Recupero crediti, quando si configura un abuso del diritto?


Anche l’eccesso di tutela del credito fatto valere in giudizio configura una ipotesi di abuso del diritto
Recupero crediti, quando si configura un abuso del diritto?
Il recupero di un credito non può tradursi in una illegittima proliferazione dei procedimenti posti in essere, sia di cognizione che esecutivi.
In altri termini, se ho un credito di € 20,00 non lo posso scomporre in € 5,00 e richiederne il pagamento in quattro processi dato che ciò porterebbe ad un aggravio di spese a carico del debitore.
La scissione strumentale del contenuto dell’obbligazione si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede ricavabile dal dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. che con quello della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. (Cass. Sez.Un. 15.11.2007 n.23726 e, fra le tante, in ultimo Cass.8381/15).

L’abuso del diritto è altresì ravvisabile anche nel processo esecutivo se si agisce con più azioni per il recupero separato della sorte capitale degli interessi e delle spese (Cass 09.04.2013 n. 8576).
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L’utilizzo improprio dell’azione giudiziale e/o del titolo esecutivo va, quindi, decisamente censurato in quanto provoca un indebito arricchimento di spese processuali.

La giurisprudenza ha infatti stigmatizzato questo modo di procedere e per lo più ha riunito in un unico processo i vari procedimenti, se iniziati in modo indebitamente parcellizzato.

Occorre anche evidenziare che lo scorretto utilizzo degli strumenti processuali è passibile di responsabilità disciplinare ai sensi dell’art. 66 del Codice Deontologico Forense -CDF).

Anche l’eccesso di tutela del credito fatto valere in giudizio configura una ipotesi di abuso del diritto.
Con una recentissima sentenza infatti (Cass 6533/2016) la Suprema Corte ha ritenuto responsabile il creditore di abuso del diritto per aver iscritto una ipoteca con un valore esorbitante rispetto a quello del credito vantato in giudizio ritenendo tale il valore che supera di un terzo, accresciuto degli accessori, il valore del detto credito.
Difatti secondo la Cassazione si ha abuso quando si "utilizza lo strumento processuale oltre lo scopo previsto dal legislatore per assicurarsi la maggiore garanzia possibile, ma determinando un effetto deviato in danno del debitore "E ancora spiega che "Non può assumere rilievo dirimente la circostanza che il debitore, a fronte di una iscrizione di ipoteca su beni il cui valore ecceda la cautela, potrebbe evitare ogni danno addivenendo ad un accordo con il creditore per la riduzione o chiedendo giudizialmente la riduzione con apposito procedimento (art. 2844 c.c.). Infatti, non vengono in rilievo i contrapposti interessi considerati da una ottica soggettivistica, ma - in un'ottica di sistema generale della tutela processuale - la mancanza di tutela apprestata dall'ordinamento costituzionale al creditore quando l'utilizzo dello strumento processuale è effettuato oltre i limiti della sua funzionalizzazione al perseguimento del diritto per cui è stato conferito. E, costringere il debitore a cercare un accordo e, soprattutto, costringerlo ad un autonomo diverso procedimento, si traduce in un abuso dello strumento fornitogli per la sua tutela, con implementazione dei procedimenti e conseguente impatto sulla efficienza della risposta alla domanda di giustizia sostanziale"
Conclude quindi il Supremo Collegio che "è configurabile in capo al suddetto creditore la responsabilità ex art. 96, secondo comma c.p.c., quando non ha usato la normale diligenza nell'iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri individuati nella legge (artt. 2875 e 2876 c.c), così ponendo in essere, mediante l'eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore".

Dopo l’introduzione nell’ordinamento dei principi del giusto processo ex art 111 Cost. si giunge quindi alla considerazione che tale processo è quello in cui non ci si vale di forme di tutela eccedenti rispetto a quella dell’interesse sostanziale.

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di Avv. Laura Mezzena

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