Regime forfettario: vantaggi e svantaggi


I vantaggi e gli svantaggi nella scelta tra regime forfettario e regime ordinario
Regime forfettario: vantaggi e svantaggi

Il regime forfettario è rivolto ai contribuenti esercenti imprese, arti e professioni che iniziano una nuova attività e presumono di conseguire ricavi o compensi non superiori a 65.000 euro oppure che sono già in attività e nell’anno precedente non hanno superato il limite dei 65.000 euro.

Il reddito imponibile viene calcolato applicando ai ricavi realizzati un coefficiente di redditività variabile in base alla attività esercitata. Ad esempio il coefficiente è pari al 78% per le attività professionali mentre è pari al 40% per le attività commerciali all’ingrosso, al dettaglio e per l’attività di ristorazione.

Dal reddito imponibile si possono dedurre analiticamente i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori.

I contribuenti in regime forfettario non addebitano l’Iva sulle fatture emesse, ma non detraggono l’iva sugli acquisti.

I principali vantaggi del regime forfettario riguardano l’esonero dall’obbligo della tenuta della contabilità, dei libri Iva, del registro dei beni ammortizzabili, l’esonero dalla applicazione dell’Irap, Irpef, addizionale regionale, addizionale comunale e dalla presentazione della dichiarazione Isa. I contribuenti in regime forfettario sono altresì esonerati dalla applicazione della ritenuta di acconto sui compensi. Sono, però, obbligati alla numerazione e conservazione delle fatture emesse e ricevute.

Bisogna attentamente verificare il possesso di tutti i requisiti richiesti per l’accesso al regime. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, costituisce causa di esclusione l’erogazione di compensi a lavoratori dipendenti per un importo lordo annuo superiore a € 20.000,00, nonché l’aver percepito redditi da lavoro dipendente o assimilato superiori a 30.000; partecipare a società di persone o controllare società a responsabilità limitata.

Al reddito imponibile si applica una imposta sostitutiva unica pari al 15% (al 5% nei primi cinque esercizi in presenza di determinati requisiti) in sostituzione dell’Irpef, dell’Irap della addizionale regionale e comunale. Ad esempio, un professionista con compensi percepiti pari a 20.000 e contributi previdenziali pagati per euro 3.000 calcolerà una imposta sostitutiva del 15% nel seguente modo:

20.000*78/100=15.600 - 3.000 (contributi Inps) = 12.600 (reddito imponibile).

L’imposta sostitutiva sarà quindi pari a 12.600*15% = 1.890 €

Vi sono tuttavia altre molteplici riflessioni sui vantaggi e gli svantaggi del regime forfettario. Il primo aspetto riguarda l’Imposta sul valore aggiunto (IVA). I contribuenti forfettari non applicando l’Iva possono praticare prezzi più vantaggiosi rispetto ai contribuenti in regime ordinario, innescando una vera e propria situazione di concorrenza sleale. Il regime forfettario può addirittura agevolare il “nero” arrecando grave danno all’erario e conseguentemente anche all’intera collettività. Un professionista che acquista beni e servizi per il proprio ufficio potrebbe non avere alcun interesse a richiedere la fattura al commerciante in quanto il reddito imponibile è fissato al 78% dei compensi percepiti, indipendentemente dagli acquisti.

Analizzando più specificatamente gli aspetti correlati alla convenienza fiscale in merito alla scelta del regime da adottare, non possiamo prescindere dalle sottoelencate osservazioni. In particolare l’Irpef presenta aliquote progressive che sono notevolmente più elevate dell’imposta sostitutiva, tuttavia dal reddito complessivo è possibile dedurre analiticamente gli oneri deducibili (contributi previdenziali, assegno mantenimento al coniuge, erogazioni liberali etc...) ottenendo così il reddito imponibile. Sul reddito imponibile si calcola l’imposta lorda, ma l’imposta lorda si riduce e talvolta si azzera completamente per le detrazioni di imposta. Si tratta ad esempio delle detrazioni per coniuge e figli a carico, per lavoro autonomo e dipendente, per spese sanitarie, assicurazioni vita, interessi passivi sui mutui, spese per istruzione, canoni di locazione di studenti universitari, spese funebri, spese veterinarie, spese di recupero edilizio e risparmio energetico, etc...Pertanto non sono infrequenti situazioni in cui con ricavi o compensi non elevati (sino a 20/30 mila euro) possa risultare più vantaggioso il regime ordinario rispetto al regime forfettario. E’ frequente, invece, che sia più vantaggiosa l’adozione del regime forfettario per compensi o ricavi più elevati (50/60 mila euro) in quanto è improbabile che gli oneri deducibili e le detrazioni possano avere un effetto tale da rendere più favorevole il regime ordinario.

Tuttavia anche in questo caso l’adozione del regime ordinario potrebbe essere preferito al forfettario qualora i costi sostenuti siano maggiori rispetto al forfait. Si pensi ad un professionista che sostiene costi inerenti l’attività pari al 50% dei compensi mentre con il regime forfettario sarebbe costretto a dichiarare il 78%. In merito all’Iva vi è altresì da considerare che trattasi di un importo che si aggiunge ai ricavi e che il suo versamento avviene deducendo dall’Iva esigibile incassata sulle vendite l’Iva pagata sugli acquisti. A tal proposito va evidenziato che l’Iva sugli acquisti in regime forfettario è ininfluente, rappresenta solo un costo aggiuntivo non recuperabile, mentre nel regime ordinario si deduce dall’Iva sulle vendite riducendo il versamento dell’Iva dovuta all’Erario.

Le variabili in gioco sono davvero tante, quindi, è opportuno che il contribuente si affidi ad un consulente di fiducia per valutare la scelta più opportuna.

 

 

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di Cosimo Roberto Gigante

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