Recuperabilità delle somme spese a favore dell'ex convivente


Il pagamento di una somma di denaro tra conviventi è considerata obbligazione naturale, quindi non rimborsabile, se proporzionata alla capacità reddituale delle parti
Recuperabilità delle somme spese a favore dell'ex convivente

Così si è espressa Cass. Civ. sez. VI n. 18721 del 01/07/2021 statuendo che, nell'ambito di una convivenza di fatto, il pagamento di una somma necessaria alla ristrutturazione dell'immobile adibito a casa familiare ma di proprietà dell’altro convivente, si configura come adempimento di un'obbligazione naturale, allorché la prestazione sia contenuta nei limiti di proporzionalità e di capacità reddituale di chi ha effettuato il pagamento. La Cassazione, quindi, ritenendo che si trattasse di un'obbligazione naturale ne ha stabilito la non rimborsabilità.

Il Primo Grado

Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di un uomo volta ad ottenere la condanna al pagamento di una determinata somma, 92.000 euro, da questi pagata alla ex convivente per opere di ristrutturazione dell'immobile di proprietà esclusiva della donna, ma utilizzato da entrambi ai fini della convivenza, ritenendo che dette somme non potessero ricondursi alla solidarietà conseguente alla convivenza stessa.

Le motivazioni del giudice di prime cure si erano basate sulla considerazione sia della durata della convivenza (soli quattro anni) sia delle ulteriori spese sostenute dall'uomo per mantenere la famiglia, sia dell'esclusivo vantaggio ottenuto dalla convivente (proprietaria dell'immobile) nonché della consistenza della somma impiegata, in proporzione al reddito dell'attore oltre che del suo patrimonio complessivo.

Il Secondo Grado

La Corte d'appello competente aveva, invece, ribaltato la decisione dando ragione alla donna, poiché detta Corte aveva ritenuto che l'attore avesse prestato il consenso al verificarsi di tale squilibrio patrimoniale, in considerazione della sua partecipazione attiva e diretta alla ristrutturazione nonché alla scelta di materiali e arredi molto costosi, rispetto ai quali la convivente si era più volte opposta.

La Corte d'appello, quindi, riteneva di dover qualificare tali esborsi come un'obbligazione naturale che trova la propria giustificazione in quei doveri - di carattere morale e civile - di solidarietà e reciproca assistenza fra conviventi. Riteneva altresì la Corte d'appello che vi fosse una proporzionalità tra la somma erogata ed i mezzi del disponente, avendo lo stesso un patrimonio complessivo valutabile in 500.000 euro al momento di cessazione della convivenza.

La Cassazione

La causa, quindi, giungeva dinanzi alla Corte di Cassazione la quale confermava la decisione dei giudici dell'appello ritenendo anch'essa che le modalità e l'importo del conferimento in questione dovessero essere ricondotti nell'alveo delle obbligazioni naturali, quindi in adempimento di un dovere morale e sociale, con la conseguente irripetibilità ex art. 2034 c.c. delle somme stesse.

In tale caso, quindi, secondo la Suprema Corte, non sarebbe possibile invocare l'ingiusto arricchimento di un soggetto a danno dell'altro danno che invece sarebbe configurabile - in caso di convivenza - solo qualora le prestazioni a vantaggio di uno dei conviventi non rientrassero nel mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto more uxorio oppure perché, pur rientrandovi, sarebbero sproporzionate rispetto alle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti la famiglia di fatto.

L'importanza della sentenza in questione risiede nella conferma dell'orientamento della giurisprudenza della Cassazione secondo la quale nel menage familiare delle convivenze di fatto, si configura un dovere reciproco di assistenza e di contribuzione analogo a quello previsto dall'art. 143 c.c. per i rapporti tra coniugi, con la conseguenza che le prestazioni patrimoniali compiute nell'ambito della famiglia di fatto assumono pertanto i caratteri della doverosità.

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di Avv. Antonio Marelli

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