Recupero crediti: nuovi strumenti di ricerca
Con l’introduzione dell’art. 492 bis c.p.c, sono offerti nuovi incisivi strumenti per la tutela del credito. Al momento vi provvede l’avvocato

Il creditore di una somma di denaro che abbia ottenuto un titolo esecutivo (come sentenza o decreto ingiuntivo), vorrà attivarsi per ottenere esecutivamente il pagamento del credito, se il proprio debitore non vi assolve spontaneamente.
Per procedere esecutivamente il creditore deve prima conoscere se e dove il debitore possegga dei beni da aggredire, siano essi beni immobili o mobili o crediti da riscuotere presso terzi (pensioni, retribuzioni, depositi bancari).
Questa ricerca può essere difficoltosa, spesso casuale, ovvero affidata a società di investigazione private con incremento dei costi di recupero del credito. Ciò comporta che il creditore rinunci a mettere in esecuzione il titolo per eccesso di costi e improbabilità di recupero anche delle spese.
Da alcuni anni gli avvocati hanno la possibilità di accedere a diverse banche dati pubbliche (catasto, camere di commercio, p.r.a., anagrafe dei cittadini) non sufficienti però ad avere un canale sicuro per il recupero diretto del credito.
Ciò almeno fino ad una recente novella del codice di procedura civile, volta ad agevolare il creditore.
L’art. 19 comma 1 lettera d) del D.L. 132/2014 (come inseguito modificato) ha inserito nel codice di procedura civile l’art. 492bis, rubricato "Ricerca con modalità telematiche di beni da pignorare".
Quest’articolo ha una portata dirompente, consentendo al creditore di avere accesso a banche dati di conti correnti o strumenti finanziari intestati al debitore, cosa in passato inibita.
Per quanto qui interessa, la norma in esame prevede che il creditore, per tramite del proprio difensore, possa chiedere (con un ricorso in volontaria giurisdizione) al presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, l'autorizzazione alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, previa verifica del diritto a procedere ad esecuzione forzata.
L’attività di accesso e ricerca (e quella successiva di natura esecutiva e di apprensione dei beni) è delegata all’ufficiale giudiziario, che, fermi alcuni limiti, può accedere mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, e in quelle degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.
Questa novità introdotta nel sistema delle esecuzioni civili è sicuramente una delle migliori elaborate di recente dal legislatore, in quanto dà speranza ai tanti creditori di poter vedere soddisfatti i propri diritti, prima vanificati da eccessivi schermi.
Invero la sua applicazione diretta è ancora parzialmente inattuata.
Infatti gli ufficiali giudiziari non hanno ancora i mezzi tecnici per poter accedere alle banche dati e non sono stati emanati i decreti attuativi previsti dall’art. 155-quater delle disp.att.c.p.c..
A ciò sopperisce l’art. 155—quinquies disp.att.c.p.c. che transitoriamente consente ai difensori del creditore l’accesso (indiretto) "quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche ... non sono funzionanti, il creditore, previa autorizzazione a norma dell'articolo 492-bis, primo comma, del codice, può ottenere dai gestori delle banche dati previste dal predetto articolo e dall'articolo 155-quater di queste disposizioni le informazioni nelle stesse contenute".
Ciò sarà possibile limitatamente a ciascuna delle banche dati comprese nell'anagrafe tributaria, ivi incluso l'archivio dei rapporti finanziari, nonché a quelle degli enti previdenziali, fintanto che non saranno ciascuna di esse inserite nell'elenco di cui all'articolo 155-quater, primo comma. Quando ciò avverrà la ricerca sarà possibile solo per tramite degli ufficiali giudiziari.
Comunque, ottenuta l’autorizzazione, il difensore trasmetterà all’agenzia delle Entrate, o all’ente previdenziale, il decreto e quindi, dietro pagamento di una tassa di accesso il cui importo dipende dal tipo di documento richiesto (rapporto finanziario, dichiarazione dei redditi ecc.) e dal numero di pagine da cui è composto.
Ottenute queste informazioni potrà decidere il tipo di procedura esecutiva da intraprendere (diretta sui beni del debitore o presso i terzi creditori o detentori dei beni).
