Rimborso del credito di imposta in dichiarazione


Le Sezioni Unite consentono al Fisco di rifiutare il rimborso senza termini di decadenza. Quali spazi residuano alla difesa del contribuente?
Rimborso del credito di imposta in dichiarazione
La giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione era tendenzialmente favorevole al contribuente e, nel caso di indicazione di un credito di imposta in dichiarazione, addossava all'Agenzia delle Entrate l'onere di contestare l'esistenza o l'entità del credito entro i termini per l'accertamento fiscale (art. 43, D.P.R. 600/73) oppure per la liquidazione delle imposte (art. 36-bis, D.P.R. 600/73), termini decorrenti dal 31 dicembre dell'anno di presentazione della dichiarazione medesima.
Ciò significava che, legittimo o meno che fosse il credito esposto nella dichiarazione fiscale, una volta decaduta l'azione accertatrice degli uffici finanziari, il contribuente aveva diritto al rimborso dell'importo.

Tra le ultime sentenze che si sono pronunciate in questa direzione si annoverano Cass. civ., sez. trib., 05/02/2016 n. 2277 e 08/06/2012 n. 9339. Quest'ultimo precedente aveva ribadito che "qualora il contribuente abbia presentato la dichiarazione annuale ai fini della imposta sui redditi esponendo un credito di rimborso, l'amministrazione finanziaria è tenuta a provvedere sulla richiesta di rimborso, salvo diversa espressa previsione normativa, nei medesimi termini di decadenza stabiliti per procedere all'accertamento in rettifica. Diversamente, decorso il termine predetto senza che sia stato adottato alcun provvedimento da parte dalla p.a., il diritto al rimborso esposto nella dichiarazione si cristallizza nell'an e nel quantum ed il contribuente potrà agire in giudizio a tutela del proprio credito nell'ordinario termine di prescrizione dei diritti, rimanendo preclusa all'amministrazione finanziaria ogni contestazione dei fatti che hanno originato la pretesa di rimborso".

Tuttavia le Sezioni Unite, con sentenza Cass. civ., SS.UU., 15/03/2016 n. 5069, hanno abbracciato l'opposto orientamento e legittimano l'Agenzia delle Entrate ad eccepire l'inesistenza o la consistenza del credito indicato nella dichiarazione anche oltre i termini di decadenza per l'azione accertatrice, potendo cioé contrastare l'azione di rimborso interposta dal contribuente senza incontrare limiti temporali.
Nella motivazione si legge che "i termini decadenziali in questione sono apposti solo alle attività di accertamento di un credito della Amministrazione e non a quelle con cui la Amministrazione contesti la sussistenza di un suo debito".

Contro le legittime doglianze del contribuente, il quale criticava la discrasia e disuguaglianza cui si trovava esposta la parte privata rispetto all'Erario, le Sezioni Unite oppongono che. nonostante una "simile soluzione susciti una certa disarmonia nel sistema ... si tratta per altro di una applicazione del principio secondo cui «quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum» (art. 1442 c.c.)".
Il broccardo latino sul quale le Sezioni Unite riversano la ratio della decisione può essere tradotto nel motto "le azioni sono temporanee, le eccezioni sono perpetue". Ma su questo aspetto sono doverose due osservazioni.
In primo luogo l'art. 1442 c.c., richiamato in decisione, riguarda l'azione di annullamento che non pare perfettamente attinente al tema in trattazione.
In secondo luogo, la ipotizzata natura imperitura delle eccezioni non sembra poi assurgere a principio pregnante e ineludibile dell'ordinamento; basti pensare all'art. 1495, co. 3, c.c. che limita, entro il termine annuale, sia l'azione principale, sia l'eccezione per far valere i vizi della cosa venduta.

Questo per dire come sulla problematica del rimborso esposto in dichiarazione forse non è stata posta ancora la parola fine.

Nondimeno, di fronte al mutato quadro giurisprudenziale, il contribuente che abbia esposto un credito di imposta in dichiarazione dovrà tenere a mente che:

- l'azione di rimborso del credito potrà sempre essere opposta dall'A.F. senza limiti di tempo;
- è opportuno valutare se utilizzare il credito in compensazione, così da ribaltarlo in una minore imposta negli atti successivi e far scattare il termine di decadenza in capo all'Agenzia delle Entrate per sollevare la questione sull'indebito;
- nel giudizio di rimborso, non potendosi fare più affidamento sulla cristallizzazione del credito di imposta, il contribuente sarà chiamato ad un più o meno gravoso onere probatorio e di allegazionea a seconda della fonte del credito stesso, laddove ad esempio l'attività difensiva dovrà essere più attenta rispetto al credito derivante da una agevolazione fiscale.

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di Avv. Andrea Bugamelli

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