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Quando l'atto lecito diventa mobbing


Una condotta, legittima se considerata isolatamente, può rivestire i panni del mobbing qualora la medesima azione sia perpetrata al fine della persecuzione
Quando l'atto lecito diventa mobbing

Il termine mobbing deriva dalla lingua inglese e significa aggredire (to mob). In senso giuridico, il mobbing consiste in una serie di condotte perpetrate sul luogo di lavoro al fine di emarginare la persona presa di mira.

In Italia non esiste un'apposita normativa che definisce la fattispecie. Tuttavia, esistono norme dell'ordinamento giuridico che, sia pur indirettamente, inquadrano e disciplinano il mobbing. La giurisprudenza è intervenuta più volte sull'argomento e, pur in mancanza di una norma specifica, ha stabilito che elementi costitutivi di questa fattispecie sono:

a) comportamenti di carattere persecutorio posti in essere contro la vittima in modo mirato, sistematico e prolungato nel tempo;

b) l'evento lesivo della personalità del dipendente o lavoratore;

c) il nesso di causalità tra le condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria dignità;

d) l'elemento soggettivo, ovvero l'intento persecutorio.

Non esiste nella legislazione vigente uno specifico reato di mobbing, eppure, attraverso il richiamo di alcune norme della Costituzione italiana e del codice civile, è possibile dimostrare di essere vittima di mobbing e di ottenere un risarcimento del danno per le vessazioni subite dal mobber.

In alcuni casi, risulta molto difficile distinguere se l'atto, di per sè lecito, rivesta o meno il carattere antigiuridico proprio del mobbing perchè la finalità persecutoria e vessatoria è spesso  nascosta unicamente nell'animus necandi ovvero nella mente del mobber il quale, pur realizzando una condotta di per sè approvata e ammessa dall'ordinamento giuridico, tuttavia si muove e la realizza espressamente o, più spesso, attraverso comportamenti concludenti al fine di arrecare una prevaricazione illegittima talvolta sottile ma comunque consapevole e percepibile solo dalla vittima, il lavoratore, che viene isolato e danneggiato proprio a causa di questa prevaricazione celatasi sotto le vesti dell'atto lecito.

La giursiprudenza sul punto ha sancito che integra la nozione di mobbing la condotta del datore di lavoro protratta nel tempo e consistente nel compimento di una pluralità di atti (giuridici o meramente materiali ed eventualmente anche leciti) diretti alla persecuzione o all'emarginazione del dipendente di cui viene lesa la sfera professionale o personale, intesa nella pluralità delle sue espressioni (13/18093). L'onere della prova è a carico del lavoratore che subisce la persecuzione.

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