Revoca prestazioni Inps, non basta il verbale negativo medico-legale


La revoca delle prestazioni Inps deve essere specificatamente comunicata dopo il verbale negativo medico-legale che non sostituisce l’atto di revoca
Revoca prestazioni Inps, non basta il verbale negativo medico-legale

Vorrei affrontare un caso specifico verificatosi a una mia assistita in merito alla revoca della prestazione da parte dell’Inps a fronte del solo verbale negativo del medico-legale e non a seguito di una comunicazione di revoca da parte dell’Istituto.

In altre parole, l’Inps, a seguito del verbale negativo medico-legale ha considerato revocata la prestazione senza che vi sia stata una comunicazione di revoca specifica (obbligatoria) alla mia assistita.  

Il punto nodale della questione sta proprio nel fatto che una revoca della prestazione da parte dell’Inps non è mai stata comunicata alla ricorrente, infatti, nel verbale medico-legale viene anche indicata come data di revisione ottobre 2019. Inoltre, è lo stesso Inps che scrive nella comunicazione che allega il verbale che avverso tale decisione si può proporre ricorso entro sei mesi dalla data del ricevimento.

Il problema, infatti, è capire la sostanziale differenza tra il giudizio medico-legale di verifica e il successivo provvedimento di revoca della prestazione sino a quel momento goduta.

La revoca di una prestazione assistenziale, infatti, è un provvedimento amministrativo che:

1)   Segue un verbale sanitario di mancata conferma della permanenza del requisito sanitario diventato definitivo (e cioè, non impugnato nei 6 mesi dalla notifica oppure, qualora impugnato, con giudizio conclusosi con esito negativo per il ricorrente);

2)   Deve essere emesso in forma specifica dall’amministrazione;

3)  Deve essere formalmente comunicato all’interessato, il quale ha precisi termini e modalità – stabiliti dalla legge – per impugnarlo.   

La formale revoca della prestazione, pertanto, non è rappresentata dal verbale sanitario negativo, ma segue tale verbale se, e quando, quest’ultimo dovesse diventare definitivo.

La procedura amministrativa, infatti, prevede prima il verbale sanitario negativo, poi la sospensione cautelativa della prestazione ed, infine, il decreto di revoca se – ovviamente – il verbale diventa definitivo.

Tale verbale sanitario (che, si ribadisce, non è il provvedimento di revoca) è sempre impugnabile nei sei mesi dalla notifica ex art. 42 L. 326/2003; se il cittadino non lo impugna, o se lo impugna in Tribunale e perde la causa, allora diventa definitivo con la consequenziale revoca della prestazione… e quindi – ovviamente – bisogna presentare una nuova domanda!!!

Se, però, il cittadino contesta in giudizio il verbale sanitario, fin quando dura la relativa causa, la prestazione non è revocata, ma è semplicemente “sospesa sub iudice”; ne discende che se vince la causa con l’accertamento dell’errore della valutazione sanitaria, ovviamente non seguirà alcuna revoca.

Del resto, da un lato non solo non esiste, nel nostro ordinamento, alcun provvedimento amministrativo che non sia impugnabile, e dall’altro è lo stesso istituto INPS che nelle lettera di trasmissione dei verbali sanitari scrive testualmente “Le ricordo che, avverso tale decisione, può presentare ricorso innanzi all’Autorità Giudiziaria entro il termine di sei mesi dalla data di ricevimento di questa comunicazione”.

E’, inoltre, importantissimo aggiungere che la differenza sostanziale tra il verbale medico legale di verifica e il provvedimento di revoca della prestazione è pacifica nella normativa, nella prassi amministrativa ed anche nella giurisprudenza di Cassazione.

1)   GIURISPRUDENZA (Cassazione, sentenza n° 8970/2018): “Invalidità civile, il termine semestrale di decadenza dall’azione giudiziaria non decorre dalla data del provvedimento di revoca, ma dalla data di notifica del verbale sanitario” (massima non ufficiale).

