Quando si è in difficoltà, a cosa serve un coach?


Quali sono i motivi che spingono a cercare aiuto e come un coach può aiutare?
Quando si è in difficoltà, a cosa serve un coach?
Perché rivolgersi ad un coach e che cosa succede durante una sessione sono domande che anche i meno curiosi si fanno.
Partiamo dal setting, che può essere un incontro presso lo studio del coach, in azienda o da remoto su skype. Quest’ultima possibilità è generalmente sfruttata in occasione di esagerate distanze o lunghi tempi di lavoro, quando ci si riesce a ritagliare un’ora nella giornata ma non di più.
Ciascuno di noi può trovare difficoltà in momenti particolarmente complessi della propria vita o in ambiti specifici dove ci si sente impotenti o soli: una nuova responsabilità nell’organizzazione quotidiana, come ad esempio doversi far carico di un familiare malato, o essere messi di fronte ad una decisione da prendere, come ad esempio cambiare città per una buona opportunità lavorativa, possono condurre ad uno stravolgimento dove l’individuo non sa più che cosa fare e quale sia il modo migliore per proseguire.

La sessione con il coach ha lo scopo quindi di aiutare la persona ad effettuare scelte responsabili e autonome e con una buona probabilità di successo rispetto al raggiungimento dei propri obiettivi.
Quali sono le condizioni che facilitano questo processo?
L’ascolto attivo del coach, che lascia il tempo necessario al cliente per elaborare il proprio pensiero e raccontarlo, senza farlo indulgere nei ricordi, ma sollecitando un atteggiamento di esplorazione e costruzione di significato (perché ho paura, che cosa significa per me questo passo, come mi sono comportato nel passato in situazioni simili...).
L’accettazione incondizionata e priva di giudizio sui racconti fatti dal cliente, perché non si è davanti ad un giudice ma ad un altro essere umano che assieme cercano la strada migliore per tornare al ricercato benessere temporaneamente perduto.
Un aiuto concreto da parte del coach nel riconoscere il problema, che alle volte può essere nascosto da urgenze più superficiali o comunque non radicali. Anche questa fase può non essere semplice: non si va d’accordo con la suocera/capo/figli/compagno..., ma quali sono veramente gli aspetti che creano contrasti e che cosa scatenano in noi? Non semplice riuscire a puntare il dito sull’aspetto sottostante, oltre la barriera della cattiva relazione.
La rivelazione di "giochi" relazionali quando implicano delle sofferenze, perché messi in atto per avere dei tornaconti personali legati spesso a bisogni passati che si ripresentano come automatismi nell’oggi, che portano, oggi come allora, a comportamenti spiacevoli. Si offre così l’opportunità di svelare i propri schemi di pensiero ed azione ed usare meglio le risorse per raggiungere i propri obiettivi.
L’uso di tecniche che permettono di relazionarsi al qui e ora e alla risoluzione di problemi, piuttosto che rimanere invischiati nel passato o lasciarsi prendere dalla lamentela senza costrutto.
Infine, la focalizzazione sulle risorse presenti nell’individuo, un riconoscimento ed un miglioramento dell’utilizzo per una crescita dell’autoefficacia nella propria vita, anche utilizzandole come ponte per impiegarle in nuovi ambiti.
Il coach non risolve problemi, ma mette in atto la sua competenza per aiutare la persona a risolverli.
Come commento finale, cito una mia cliente, che dà la sua opinione sui risultati della nostra relazione di coaching: ho trovato spesso spunti di riflessione nuovi, cambi di prospettiva rispetto ai problemi quotidiani, ho preso decisioni e ho fatto scelte che non avrei creduto di fare.

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di barbara fossi

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