Quando la "passione" ti rafforza il carattere

In questo articolo parto dallo studio di vari autori che hanno alimentato la mia lunga riflessione in merito al termine "passione", corpo e anima.
Prima di dare spazio alle varie teorie, intendo soffermarmi sulla mia pratica professionale poiché, tra le varie attività, quando ricopro il ruolo di psicologa scolastica conosco tantissimi bambini e ragazzi. Resto sempre affascinata dal racconto delle loro passioni ancora troppo poco diffuso negli istituti scolastici, pensando che l'apprendimento delle materie e la perfezione nello studio siano esclusivamente requisiti essenziali. Per me la passione è qualcosa che cammina a pari passo con la struttura caratteriale.
Riporto qui di seguito, quanto mi è stato donato da una bambina dell'età di 11 anni, che così si esprime, in merito alla sua passione che coltiva da piccolissima, più precisamente da ben sei anni:
"Quando vado a cavallo, mi sento me stessa, libera di esprimermi senza nessuno che mi critica. I miei cavalli sono i miei migliori amici, quando ho dei problemi oltre a parlarne con i miei genitori, li sussurro anche a loro, perché ho la sensazione che loro mi capiscano. Senza di loro non riuscirei ad esistere, prometto di amarli in maniera pura e fiera perché più di chiunque altro mi hanno spinta a credere nell'impossibile. Li ringrazierò per sempre di riuscire a strapparmi un sorriso tutti i giorni. Desiderare di stare a contatto con i miei cavalli è per me gioia. La parola EQUITAZIONE per me significa lavoro di squadra perché devi avere il coraggio di guardare il tuo compagno negli occhi, e riuscire a capire che lui (il cavallo) sarà disposto a donare la sua vita per aiutare te. Arriverà sempre il momento in cui cadrai, e allora che fai? Ti arrendi e lasci tutto? No, continuerai a lottare e solo se avrai la forza di rialzarti sarai un vero cavaliere. E man mano che gli ostacoli da saltare saranno più alti, sarà in quel momento che, centimetro su centimetro, faranno la differenza. Ricorda che nel mondo dell'EQUITAZIONE ci saranno sconfitte ma anche vittorie".
Il "carattere" è alla base di ogni individuo, non si può non osservare il carattere. Occorre evitare di andare, come si dice, contropelo (facendo l'esempio del gatto). E io sono convinta che ognuno ha una propria passione visibile o nascosta, occorre solo saperla cogliere ed essa sarà di aiuto nella struttura della propria personalità.
Nella mia pratica professionale faccio spesso appello alle passioni, sia che le persone siano adulte sia bambini o adolescenti. Infatti, poiché il carattere ha un processo più lento rispetto ad altre situazioni che vanno veloci, osservarlo non è come guardare un oggetto che è tangibile e visibile, cioè reale per i propri sensi che lo riconoscono, ma significa anche osservarlo con quel tanto di efficienza scientifico-razionale necessaria a non farci vedere nella persona solo ciò che vogliamo vedere in funzione di qualcos'altro.
E’ stato dimostrato che quando una persona è immersa in un’attività creativa o coltiva la propria passione, riceve una serie di sollecitazioni a livello fisico, intellettuale ed emozionale che portano a mutamenti organici e psicologici che favoriscono il miglioramento della qualità della vita come benessere psico-fisico.
