Riflessioni sul rapporto tra cuneo fiscale ed holding societaria


Cuneo fiscale ed Holding societaria. Riflessioni sulla protezione patrimoniale dell’imprenditore
Riflessioni sul rapporto tra cuneo fiscale ed holding societaria

 

Tema sempre di dibattito in sede di approvazione della annuale legge di bilancio e sulla sua influenza sulla domanda e offerta di lavoro, il cuneo fiscale come definito dall’OCSE indica il rapporto tra l'importo delle imposte pagate da un singolo lavoratore medio (senza figli) e il corrispondente costo totale del lavoro per il datore di lavoro.

Il cuneo fiscale a cui si fa riferimento è il c.d. cuneo totale, aggiungendo quindi al cuneo fiscale il cuneo contributivo ossia la somma dei contributi sociali a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Infatti, pur avendo una natura diversa, i contributi sociali per il datore di lavoro sono considerati come delle imposte, perché obbligatori e prelevati direttamente dalla retribuzione lorda, mentre per il lavoratore costituiscono una tutela e una sorta di garanzia per i rischi derivanti dall’attività lavorativa (malattia, infortuni e disoccupazione) e permettono di percepire un reddito anche alla fine del periodo lavorativo (pensione).

In questo contesto il cuneo fiscale indica in percentuale la differenza tra il costo del lavoro che grava sull'impresa a fronte della retribuzione netta corrisposta al lavoratore, su cui gravano imposte (dirette e indirette), contributi previdenziali e assicurativi.

Il costo totale del lavoro in ambito civilistico per un datore di lavoro è la spesa totale sostenuta per i lavoratori dipendenti ed è costituita da: salari e stipendi comprensivi di tutti gli elementi fissi e variabili che formano la retribuzione; indennità; oneri sociali da corrispondere agli enti previdenziali a carico dell’impresa, il trattamento di fine rapporto e altre spese come le spese di assunzione, le spese per indumenti da lavoro; meno eventuali sussidi ricevuti.

Le retribuzioni nette indicano la quota di reddito disponibile, ossia dopo aver detratto dall'importo lordo le imposte sul reddito e i contributi sociali a carico del lavoratore e aver aggiunto gli assegni familiari (prestazioni in denaro corrisposte per i figli a carico), nel caso di famiglie con figli.

Il cuneo fiscale rappresenta un tema di particolare attualità in un contesto europeo caratterizzato da un’alta imposizione sui redditi da lavoro e sulle imprese. Se da una parte comporta un freno per l’economia, dall’altra è essenziale per il finanziamento della spesa pubblica e per il mantenimento dei sistemi di welfare.

Nella seconda metà del ‘900 si rileva un aumento esponenziale del cuneo per i paesi dell’Unione Europea, che ha portato, con l’inizio del nuovo millennio, a dover adottare politiche per una sua riduzione in quanto accusato di penalizzare l’efficienza e la competitività delle imprese, nonché l’occupazione e il potere d’acquisto dei cittadini.

In Italia, questo risanamento finanziario è reso ancora più difficoltoso dall’alto debito pubblico che grava sulla sua economia. Utilizzando i dati OCSE e EUROSTAT, analizzando la composizione e l’andamento del cuneo negli ultimi anni in Europa, e come questo crei distorsioni nel mercato del lavoro, tenuto in conto anche con particolare attenzione al sistema impositivo vigente in Italia e a come può essere rimodulato per alleggerire il carico fiscale e contributivo delle imprese e dei lavoratori, si giunge alla conclusione che lo stesso, in Italia, risulta assai elevato e penalizzante soprattutto per il sistema produttivo d’impresa.

Nel trade-off tra equità ed efficienza, un aumento del cuneo fiscale può essere visto come un elemento che favorisce una maggiore equità sia orizzontale, ossia che individui con la stessa capacità contributiva vengano tassati in misura uguale, sia verticale, ossia che individui con capacità contributiva diversa vengano tassati in misura diversa.

