Responsabilità medica dopo la Legge Gelli


Responsabilità del medico e della struttura
Responsabilità medica dopo la Legge Gelli
L’art.7 co 1 della l.n.24/2017, legge Gelli-Bianco, prevede esplicitamente che la struttura sanitaria pubblica o privata che si avvale dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente o non dipendenti della struttura, risponde delle condotte dolose o colpose di questi, a norma degli articoli 1218 e 1228 cc. Il comma 3 dello stesso articolo stabilisce, invece, che l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 cc, salvo sia legato contrattualmente col paziente. La norma pone, quindi, un doppio regime di responsabilità per i danni occorsi al paziente: in capo alla struttura grava la responsabilità contrattuale per l’inadempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto atipico di spedalità. Esso genera l’obbligo principale di prestazione medica e obblighi accessori di assistenza sanitaria. La struttura risponde ex art.1228 cc. dell’inadempimento della prestazione di cura ossia, dei fatti dolosi o colposi del medico; risponde direttamente ex art. 1218 cc., per la violazione delle prestazioni accessorie. Il personale sanitario è tenuto, invece, in forza della clausola generale del neminem laedere. La riforma supera, pertanto, l’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo il quale, anche il medico sia tenuto per la responsabilità obbligatoria, in ragione del contatto sociale qualificato che si instaura tra le parti. Le conseguenze non sono di poco conto e incidono sulla ripartizione dell’onere probatorio. Se prima, infatti, il danneggiato poteva limitarsi a provare il contratto o il contatto e il danno, allegando semplicemente l’inadempimento, col solo onere di indicare una causa astrattamente idonea a provocare il danno-evento lamentato; ora, è tenuto alla dimostrazione di tutti gli elementi costituitivi la responsabilità extracontrattuale: il fatto doloso o colposo, l’evento dannoso e il nesso eziologico tra i due. In punto di determinazione della misura del risarcimento del danno, il giudice deve tenere conto della condotta del sanitario, in particolare se questo si sia attenuto alle linee guida. Se, da una parte, l’osservanza delle linee guida non esclude di per sé la responsabilità per gli eventi dannosi; dall’altra, è criterio di quantificazione dell’ammontare del risarcimento. La norma introduce, insomma, un criterio nuovo di quantificazione del danno che considera non solo il nocumento patito dal danneggiato, ma anche della condotta del danneggiante. L’osservanza delle linee guida comporta, quindi, una diminuzione del quantum debeatur, con la conseguenza che il danno liquidato è minore di quello realmente sofferto. Per la liquidazione dei danni, si applicano gli artt.138 e 139 del Codice delle Assicurazioni. Inoltre, la novella disciplina l’azione di rivalsa e di responsabilità amministrativa nei confronti del sanitario, per i casi in cui il danneggiato convenga in giudizio la sola struttura, per ragioni di opportunità. Questa può rifarsi sul medico nei limiti però del dolo e della colpa grave, con la conseguenza che su di essa l’ordinamento alloca il rischio dei danni causati dalla colpa media e lieve. La legge prevede, infine, l’obbligo di copertura assicurativa per tutte le strutture sanitarie. Il danneggiato è ammesso, quindi, ad agire direttamente nei limiti del massimale contro l’assicurazione, la quale può opporre solo le eccezioni espressamente previste dal decreto ministeriale in tema. Dalla lettura del nuovo quadro normativo, traspaiono gli scopi che hanno animato la riforma. Da un lato, evitare la medicina difensiva, attraverso la previsione della natura aquiliana della responsabilità medica; la tutela del paziente grazie alla previsione della copertura assicurativa obbligatoria e dell’azione diretta nei confronti dell’assicurazione; e, ancora, la diminuzione del contenzioso sul risarcimento danni e del costo delle polizze.

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di Avv. Michele Zanchi

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