A mio avviso, il soggetto ha una percezione di Sé più positiva rafforzando, di conseguenza, anche la propria autostima, come si evince dal racconto della bambina di cui sopra in riferimento alla sua passione (equitazione). Altre passioni che possono stimolare i bambini possono essere: la danza, l'arte, il teatro, la musica, il canto, la lettura, lo sport, le visite ai musei, il giardinaggio, ecc…
Di seguito alcune teorie sulla passione di filosofi/psicologi noti:
- Sauvages delinea il disordine del nostro spirito o la follia, derivante dal fatto che non sappiamo frenare le nostre passioni e i nostri desideri. La passione non ha cessato di essere la superficie di contatto tra il corpo e l'anima, il punto in cui si incontrano l'attività e la passività di questa e di quello, pur restando nello stesso tempo il limite che essi si impongono reciprocamente e il luogo della loro comunicazione. La passione causa necessariamente certi movimenti degli umori. Le passioni furenti (collera, gioia, desiderio eccessivo) sarebbero cause o conseguenze della tensione eccessiva delle fibre nervose. Le passioni languenti (timore, noia, abbattimento, freddezza) sarebbero causate dalla debolezza del midollo cerebrale e dalle fibre nervose. La passione, indica su un piano più profondo, che l'anima e il corpo sono in un perenne rapporto metaforico scambievole. Inestricabile unità dell'ordine e del disordine, ossia della ragione e della s-ragione. La s-ragione classica, bisogna comprenderla non come ragione abbagliata, intesa come l'oscurità che regna nel cuore stesso di ciò che è eccessivo rispetto allo splendore della luce. La ragione abbagliata non vede nulla, ha l'immediata soppressione della visione stessa, si serve dell'immaginazione per vedere ciò che intende vedere. Lo spirito dei primitivi è un partner con cui il corpo ha una relazione ambivalente. Fin dai tempi della Grecia antica, l'uomo ha separato la ragione dalle passioni come affermano:
Aristotele: l’anima è solo ragione e la passione è malattia
Platone: sostiene che l'uomo deve "adoperarsi in ogni modo a tenere separate l'anima dal corpo", un'anima completamente razionale e un corpo destinato a sentire e a patire desideri e pulsioni. Rivalutando la dimensione emotiva si osserva come la parte razionale necessiti dell'aiuto della parte "irascibile" (irrazionale) per scovare la forza di agire.
- Il filosofo Cartesio spiega il funzionamento delle passioni attraverso il metodo fisiologico Corpo-Macchina, soffermandosi sulle passioni in generale e della loro relazione con il corpo, con l'anima e con l'unione di anima e corpo. Delle sei passioni primitive citando il desiderio, Cartesio sostiene che quando le passioni non sono considerate solo per sé, ma anche per l'azione che producono, esse eccitano il desiderio, per mezzo del quale regoliamo le nostre consuetudini. Infatti, esse non possono determinarci a nessuna azione se non per mezzo del desiderio che eccitano. Ma siccome il desiderio è sempre buono, quando segue una vera conoscenza, bisognerà avere speciale cura nel regolare tale desiderio distinguendo le cose che dipendono completamente da noi da quelle che non ne dipendono. Comunque, solo le prime sono desiderabili. Il filosofo priva il corpo del suo mondo e di tutte quelle formazioni di senso che si fondano sull'esperienza corporea. Due idee chiare e distinte, per il quale il termine "esistere" assunse quei significati per cui si esiste come "res extensa" o "res cogitans". Tuttavia a pensare è solo la res cogitans, si ottiene un corpo quale è concepito dall'intelletto o dalla ragione e non quale è vissuto dalla vita, un corpo inteso anatomico non un soggetto di vita. Scrive infatti Cartesio: "Siccome osservò che nessun'altra cosa appartiene necessariamente alla mia natura o alla mia esistenza, tranne l'essere una cosa pensante, concludo che la mia essenza consiste in ciò solo: che io sono una cosa pensante o una sostanza la cui essenza e natura è soltanto quella di pensare. E sebbene, forse (o piuttosto certamente come dirò subito), io abbia un corpo, al quale sono assai strettamente congiunto, tuttavia, poiché da un lato ho una chiara e distinta idea di me stesso, in quanto sono solamente una cosa pensante e inestesa, e da un altro lato ho un'idea distinta del corpo, in quanto esso è solamente una cosa estesa e non pensante, è certo che questo io, cioè la mia anima, per la quale sono ciò che sono, è interamente e veramente distinta dal mio corpo, e può essere o esistere senza di lui".
Costretto a vivere la vita concepita dalla ragione, il corpo divenne un fascio di processi in terza persona: la vista, l'udito, il tatto; per ciascun processo il suo organo, le sue cause, la sua scienza specifica. Non importa se lo stesso Cartesio si accorse della differenza tra il corpo come è vissuto nel mondo della vita e il corpo come è concepito dall'uso dell'intelletto. La ragione cartesiana ribadisce che: "Se posso dubitare che io esisto, perché il mio corpo esista, non posso dubitare che io esisto, perché il mio corpo non è essenziale alla mia esistenza". Il filosofo, con ciò, non intende una separazione effettiva tra l'anima ed il corpo, ma solo la possibilità concettuale della separazione, che la mente o anima non è in alcun modo dipendente dal corpo. Di conseguenza, ciò che è una passione nell'anima è comunemente un'azione, un movimento nel corpo. Come è noto, Cartesio tentò di mediare il suo esasperato dualismo introducendo la "ghiandola pineale", a proposito della quale afferma: "Esaminando le cose con cura, mi sembra di aver stabilito con evidenza che la parte del corpo in cui l'anima esercita immediatamente le sue funzioni non è affatto il cuore, e nemmeno tutto il cervello, ma solo la parte più interna di questa, che è una certa ghiandola molto piccola, situata in mezzo alla sua sostanza, e sospesa sopra il condotto attraverso cui gli spiriti delle cavità interiori comunicano con quelli delle posteriori, in modo tale che i suoi più lievi movimenti possono mutare molto il corso degli spiriti, mentre, inversamente, i minimi mutamenti nel corso degli spiriti possono portare grandi cambiamenti nei movimenti di questa ghiandola".
