ma solo risparmio previdenziale, accantonato sotto qualsiasi forma, possibilmente efficiente, destinato ad integrare la pensione pubblica. E’ la destinazione del risparmio che è previdenziale, non i prodotti nei quali questo viene investito.
La distinzione tra risparmio e prodotti previdenziali può sembrare una disquisizione fine a se stessa. Non è così se si pensa che gli strumenti qualificati come previdenziali sono spacciati come gli unici in grado di integrare la pensione solo per poter vendere prodotti spesso tra i più cari sul mercato.
Solo il pieno di vantaggi fiscali, qualora ne sussistano le condizioni per l’applicazione, permette (ma non sempre) a certi prodotti di risultare convenienti.
Previdenza vuol dire pensare alle necessità future.
La previdenza integrativa dovrebbe coprire l’insieme dei bisogni finanziari che la previdenza pubblica non può soddisfare. Si sente spesso parlare di prodotti previdenziali integrativi, dando quindi per scontato che, in relazione alla previdenza integrativa, ci siano almeno due tipi di prodotti: quelli previdenziali e quelli no (solo risparmio). Ma è davvero così? A mio avviso, assolutamente no! Vediamo perché.
Le fasi della previdenza sono due: la prima di accumulo del capitale, durante la quale si risparmia per il momento della pensione, la seconda, quella della rendita, durante la quale il capitale accumulato nella prima fase viene erogato periodicamente, rivalutato, per tutto il resto della nostra vita.
I prodotti definiti previdenziali non sono altro che un pacchetto di almeno due strumenti: un primo strumento, per la prima fase della previdenza, che permette quindi l’accumulo del capitale risparmiato a tal scopo; un secondo strumento, in particolare una polizza assicurativa che, a partire da una certa scadenza erogherà una rendita vitalizia proporzionale al capitale maturato (seconda fase). Nulla vieta, però, che queste due fasi possano rimanere distinte.
I prodotti con coefficiente garantito svolgevano una funzione assicurativa, nel senso che spostavano il rischio di vivere a lungo (e quindi di non avere risorse sufficienti per una vita dignitosa) dal sottoscrittore alla Compagnia assicurativa.
Era quindi la Compagnia che si impegnava, già al momento della sottoscrizione del contratto e quindi all’inizio della fase di accumulo del capitale, ad erogare una rendita vitalizia a condizioni stabilite sulla base di tabelle di mortalità di 20 - 30 - 40 anni anteriori alla prima rendita percepita. Questi erano prodotti onerosi ma veramente previdenziali.
Poiché negli ultimi anni la vita media della popolazione italiana si è notevolmente allungata, le Compagnie assicurative hanno percepito questo evento come troppo rischioso e, di conseguenza, hanno smesso di emettere polizze con coefficiente di trasformazione del capitale in rendita garantito. Non solo, ma in frequenti casi, hanno pensato bene a distruggere, convertendole in nuove polizze a condizioni peggiorative, quanto di buono avevano quelle precedenti, generalmente emesse nei primi anni 90.
Allora, se le due fasi della previdenza possono essere tenute distinte e se viene a cessare l’aspetto
assicurativo dei contratti previdenziali, perché limitare a questi soli prodotti la funzione di previdenza?
La funzione assicurativa e, quindi, di spostamento del rischio, inizia solo al momento di erogazione della rendita. Pertanto nella fase di accumulo si potranno scegliere fra tutti i prodotti esistenti (ETF, obbligazioni, Fondi Comuni, ecc. e non solo tra quelli dichiaratamente previdenziali), quelli più efficienti e meno onerosi che, quindi, dato un determinato profilo di rischio e a parità di ammontare di accantonamenti, possono dare un montante più elevato.
Al momento di andare in pensione, e solo allora, si potrà cercare la prestazione assicurativa più conveniente, che sarà quella che, a parità di capitale maturato e di altre condizioni (tasso tecnico, costi, ecc.) darà la rendita più elevata.
Oggi perciò non esistono prodotti previdenziali ma solo risparmio previdenziale, accantonato sotto qualsiasi forma, possibilmente efficiente, destinato ad integrare la pensione pubblica. E’ la destinazione del risparmio che è previdenziale, non i prodotti nei quali questo viene investito.
La distinzione tra risparmio e prodotti previdenziali può sembrare una disquisizione fine a se stessa. Non è così se si pensa che gli strumenti qualificati come previdenziali sono spacciati come gli unici in grado di integrare la pensione solo per poter vendere prodotti spesso tra i più cari sul mercato.
Solo il pieno di vantaggi fiscali, qualora ne sussistano le condizioni per l’applicazione, permette (ma non sempre) a certi prodotti di risultare convenienti.
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