Quantitative easing e mercati azionari, quale correlazione?

Nel corso dell’ultimo decennio le principali Banche Centrali hanno dovuto ricorrere sempre di più a strumenti non convenzionali di politica monetaria: quello che è successo nel 2007/2008, con il fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008 assurto a simbolo della più grande crisi finanziaria dal 1929, ha probabilmente cambiato irreversibilmente la storia dei mercati finanziari globali e di conseguenza anche alcuni suoi paradigmi.
Nel grafico sopra è riportato l’andamento del principale mercato azionario mondiale, l’S&P 500, in relazione al bilancio della Federal Reserve americana, evidenziando le principali operazioni straordinarie che quest’ultima ha dovuto compiere, tramite il famigerato Quantitative Easing.
Ma cos’è il Quantitative Easing (QE da ora in poi)?: in italiano “allentamento quantitativo”, si tratta in termini semplici di un’operazione di politica monetaria non convenzionale messa in atto da una Banca Centrale che acquista direttamente sul mercato titoli obbligazionari pubblici ed anche privati, con lo scopo di immettere liquidità nel sistema economico e favorirne la crescita.
Non è scopo di questo articolo valutarne pro e contro o analizzarne gli effetti sull’economia reale: oltre ad essere un argomento particolarmente tedioso, la letteratura economica è in continua evoluzione sul tema, stante l’attualità delle politiche adottate e l’impossibilità di valutarne gli effetti sul lungo termine.
È interessante, invece, notare come i mercati azionari abbiano sempre beneficiato di queste operazioni. La relazione è abbastanza semplice (e resa in maniera semplicistica per facilità di lettura…in finanza non c’è nulla di lineare!): l’acquisto di titoli obbligazionari da parte delle Banche Centrali ha come effetto un calo generalizzato dei tassi, cosa che spinge sempre più investitori ad aumentare la percentuale di titoli rischiosi in portafoglio, la liquidità è sempre più abbondante, et voilà, a parte qualche episodio di normale volatilità, abbiamo 10 anni di rialzi generalizzati del mercato azionario!
Altrettanto interessante è verificare che buona parte dei movimenti negativi dei mercati nel corso di questi ultimi 10 anni si è verificata o al termine di uno dei programmi di QE o comunque quando la Banca Centrale ha deciso di ridurre il proprio bilancio: caso emblematico il 2018, quando al venir meno del supporto costante della Fed (notare la linea discendente verde che comincia a gen/feb 18) si sono aggiunti i noti problemi relativi alla guerra commerciale tra Usa e Cina ed il relativo rallentamento economico derivatone.
Ed arriviamo al punto: sono forse questi i sintomi di un mercato sempre più dipendente dall’operato delle Banche Centrali? Sembrerebbe proprio di sì. Infatti, a fronte di un rallentamento dell’economia, recentemente in Europa sono stati ulteriormente tagliati i tassi, promosso un nuovo QE (di importo contenuto, ma a differenza dei precedenti senza scadenza – “stile metadone”) e negli Usa hanno cominciato a ridurre i tassi di interesse dopo 10 anni e ad ampliare nuovamente il bilancio della Fed.
MA ATTENZIONE: ciò non vuol dire che siamo di fronte ad un altro periodo prolungato di rialzi sui mercati! Se guardate bene il grafico, gli effetti del bilancio della Fed sull’andamento delle borse non è automatico e, soprattutto, non è esente da periodi intensi e/o più o meno prolungati di comportamenti in senso opposto. Rimane, comunque, un indicatore valido per capire quanto possano essere ancora sostenibili livelli così elevati per le borse mondiali, americana in particolare: l’aiuto di un serio e preparato Consulente Finanziario rimane, comunque, imprescindibile per una corretta pianificazione del proprio patrimonio.
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