Ma la ghiandola non bastava a ricomporre l'unità disfatta, per il semplice scopo che il corpo non è un oggetto se non come prodotto di una mente che lo oggettiva. E' possibile dire che, nel tentativo di superare il mentalismo cartesiano, il comportamentismo lo ripropone in un linguaggio nuovo fino a giungere alla scienza. Oggi, ciascuno di noi non fa alcuna fatica a rinunciare alla propria esperienza e a svalutare il proprio punto di vista sul corpo, per adottare il punto di vista della scienza e la sua definizione oggettiva, dove le uniche relazioni possibili sono quelle fisico-chimiche, perché sono le sole che si possono esattamente calcolare. In questo modo il nostro corpo non è più il nostro punto di vista sul mondo, ma un oggetto di questo mondo. Con l'interiorizzazione dell'anima e della coscienza, il nostro corpo resta racchiuso nel principio dell'identità. L'inconscio non è in grado di ridurre quel potere di reprimere l'anima su tutte le potenzialità simboliche del corpo, perché tra la coscienza e l'inconscio non c'è scambio simbolico, ma discontinuità, una forma di Io diviso.
- Spinoza definisce colui che soffoca le passioni né virtuoso né felice. E', per il filosofo olandese, lo sforzo, la pulsione, la tensione a conservarsi e ad incrementare il proprio essere. Esso, se riferito simultaneamente alla mente e al corpo, viene chiamato appetito. Il desiderio è, invece, il connubio tra appetito e la coscienza di sé. Questi sono gli elementi che fondano la nostra etica, consideriamo buono ciò verso cui ci spinge il nostro desiderio e cattivo ciò che lo ostacola. Ecco che, per essere felici, dobbiamo assecondare lo sforzo, aiutati dalla ragione, entrambi i poli (passione e ragione) ci costituiscono. Se, in Spinoza, non vi è rinuncia alle passioni, si avverte sempre tuttavia un tentativo di incanalare gli affetti e di possederli. Il problema è, allora, quello di rendere il desiderio, le passioni, consapevoli di sé, trasformandole da forze produttrici di passività e schiavitù della mente in affetti attivi, illuminati dalla ragione. Affetti, dunque, che liberati dalla propria inespressività vengono così potenziati.
- A questo punto mi pare doveroso citare Nietzsche, il quale sostiene: "combattere gli istinti è sintomo di malattia". L'autore afferma che le passioni, con il tempo, si raffinano, poiché entrano nella vena dello spirito, si uniscono ad esso e in questo modo le passioni divengono il suo nutrimento. La passione, nelle sue manifestazioni non ancora raffinate è cosa stupida ed è proprio per sconfiggere questa stupidità insita nelle passioni che il cristianesimo ha posto una morale dello sradicamento della passione come condotta virtuosa. Ma il poeta tedesco nota come lo sradicamento completo della passione è lo sradicamento della vita stessa. Tolta la passione, tolta la vita. Per lui la morale cattolica è dunque una forma di negazione della volontà di vivere (un sintomo di décandence). Nietzsche nota come il bisogno del moralista di sradicare totalmente la passione è posto proprio dagli individui che non hanno abbastanza forza per opporsi alle passioni. Egli così scrive: "La mia ripristinata ragione dice: se un popolo va in rovina, degenera fisiologicamente, ne conseguono vizio e lusso (cioè il bisogno di stimoli sempre più forti e frequenti, come è noto a ogni natura esausta)". Il tema centrale della filosofia di Nietzsche è sostanzialmente l'autentico e originario movimento della vita, è il divenire, poiché il divenire non è menzogna, tutto il resto lo è. Il divenire, la vita stessa, si manifesta nella fisiologia umana, liberare la fisiologia dagli ostacoli che impediscono all'impulso vitale di fluire piano e impetuoso nell'uomo è il compito supremo del super-uomo e della nuova umanità. Con il divenire viene accettato in toto ogni aspetto della vita, il tragico e il lieto, la vita e la morte, la produzione e l'annientamento.
