Revoca porto d’armi solo dopo un’adeguata istruttoria


Revoca licenza porto di fucile da caccia in seguito a lite tra vicini con reciproche querele. Il TAR Emilia Romagna afferma la necessità di un'adeguata istruttoria
Revoca porto d’armi solo dopo un’adeguata istruttoria

La vicenda
Il ricorrente, affermando di essere titolare di licenza di porto di fucile da caccia da oltre qurant’anni e sempre rinnovata, impugnava il provvedimento reso dalla Questura di Rimini con il quale si disponeva la revoca della licenza di porto di fucile emessa a seguito di segnalazione del Comando Tenenza Carabinieri per una lite tra vicini di casa sfociata poi nella presentazione di reciproche denunce querela.

 

Il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna avverso il provvedimento di revoca
Nell’unico motivo di contestazione veniva eccepita l’insufficienza della motivazione, ritenendosi che la Questura, firmataria del provvedimento di revoca, avrebbe dovuto tenere conto della personalità del ricorrente, del fatto che per oltre quarantadue anni consecutivi il destinatario del provvedimento aveva dato prova di assoluta affidabilità ottenendo il rinnovo del porto d’armi: conseguentemente, si affermava che non poteva essere motivo sufficiente di revoca una denuncia querela, rispetto alla quale peraltro non era stata esercitata l’azione penale.


La pronuncia del TAR Emilia Romagna
Secondo il Tar dell’Emilia Romagna, “la revoca di autorizzazione di polizia in materia di armi è un atto caratterizzato da una lata discrezionalità amministrativa in considerazione del disfavore con cui l’ordinamento vede il possesso di armi da parte dei cittadini e dei rischi che dalla loro detenzione possono derivare”, continuando poi affermando che “va allo stesso tempo sottolineato come a fronte di un potere discrezionale così ampio anche l’istruttoria necessaria per farne buon uso deve essere approfondita”.

Nel caso di specie, infatti, si erano avute reciproche querele in relazione ad una lite di vicinato in occasione della quale e come sovente accade, erano poi volate parole grosse con minacce ritenute dall’Amministrazione di P.S. apparentemente gravi; tuttavia, continua il Tribunale Amministrativo Regionale, “tenuto conto che il ricorrente aveva dato piena prova di affidabilità per oltre un quarantennio, prima di ritenere che i cattivi rapporti con un vicino di casa avrebbero potuto spingerlo ad usare contro quest’ultimo l’arma posseduta, sarebbe stato necessario verificare se questi rapporti burrascosi si fossero manifestati in precedenza, cercando di capire quale delle due versioni fosse più vicina alla realtà”.

Concludeva pertanto il Tar affermando che “prima di procedere alla revoca dell’autorizzazione occorre fare un minimo di istruttoria, affidandola alla stessa autorità di polizia intervenuta, in modo tale da soddisfare l’esigenza di una esauriente motivazione”…precisando infine che “l’unica condizione richiesta è un’esauriente motivazione adottata dopo una congrua istruttoria senza nascondersi dietro la mera esigenza di un’indagine penale”.

Per gli indicati motivi, quindi, la revoca dell’autorizzazione impugnata è stata di fatto annullata.

 

Articolo del:


di Avv. Andrea Mussoni

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