Revindica chiesa, onere della prova


Non costituisce titolo il decreto vescovile ed è irrilevante il periodico esercizio del culto
Revindica chiesa, onere della prova

Il Tribunale di L'Aquila con sentenza n. 333/2018, Giudice Stefano Iannaccone, ha rigettato una revindica di una pregevole chiesa del 600, proposta dalla Parrocchia di un paese abruzzese avverso il relativo Comune, assistito dal sottoscritto. La sentenza, oltre che ribadire i noti principi riguardo la necessità, da parte del rivendicante di allegare un atto di acquisto a titolo originario, oppure il possesso per il tempo utile ad usucapire, ha stabilito quanto segue, riguardo i caposaldi della domanda:
1 - Il decreto vescovile emesso in attuazione della legge 222/1985, trascritto da oltre un ventennio, con il quale il bene immobile oggetto di rivendicazione viene trasferito dall'Istituto Diocesano per il Clero alla neo costituita Parrocchia, a prescindere dalla circostanza se costituisca o no un atto amministrativo (da parte nostra si è dedotto che valeva, casomai, per l'attività del vescovo in Foro canonico, ma aveva alcuna rilevanza ai fini dell'attribuzione della proprietà, che neppure era della Chiesa), sarebbe solo un atto di acquisto a titolo derivativo, inidoneo ai fini della rei vendicatio, né la trascrizione di detto atto fornisce la prova del possesso da quel momento dovendosi esplicare con un'attività materiale.
2 - Il periodico esercizio del culto (peraltro non provato), non comporta un possesso ad usucapionem da parte del sacerdote che presta il culto stesso.
In effetti, da parte nostra si era rilevato che ex articolo 831, II° comma C.C. l'esercizio del culto cattolico non comporta alcun spossessamento da parte del proprietario visto che il luogo di culto viene di volta in volta messo a disposizione del celebrante nominato dal Vescovo e restituito alla fine dell'esercizio. Sul punto si era già pronunciata, sempre in causa difesa dal sottoscritto, la Corte di Appello di L'Aquila con sentenza n. 879/2013 in cui leggesi: "La titolarità dell'esecizio del culto e dell'officiatura sono questioni diverse dalla sussistenza di un diritto reale o personale di godimento sulla stessa". Per incidens, a parere dello scrivente prima o poi la norma in questione, che si riferisce soltanto agli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, verrà inficiata di incostituzionalità.

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di Avv. Riccardo Lopardi

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