- Fritz Perls, privilegia l'individuo e concentra poi la sua attenzione ai processi corporei, al non verbale, all'esperienza attuale e al "qui ed ora". Secondo il gestaltista, anche se viviamo in una società folle che tende a produrre individui nevrotici, tuttavia la sofferenza psichica non è attribuibile tutta o soltanto alla società, tout court, poiché individuo e ambiente fanno parte di uno stesso campo, sono entrambi elementi di un intero. Argomentando più in dettaglio si può affermare con Perls che le difficoltà del singolo individuo nascono nel momento in cui i suoi bisogni entrano in conflitto con quelli sociali. In definitiva, l’equilibrio psico-fisico del soggetto dipenderebbe dalla risposta o dal modo in cui noi viviamo le sollecitazioni esterne.
- Per A. Lowen, il corpo è la persona. Qualunque problema presente nella personalità si manifesta sia nell'espressione corporea sia in quella psicologica. "Ogni esperienza vissuta si struttura nel corpo del soggetto così come si struttura nella sua mente".
- Umberto Galimberti, infatti, sostiene che "quando la parola tace, è il corpo a incaricarsi direttamente del messaggio, attraverso quella serie di sintomi che possono essere ascoltati, e quindi immessi nella circolazione dello scambio simbolico, o curati e quindi messi a tacere". Senza passione si vive malissimo. La passione ci trasmette luce su ciò per cui vale la pena vivere. Se il cuore di un individuo fosse spento ad ogni emozione e la sua ragione fosse distaccata da ogni inquietudine faticherebbe a cogliere la propria essenza. Se ci lasciamo guidare solo dalla ragione, la vita diviene monotona, se prevale la passione la vita ci allarma. Entrambe diventano il cammino della nostra anima verso ciò che è sublime e puro.
Mi auguro che nella vita di tutti sia presente una passione come lo è per me. Sono convinta che essa ci sostiene nei momenti più bui. L'avere fiducia in me stessa e nella mia tenacia, affrontare gli ostacoli, mi ha permesso di raggiungere risultati importanti nella mia vita. George Bernard Shaw recita: "L'uomo ragionevole adatta se stesso al mondo, quello irragionevole insiste nel cercare di adattare il mondo a se stesso. Così il progresso dipende dagli uomini irragionevoli". Negli anni si faceva dentro di me sempre più forte la consapevolezza dell'importanza del corpo come fattore che entra in gioco nella vita psichica dell'individuo e di cui, talvolta, si trascurano diversi aspetti fondamentali, come ad esempio la gestualità.
Enucleando i punti essenziali delle mie esperienze di psicologa libero professionista cerco di vivere sempre con passione e autenticità. Per questo motivo ho cercato di comunicare entusiasmo, chiarezza e semplicità e non ho mai perso di vista l’obiettivo di domandarmi che cosa volessi ottenere dalla vita. Di certo un lavoro appassionante, ma anche coltivare la mia antica passione: "la danza", che racchiude per me, il desiderio verso la mia maggiore pienezza e produttività di libertà interiore. Uno spazio in cui si annulla l'idea di "perfezione" con la quale siamo abituati a convivere nel nostro quotidiano, perché non si è mai uguali a livello emozionale; anche in base al contesto in cui si danza (piazza, teatro, palcoscenico) può variare la propria forma espressiva.
La danza è popolare, distensiva, richiama il ritmo, la gestualità corporea, il movimento innato o un bisogno primario che sperimento ogni volta passo dopo passo, brivido dopo brivido e non è quasi mai simile alla performance precedente. La parola tace e prende parola il corpo nel suo centro dove racchiude gioia e condivisione con l'altro danzatore, l'uno trasmette la propria passione all'altro poiché non si tratta di tecnica, ma di quel piacere spontaneo di danzare che è scritto nei propri corpi. Appartiene alla fisiologia di base che le nostre emozioni, evocate dalla musica, si traducono immediatamente in movimento corporeo.
