Riabilitazione Penale


Condizioni e procedimento per ottenere la riabilitazione dopo una condanna penale
Riabilitazione Penale
La sentenza di condanna produce, oltre alla applicazione della pena principale, ulteriori effetti: in particolare, l'applicazione delle pene accessorie e di altri effetti penali. E' tuttavia possibile l'estinzione delle pene accessorie e degli effetti penali della condanna attraverso l'istituto della riabilitazione, disciplinato agli artt. 178 e 179 c.p. fra le cause di estinzione della pena, e dall'art. 683 c.p.p. La riabilitazione, secondo quanto stabilito dall'art. 179 c.p. comma 1, è concessa quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta, ai sensi dell'art. 683 c.p.p. La buona condotta consiste non solo nella mera astensione dal compimento di fatti costituenti reato, ma anche nella instaurazione e nel mantenimento di uno stile di vita improntato all'osservanza delle norme di comportamento comunemente osservate dai consociati e poste alla base della convivenza sociale. Ciò che la persona interessata ad ottenere la riabilitazione deve dimostrare, nella richiesta che presenta al Tribunale di Sorveglianza (per noi Bologna), è il suo ravvedimento rispetto alle riprovevoli condotte tenute in passato, nonché il suo allontanamento dalle condizioni che lo hanno tempo prima portato a delinquere. In casi particolari il termine triennale è elevato: è di almeno otto anni se l'interessato è recidivo e di almeno dieci anni se si tratta di delinquente abituale, professionale o per tendenza. La pena si considera eseguita, e dunque inizia a decorrere il dies a quo per la riabilitazione, nel giorno in cui il condannato ha finito di scontare la pena detentiva, oppure ha finito di scontare le misure alternative o sostitutive applicategli (semidetenzione o libertà controllata), o ha finito di pagare la pena pecuniaria, ovvero ha finito di scontare le sanzioni in cui la pena pecuniaria sia stata convertita per insolvibilità del condannato. Condizione per l'operatività dell'istituto è una sentenza di condanna passata in giudicato, anche a pena condizionalmente sospesa, come è dato desumere dall'art. 179 comma 1, nella parte in cui esso, ai fini della decorrenza del termine per poter ottenere la riabilitazione, fa riferimento, oltre che all'avvenuta esecuzione della pena, anche alla sua eventuale estinzione per altra causa. Le pene accessorie estinguibili, in caso di riabilitazione, sono: l'interdizione dai pubblici uffici; l'interdizione o la sospensione da una professione o da un'arte; l'incapacità di contrarre con la P.A., quando sopravviva alla pena principale; la decadenza dalla responsabilità dei genitori e la sospensione dall'esercizio di questa, quando sopravviva alla pena principale; la sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, quando sopravvivano alla pena principale. La riabilitazione non è, invece, applicabile alle pene accessorie della interdizione legale, nè alla pubblicazione della sentenza di condanna. Si ritiene, inoltre, che la riabilitazione non incida sulla cancellazione della sentenza dal casellario giudiziale, che rimane iscritta nei certificati rilasciati a richiesta dell'A.G., accompagnata dalla iscrizione "riabilitazione". La riabilitazione non elimina la valenza ostativa della condanna per delitto alla successiva concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, così come disposto dall'art. 164, comma 2, n.1. L'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle. Si tratta delle obbligazioni previste agli artt. 185-188: restituzione e risarcimento del danno; pubblicazione della sentenza di condanna; rimborso delle spese per il mantenimento in carcere. Il condannato è tenuto a dare prova che, pur non essendo indigente, non disponeva di mezzi patrimoniali che gli consentissero di eseguire il risarcimento senza subire un sensibile sacrificio; o che le parti offese hanno rinunciato al risarcimento, oppure che sono irreperibili. E ciò pur considerando che il Tribunale, nell'ambito del proprio potere discrezionale, ha la facoltà di svolgere indagini al fine di acquisire ulteriori elementi di conoscenza circa le condizioni economiche dell'interessato, facoltà che comunque deve trovare un aggancio negli elementi di prova offerti dall'interessato stesso. Così, ad es., la dichiarazione di fallimento costituisce prova dell'impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili nascenti dal reato solo in riferimento ad un ambito temporale contiguo alla chiusura della procedura fallimentare (Cass. I, n. 5649/2009). Invece, non vale a dimostrare tale impossibilità la mera produzione del verbale di udienza del giudizio di sfratto per morosità.

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di Avv. Susi Malcisi

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