Reato di minaccia: cos’è cambiato con la recente riforma?


Con la nuova legge anche la minaccia grave è divenuta procedibile a querela di parte
Reato di minaccia: cos’è cambiato con la recente riforma?

Il decreto legislativo n. 36 del 2018 ha modificato la procedibilità di una serie di reati previsti dal nostro codice penale, tra cui quello di minaccia disciplinato dall’articolo 612, ovvero uno degli illeciti di cui più spesso ci si occupa nelle aule di giustizia. Fino a pochi mesi fa la minaccia lieve era procedibile solo a querela di parte, mentre per la minaccia grave si procedeva d’ufficio. La riforma ha reso anche la seconda fattispecie procedibile soltanto a querela della persona offesa, con una sola eccezione: la procedibilità d’ufficio è mantenuta se la minaccia grave è commessa con uno dei mezzi indicati dall’art. 339 del codice penale, ossia mediante armi, da persona travisata (cioè da un soggetto che prima di commettere il delitto altera le proprie sembianze per non essere riconosciuto) o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico.

Quando un reato è procedibile solamente a querela di parte, i termini per proporla sono di 90 giorni. Chi è stato vittima di una minaccia, lieve o grave che sia, deve attivarsi entro 3 mesi da quando l’ha subita, presentando querela personalmente, in una stazione di polizia giudiziaria (Carabinieri o Polizia di Stato), o rivolgendosi ad un legale e dandogli mandato per redigere l’atto di querela ed inoltrarlo alla magistratura competente. Se si è vittima di una minaccia perseguibile d’ufficio anche dopo l’entrata in vigore della riforma, si può presentare denuncia (non più querela), al fine di portare l’illecito a conoscenza delle autorità inquirenti e far aprire il procedimento penale, anche dopo il termine dei 3 mesi.

E chi non è vittima, ma accusato, di un reato di minaccia, cosa rischia?

La pena per la minaccia lieve è pecuniaria, e consiste in una multa dell’importo massimo di 1.032 Euro, mentre per la minaccia grave, sia essa perseguibile a querela o d’ufficio, è prevista la reclusione fino ad un anno. Nel caso in cui il reato sia perseguibile a querela, l’accusato può evitare il processo e l’eventuale condanna tentando di riconciliarsi con la persona offesa, ovvero offrendole un ristoro del danno subito ed eventualmente presentandole le proprie scuse; se la persona offesa ritiene di accettare la riparazione proposta, può ritirare la querela, mediante quell’atto formale chiamato remissione, cui deve seguire l’accettazione da parte dell’indagato/imputato. Remissione della querela e successiva accettazione della remissione possono presentarsi tramite polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari o dopo che essa si è conclusa, ma prima che si svolga l’udienza; l’accordo può essere formalizzato anche alla prima udienza davanti al giudice competente. Sia se si è accusati, sia se si è persone offese, è bene consigliarsi con il proprio legale al fine di decidere se fare una proposta conciliativa o accettarla, e anche per determinare le condizioni e il momento più opportuno per tentare di arrivare ad un accordo. Ciò vale non solo per la minaccia, ma per tutti i reati perseguibili a querela di parte.

Se la querela è rimessa e la remissione è accettata il reato si estingue. Qualora non si riesca a raggiungere questo obiettivo, o la minaccia sia perseguibile d’ufficio (nei casi in cui è rimasta tale), la persona offesa potrà costituirsi parte civile nel processo penale per ottenere, in caso di condanna dell’imputato, il risarcimento dei danni subiti.

Per chi, invece, dovesse andare incontro ad una condanna definitiva per una delle forme aggravate di questo reato, se non ha riportato condanne in precedenza non si apriranno le porte del carcere, in quanto la pena detentiva che si può infliggere è ben al di sotto del limite di due anni entro il quale il condannato può chiedere ed ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena: basterà non riportare altre condanne nei cinque anni successivi alla sentenza e il reato di minaccia, con la relativa pena, si estinguerà.

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di Avv. Cristina De Marchi

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