"Il danzatore è colui che sa incidere il tempo". Si tratta, dunque, di un'attività del tutto naturale, che ci attrae e diverte in ogni fase della vita. Allontanando qualsiasi forma di pensiero a livello cognitivo ed entrando così in uno stato di energia ANIMUS e energia ANIMA. Diceva Boccaccio, commentando Dante, che quando Anima, il vento vivo e intimo, tende a qualcosa di esterno e desidera qualcosa, allora si muta in Animus cioè soffio e respiro. Ogni momento di danza "qui ed ora" come direbbe Perls, è unico perché se i due danzatori ballano attraverso l'anima, i corpi sono leggeri come due farfalle in volo che creano una sorta di disegno attraverso la loro gestualità. I due corpi si ascoltano reciprocamente accogliendo la diversità della personalità fino ad arrivare a una sottile complicità, che mi sento di definire "relazione", che in quel silenzio crea un'elevata libertà, armonia, vigorosità, follia. Si tratta, secondo me, di corpi in continua evoluzione sia verso se stessi che verso l'altro. Il ballo avviene su melodie di straordinario fascino ripercorrendo le fasi dell'amore. E' una vera e propria relazione silenziosa fatta di gestualità del corpo e di sguardi (un'estrema vivacità degli occhi che comunicano complicità, ma anche sfida).
Di conseguenza viene a crearsi un vero e proprio dialogo in cui l'uomo corteggia la donna e tenta di sedurla. Pertanto, la danza inebria la coppia nutrendola di estasi e follia, a tal punto da esprimersi nella propria interezza. Nella tradizione popolare, il modo di usare i piedi è la base di ogni movimento. Sono i piedi a decidere lo spostarsi del corpo nello spazio. E' nel piede che si vede un tipo particolare di vita come in un microcosmo. Nei bambini neonati la vita passa come un flusso nell'intero corpo, e appare evidente se si osservano le dita dei suoi piedi in continuo movimento. Il ritmo si ritrova nelle più antiche danze strumentali, portano il nome di "estampies". L'estampida sarebbe una danza in cui il tempo accentuato era marcato da un colpo battuto col piede da tutti i danzatori e questa caratteristica avrebbe dato il nome alla danza. Infatti, la danza è il movimento del corpo umano nella sfera del ritmo. Nella cultura greca e in molte altre, si paragona il corpo a uno strumento a percussione (anima = battito, vibrazione, ritmo).
Per Socrate la danza trasmette al corpo delle proporzioni armoniose; egli afferma: "l'uomo che danza meglio è il miglior guerriero". Per Platone si tratta di un'educazione completa: fisica, estetica e filosofica. "Il ritmo è un'emozione che si scarica in movimenti ordinati". Parafrasando Michel Foucault, la possibilità della follia è offerta nel fatto stesso della passione. Quella libertà offerta alla follia di penetrare nel mondo della ragione, quella follia che investe il corpo e l'anima è liberazione. In altri termini, cominciando con la passione, la follia non è ancora che un movimento vivo nell'unità razionale dell'anima e del corpo. Il folle è innocente, cioè irresponsabile perché è incatenato dal substrato psicologico delle sue passioni violente, dei suoi desideri e delle sue immagini.
Per Jacques Lacan psichiatra, filosofo francese, psicoanalista, la danza costituisce un legame con l'immagine dell'altro, e cattura il corpo in una figura, che è figura di ritmo, ma che è anche una figurazione del corpo. La danza è quel che mette il corpo, l'esistenza bruta del corpo, in quella che Deleuze avrebbe chiamato un'immagine/movimento, e in questo modo, la danza, serve il corpo facendolo entrare in un CORPO-DESIDERIO. Quel che conferisce esistenza al corpo umano è il godimento per Lacan, è la relazione dell'essere parlante con il suo corpo.
"Io posso chiamarmi PERSONA quando sento la mia anima in totale armonia sperimentando il rigore, la libertà di espressione, di movimento e di estasi! Attraverso il percuotere la terra col piede la mia passione si accentua. Non mi piace parlare di terapia o di cura riferendomi alla danza tradizionale della mia cultura di appartenenza, io parlo di follia" (citaz. di A. Gagliano).
"Il ballo popolare non è una tecnica come può esserlo, ad esempio, la danza classica, non è previsto un copione dei passi alla perfezione, né l'imitazione del ballo degli anziani, ma è personalizzato in base alle proprie emozioni, perché ognuno è unico e irripetibile e personalizza la propria danza in base alle proprie esperienze e passioni" (citaz. di A.Gagliano).
Mi piace concludere rivolgendomi ai GENITORI che, talvolta, oscurano quella passione che sarebbe la vera inclinazione del figlio perché nella scelta della passione, spesso, i genitori si sostituiscono ai bambini. Il buon senso suggerisce di dare spazio alla spontanea iniziativa dei bambini; in effetti, la passione si può apprendere sia dall'ambiente familiare sia dall'ambiente sociale dove poter sviluppare la curiosità per ciò che li circonda.
Dott.ssa Aurelia Gagliano
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