Sarebbe auspicabile che il legislatore confermasse questa possibilità di accesso e ricerca anche agli avvocati e in alternativa agli ufficiali giudiziari, a cui in ogni caso è poi necessario rivolgersi per l’esecuzione e pignoramento dei beni.
Per procedere esecutivamente il creditore deve prima conoscere se e dove il debitore possegga dei beni da aggredire, siano essi beni immobili o mobili o crediti da riscuotere presso terzi (pensioni, retribuzioni, depositi bancari).
Questa ricerca può essere difficoltosa, spesso casuale, ovvero affidata a società di investigazione private con incremento dei costi di recupero del credito. Ciò comporta che il creditore rinunci a mettere in esecuzione il titolo per eccesso di costi e improbabilità di recupero anche delle spese.
Da alcuni anni gli avvocati hanno la possibilità di accedere a diverse banche dati pubbliche (catasto, camere di commercio, p.r.a., anagrafe dei cittadini) non sufficienti però ad avere un canale sicuro per il recupero diretto del credito.
Ciò almeno fino ad una recente novella del codice di procedura civile, volta ad agevolare il creditore.
L’art. 19 comma 1 lettera d) del D.L. 132/2014 (come inseguito modificato) ha inserito nel codice di procedura civile l’art. 492bis, rubricato "Ricerca con modalità telematiche di beni da pignorare".
Quest’articolo ha una portata dirompente, consentendo al creditore di avere accesso a banche dati di conti correnti o strumenti finanziari intestati al debitore, cosa in passato inibita.
Per quanto qui interessa, la norma in esame prevede che il creditore, per tramite del proprio difensore, possa chiedere (con un ricorso in volontaria giurisdizione) al presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, l'autorizzazione alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, previa verifica del diritto a procedere ad esecuzione forzata.
L’attività di accesso e ricerca (e quella successiva di natura esecutiva e di apprensione dei beni) è delegata all’ufficiale giudiziario, che, fermi alcuni limiti, può accedere mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, e in quelle degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.
Questa novità introdotta nel sistema delle esecuzioni civili è sicuramente una delle migliori elaborate di recente dal legislatore, in quanto dà speranza ai tanti creditori di poter vedere soddisfatti i propri diritti, prima vanificati da eccessivi schermi.
Invero la sua applicazione diretta è ancora parzialmente inattuata.
Infatti gli ufficiali giudiziari non hanno ancora i mezzi tecnici per poter accedere alle banche dati e non sono stati emanati i decreti attuativi previsti dall’art. 155-quater delle disp.att.c.p.c..
A ciò sopperisce l’art. 155—quinquies disp.att.c.p.c. che transitoriamente consente ai difensori del creditore l’accesso (indiretto) "quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche ... non sono funzionanti, il creditore, previa autorizzazione a norma dell'articolo 492-bis, primo comma, del codice, può ottenere dai gestori delle banche dati previste dal predetto articolo e dall'articolo 155-quater di queste disposizioni le informazioni nelle stesse contenute".
Ciò sarà possibile limitatamente a ciascuna delle banche dati comprese nell'anagrafe tributaria, ivi incluso l'archivio dei rapporti finanziari, nonché a quelle degli enti previdenziali, fintanto che non saranno ciascuna di esse inserite nell'elenco di cui all'articolo 155-quater, primo comma. Quando ciò avverrà la ricerca sarà possibile solo per tramite degli ufficiali giudiziari.
Comunque, ottenuta l’autorizzazione, il difensore trasmetterà all’agenzia delle Entrate, o all’ente previdenziale, il decreto e quindi, dietro pagamento di una tassa di accesso il cui importo dipende dal tipo di documento richiesto (rapporto finanziario, dichiarazione dei redditi ecc.) e dal numero di pagine da cui è composto.
Ottenute queste informazioni potrà decidere il tipo di procedura esecutiva da intraprendere (diretta sui beni del debitore o presso i terzi creditori o detentori dei beni).
Sarebbe auspicabile che il legislatore confermasse questa possibilità di accesso e ricerca anche agli avvocati e in alternativa agli ufficiali giudiziari, a cui in ogni caso è poi necessario rivolgersi per l’esecuzione e pignoramento dei beni.
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