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Recupero crediti e titolarità della posizione soggettiva


È inefficace il precetto se il presunto creditore non prova la titolarità del credito e legittimazione attiva ad agire per il credito vantato
Recupero crediti e titolarità della posizione soggettiva

Può capitare, non di rado a dir la verità, che le società cessionarie del credito di una banca  avviino un ricorso per decreto ingiuntivo per il recupero del credito nei confronti di privati o società. Spesso, però, i contratti di cessione del credito non vengono prodotti per provare l’effettiva corrispondenza tra il credito vantato e la titolarità attiva del creditore. La conseguenza, per la società cessionaria del credito, è l’impossibilità e di ottenere atti di ingiunzione efficaci nei confronti dei debitori.

E’, questo, uno dei casi che sto seguendo come legale e che vede contrapposte diverse società per un credito acceso presso una banca toscana e che ha visto la fondatezza dell’opposizione di un atto di precetto da parte della mia assistita.

 

Il caso presso il Tribunale di Arezzo

Una società di costruzioni e un’altra azienda citata in causa in qualità di terzo datore di ipoteca sono state raggiunte da un decreto ingiuntivo emesso dal giudice del Tribunale di Arezzo in base al quale gli è stato intimato di saldare il debito con una banca.
Successivamente, tale credito è stato ceduto a una società per azioni che, a sua volta, lo ha “girato” a un’altra società a responsabilità limitata.
Quest’ultima, in forza del decreto ingiuntivo originario (in cui titolare del credito era la banca), ha notificato un atto di precetto per una somma superiore ai 317 mila euro (mentre quella ingiunta nel decreto ingiuntivo citato era di circa 149 mila euro).
Successivamente all’atto di precetto, le mie assistite hanno proposto opposizione, sempre dinanzi al Tribunale di Arezzo per veder riconosciuta la infondatezza della pretesa pecuniaria.

Avverso l’atto di precetto è stato, quindi, avanzata opposizione dal mio studio legale deducendo differenti motivi tra cui:
-    il difetto di legittimazione attiva e, conseguentemente, di legittimazione processuale in capo alla creditrice
-    il difetto di notificazione del decreto ingiuntivo in forza del quale è stato notificato il successivo atto di precetto
-    la prescrizione del credito azionato
-    l’erronea quantificazione degli interessi e la natura usuraria degli stessi (il capitale preso a prestito ammontava a circa 149 mila euro)

Con la sentenza n. 370/2023 pubblicata il 19 aprile scorso, il Tribunale di Arezzo ha considerato fondata l’opposizione al precetto per quanto riguarda il difetto di legittimazione attiva e, di conseguenza, è risultato superfluo al Giudice pronunciarsi sui restanti motivi di ricorso.

 

Il difetto di legittimazione attiva della creditrice

Alla base dell’inefficacia del precetto ci sarebbe la mancata “prova che le cessioni intercorse tra la OMISSIS, a favore del quale è stato emesso il decreto ingiuntivo OMISSIS posto a fondamento del precetto opposto, alla OMISSIS, e quindi da quest’ultima alla OMISSIS abbiano avuto ad oggetto il credito di cui al citato decreto ingiuntivo”.

In altre parole, la società cessionaria precettante non è riuscita a provare che il credito oggetto del decreto ingiuntivo di cui era inizialmente titolare la banca toscana, sia stato effettivamente trasferito da quest’ultima a una prima società per azioni e, da questa seconda, all’ultima società Srl che ha proposto atto di precetto. 

Semplificando, in questi passaggi di mano tra l’istituto di credito e le altre due aziende, si è “persa” la prova dell’effettiva titolarità del credito in capo all’azienda che ha notificato l’atto di precetto.

Per il Tribunale di Arezzo, dunque, vi è carenza della prova della titolarità del credito da parte della società che ha ricevuto in “eredità” il credito avanzato verso le mie assistite.
Il fatto che la stessa società Srl abbia prodotto due certificati notarili che attestavano l’elenco dei crediti ceduti in blocco dalla banca alla Spa e da quest’ultima alla Srl controparte, non è stato sufficiente per il giudice quale prova “dovendosi verificare se il diritto azionato in giudizio appartenga effettivamente a chi assume di esserne titolare. Quindi, rappresentando la titolarità del diritto azionato in giudizio un elemento costitutivo della domanda, la parte che promuove un giudizio, in base alla regola probatoria contenuta nell’art. 2697 c.c., deve provare di essere titolare della posizione giuridica soggettiva dedotta in lite”.

 

La mancata prova della titolarità del credito

Nel caso in questione è mancata, da parte della società che ha intimato l’atto di precetto, la prova di essere l’effettiva titolare del credito

Sul punto, il giudice di prime cure ha sottolineato nella sentenza come “secondo la recente giurisprudenza di legittimità la parte agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale (…)”.

Tale prova è mancata poiché:
-    i certificati notarili non hanno dimostrato la corrispondenza univoca tra il credito inserito negli elenchi e la titolarità in capo alla controparte
-    in tali certificati notarili, inoltre, sono ricompresi i crediti ceduti in blocco da una società all’altra senza tuttavia fare menzione dell’eventuale trasferimento di privilegi e garanzie unitamente a detti crediti. Perciò non si evince che lo specifico credito oggetto di causa sia ricompreso nelle cessioni intercorse.
-    l’avviso di cessione tra la banca e le successive società pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non è da considerarsi prova della titolarità dei crediti ceduti nei vari passaggi di proprietà

A fronte di tutto ciò, il Giudice ha affermato nella sentenza citata che “l’opposta non ha prodotto alcuna documentazione utile che consenta di verificare a quale codice numerico fosse associato il credito oggetto di causa, tenuto altresì conto che le somme ivi indicate non corrispondono a quelle azionate”.
Inoltre, “non sono stati prodotti neanche gli avvisi di cessione pubblicati in Gazzetta Ufficiale (…) da cui poter verificare se la pretesa azionata fosse in possesso dei requisiti prescritti dall’avviso”.

 

La difesa contro le pretese delle banche e delle loro cessionarie dei crediti

Il caso esposto è soltanto uno dei tanti che mi sono trovato ad affrontare nel corso della mia carriera in cui privati o società hanno dovuto difendersi dinanzi a un giudice contro le pretese creditizie degli istituti di credito.

Ormai, frequentemente, i Tribunali sentenziano come infondate le azioni giudiziarie promosse dalle Banche e dalle loro cessionarie. Spesso queste ultime compiono azioni commerciali senza registrare i contratti, motivo per cui è carente la loro legittimazione attiva e, quindi, viene contestata la titolarità del credito ingiunto.

Ugualmente, sono spesso praticate omissioni nei contratti bancari, come per esempio nell’ambito del calcolo degli interessi. Non sono pochi i contratti di mutuo fondiario con ammortamento alla francese in cui non viene esplicitamente dichiarato se gli interessi calcolati siano semplici o composti. Tale mancanza può essere provata dinanzi a un giudice, con il conseguente ricalcolo del piano di ammortamento con gli interessi legali e conseguente soccombenza della banca.

Detto ciò, prima di prendere decisioni affrettate in caso di controversie con gli intermediari finanziari è bene consultare un legale esperto di diritto bancario.

Il mio studio è a vostra disposizione nel caso abbiate bisogno di consulenza e assistenza legale.
Avv. Paolo Leucalitti

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