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Quando è legittimo aprire una porta caposcala


E' invalida la delibera dell’assemblea con cui si vieta al proprietario di aprire un varco di collegamento fra il proprio immobile e l'androne.
Quando è legittimo aprire una porta caposcala
Mi è accaduto, spesso, che un Cliente mi abbia chiesto di esprimere un parere circa la possibilità, o meno, di aprire una porta caposcala che colleghi un immobile sito al piano terra di un Condominio (ed adibito, ad esempio, a negozio) con l’androne condominiale.

E’ da premettere che l'art. 1117 c.c. non indica l'androne tra le parti comuni dell’edificio.

E’, però, ormai pacifico che l’art. 1117 c.c. contenga un'elencazione solo esemplificativa e non tassativa dei beni comuni (cfr. Cassazione civile 4 giugno 2014 n. 12572) dal momento che i beni indicati dalla disposizione, sopra citata, si intendono comuni per presunzione derivante dalla loro attitudine oggettiva e dalla concreta destinazione degli stessi al servizio comune (cfr. Cassazione civile 13.03.2009 n. 6175). Ne consegue che si considerano beni comuni tutti quelli che rispetto alle unità immobiliari di proprietà esclusiva si pongono in un rapporto di funzionalità ed accessorietà, nel senso che non sono parti di edificio che abbiano autonoma utilità, ma:

- sono parti necessarie alla sussistenza dell’edificio solamente (suolo, fondazioni ecc.);
- sono parti strumentali ad una migliore utilizzazione del condominio e dei servizi (portineria, riscaldamento, lavanderia, ecc.);
- opere e impianti che servono all’uso o al godimento comune (ascensore, fognature, impianti del gas, luce, ecc.).

Tutti i beni che hanno le caratteristiche, di cui sopra, salvo che esista un titolo che lo escluda, si presumono parti comuni del condominio.

Applicando detti criteri, si può affermare che l'androne è, indubitabilmente, una parte dell'edificio destinata all'uso comune e, pertanto, può essere utilizzato da tutti i condomini secondo quanto previsto dall'art. 1102 c.c. in base al quale: "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso".

In applicazione della disposizione sopra citata, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 24295 del 14 novembre 2014, ha ritenuto invalida la delibera approvata dall’assemblea con la quale si vietava al proprietario di aprire un varco di collegamento fra il proprio immobile e l’androne condominiale.

Nella sentenza si legge che l'apertura nell'androne d'ingresso di una nuova porta di entrata di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva, "...non impedisce agli altri condomini di fruire dell'androne per raggiungere i propri appartamenti. Né, tantomeno, si potrebbe ragionevolmente affermare che l'ingresso de quo sia idoneo ad alterare irreversibilmente la destinazione dell'androne. Al contrario, l'apertura del nuovo accesso all'immobile dell'intimata valorizzerebbe e potenzierebbe la funzione dell'androne in esame, ossia quella di facilitazione del transito dei condomini, e dei terzi, da e verso le singole unità abitative della scala".

Rispondendo al questi, pertanto, si può affermare che è legittimo aprire una porta caposcala che colleghi la singola unità immobiliare all’androne condominiale di cui l’unità immobiliare fa parte, salvo che non esista un titolo che lo escluda.

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