Principi che si pongono alla base dell’attività di redistribuzione del reddito operata dal settore pubblico. D’altra parte, una diminuzione del cuneo fiscale può essere vista come un passo verso una maggiore efficienza e competitività di imprese e lavoratori e, quindi, anche dell’occupazione. I paesi appartenenti all’Unione Europea sono quelli caratterizzati da una più alta percentuale di cuneo fiscale, ma anche da sistemi di welfare più sviluppati e, quindi, con più alti livelli di assistenza sociale e previdenza pubblica.

All’opposto nei paesi anglosassoni, che mediamente si trovano agli ultimi posti della classifica, l’introduzione e il conseguente sviluppo dei sistemi pensionistici privati hanno ridotto in maniera significativa e consistente i contributi obbligatori da versare sia per le imprese che per i lavoratori. Molte imprese, piccole o grandi che siano, non riusciranno a metabolizzare del tutto l’urto di questa crisi economica. Nonostante le difficoltà del periodo, risulta palese che lo stesso non può essere affrontato con paura e immobilismo. Le aziende devono, oggi piu’ che mai, compiere una serie di azioni per gestire le risorse finanziarie, la cassa, i finanziamenti ed esplorare nuove opportunità che possono rappresentare un punto di svolta. Nello specifico gli step da seguire risultano essere:

-   gestire la liquidità della azienda per fronteggiare al meglio i prossimi mesi (e trasformare la crisi in un’opportunità per cambiare modello di business e crescere);
-    attuare le scelte e le strategie per uscire dalla crisi e avviare un processo di crescita sostenibile;
-    innovare l’azienda a spese dello stato e sfruttare le agevolazioni fiscali per fare un investimento (investire ora in innovazione può permettere di ottenere benefici rispetto ai competitor);
-    impostare una corretta struttura aziendale per tutelare il patrimonio e blindarlo da eventuali rischi imprenditoriali;
-    pianificare il futuro fiscale della azienda per difendersi dalle tasse necessarie per colmare i debiti con l’Europa;
-    proteggersi dai rischi che impattano sul patrimonio aziendale mediante un’analisi e una corretta pianificazione strategica;

Oggi la creazione di una holding è una delle strategie di pianificazione fiscale più semplice ed efficace che permette di creare una crescita aziendale che si attua al fine di ottenere una considerevole riduzione del carico fiscale.

Questa particolare forma giuridica è una società che detiene proprietà immobiliari o quote di partecipazione in altre società senza assumere rischi imprenditoriali. Una holding esercita una attività direttiva delle altre imprese operative e un controllo del loro capitale sociale anche se operano in società differenti. Spesso si trasferiscono immobili delle società operative per evitare che lo stesso possa essere oggetto di attacco creditorio.

Il costo di una holding risulta essere assai prossimo a quello di una normale società con un ritorno di vantaggio fiscale; tuttavia, assai elevato soprattutto dal punto di vista previdenziale. In Italia, una holding può essere realizzata in diversi modelli, tutti accomunati da tutela del patrimonio aziendale, gestione del passaggio generazionale, ottimizzazione fiscale ed esigenze di ordine produttivo-finanziario.

Una delle strategie per ottimizzare il risparmio fiscale è quella che presuppone la presenza di due società, con una che detiene le quote dell’altra, che sarebbe la società operativa, permettendo che visto che gli utili che arrivano alla holding sono già tassati all’interno della società operativa, solo una parte degli utili distribuiti venga imputato in capo alla società holding.

Inoltre, la possibilità di espandere l’azienda all’estero permetterebbe di abbattere ulteriormente l’impatto del fisco. Sebbene ci siano esigenze aziendali che prediligono una forma giuridica piuttosto che un’altra la scelta migliore sarebbe utilizzare una srl.

Tale scelta, nonostante comporti maggiori adempimenti, prevede però la circostanza che il ruolo di amministratore possa essere affidato a soggetti che possono anche non essere soci della società con evidenti ricadute positive in capo ai possessori della società.

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di Dott. Davide Maria De Filippi

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