2)   NORMATIVA (comma 4, art. 42 L. 326/2003): “In sede di verifica della sussistenza dei requisiti medico-legali effettuata dal Ministero dell'economia e delle finanze – Direzione centrale degli uffici locali e dei servizi del Tesoro – (oggi INPS) nei confronti dei titolari delle provvidenze economiche di invalidità civile, cecità e sordomutismo, sono valutate le patologie riscontrate all'atto della verifica con riferimento alle tabelle indicative delle percentuali di invalidità esistenti. Nel caso in cui il giudizio sullo stato di invalidità non comporti la conferma del beneficio in godimento è disposta la sospensione dei pagamenti ed il conseguente provvedimento di revoca opera con decorrenza dalla data della verifica.

3)   PRASSI AMMINISTRATIVA (circolare INPS n° 77/2008): “Qualora il giudizio medico-legale di verifica si esprima per l’assenza del requisito sanitario e, quindi, per il disconoscimento del beneficio economico in godimento, la struttura amministrativa INPS competente provvederà alla immediata sospensione del pagamento e al successivo provvedimento di revoca con decorrenza dalla data della verifica (art. 42 legge 326/2003)”.

A ciò si aggiunga che il comma 6 dell’art 80 della L. 133/08 – appunto sulle verifiche straordinarie della permanenza dei requisiti sanitari – è particolarmente significativo laddove stabilisce che l’INPS è legittimato passivo nei giudizi avverso i verbali sanitari di verifica straordinaria (Nei procedimenti giurisdizionali relativi ai verbali di visita emessi dalle commissioni mediche di verifica, finalizzati all'accertamento degli stati di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, nonché ai provvedimenti di revoca emessi dall'I.N.P.S. nella materia di cui al presente articolo la legittimazione passiva spetta all'I.N.P.S. medesimo): se il legislatore prevede espressamente, nella norma che autorizza la verifica straordinaria, chi sia il legittimato nelle cause, vuol dire che prevede che contro i verbali si possa fare causa, e non una nuova domanda!!!

La sentenza della Cassazione n° 4788/2019, alla quale fa riferimento l’Inps per far valere le sue ragioni e,  quindi  dichiarare improponibile i giudizi di revisione delle prestazioni assistenziali  per mancanza della domanda amministrativa,  riguarda  una revoca sanitaria  per soli motivi reddituali.

Di recente è intervenuta nuovamente la Cassazione con la Sentenza n° 28445/2019 depositata il 05/11/2019, che stabilisce: Avverso il verbale negativo di revisione sanitaria è possibile proporre ricorso giudiziario nei termini di legge e non è richiesta una nuova domanda.

Nelle motivazioni della sentenza si legge: “Inoltre, poiché l'art. 20, comma 2, d.l. n. 78 del 2009 ha richiamato il disposto dell'art. 5, comma 5, d.P.R. n. 698 del 1994, la revoca è preceduta dalla sospensione cautelativa della prestazione, che viene comunicata entro trenta giorni all'interessato.”

Dunque, nulla vieta all’interessato, che ritenga infondata l’azione amministrativa di verifica dei presupposti per il mantenimento dell’erogazione del trattamento, di tutelare già in sede di sospensione il diritto alla prestazione (l'erogazione è appunto solo sospesa e il diritto non è ancora estinto), mediante tempestiva azione giudiziaria che si giustifica quanto ad interesse ad agire per l'indubbia attualità della lesione patrimoniale che deriverebbe dalla illegittimità della misura cautelativa e che non richiede alcuna nuova domanda amministrativa, essendo la sospensione prevista espressamente dalla legge (Cass. n. 6590 del 2014 cit. ed i richiami ivi effettuati).

Viceversa, ove la revoca sia stata definitivamente adottata, con il consequenziale definitivo effetto estintivo, l’interessato deve presentare una nuova domanda e ciò può avvenire anche il giorno successivo a quello in cui la revoca viene formalizzata e comunicata.

La ricorrente non ha mai ricevuto la sospensione cautelativa o la revoca della prestazione per cui diversamente, da quanto sostiene l’Inps, il diritto non si è estinto. La circostanza che nel verbale è indicata una visita di revisione ad ottobre 2019, non fa altro che avvalorare la tesi sopra sostenuta, in quanto pur volendo la ricorrente presentare una nuova domanda amministrativa, non viene consentito dall’Inps, appunto perché non è intervenuta la revoca della prestazione.

 

 

Articolo del:


di Avv. Rita Lamazza

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