La casistica dei danni attribuiti alla profilassi vaccinale esclude l’esistenza di un nesso causale e suscita considerazioni rispetto ai figli minori
Con Ordinanza n. 24959 del 23 ottobre 2017 la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai genitori di un bambino che gli stessi asserivano avere contratto la «sindrome autistica, a causa della somministrazione dei vaccini (antipoliomielite di tipo Sabin, DTP - antidifterica, antitetanica e antipertossica - e MPR - morbillo parotite e rosolia)». Il caso è stato molto approfondito: sul caso in esame vi era stata una sentenza della Corte d'appello di Ancona che aveva riformato una precedente sentenza del Tribunale di Pesaro, in tal modo negando l'indennizzo previsto dagli articoli 1 e 2 della legge 210 del 1992 [Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati] conformandosi al parere del CTU appositamente incaricato, il quale «aveva escluso la sussistenza del nesso di causalità tra la malattia e le vaccinazioni» giungendo alla conclusione che «in considerazione dello stato delle acquisizioni della scienza medica ed epidemiologica» esiste «la mera possibilità di una correlazione eziologica tra le vaccinazioni e la malattia, e non un rilevante grado di probabilità scientifica». L'orientamento espresso dalla Cassazione è stabile e uniforme da molti anni e tale rimane proprio in ragione del costante progresso scientifico. Già in base a Cass. 17 gennaio 2005, n. 753 il nesso causale tra danni riportati o evento letale e l'effettuazione di una terapia trasfusionale deve valutarsi «sulla base di un ragionevole criterio di probabilità scientifica»; in Cass. 29 dicembre 2016, n. 27449 si ricorda anche l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione [sentenza 11 gennaio 2008, n. 581] in base al quale «i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p. e dalla regolarità causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non"» e, conseguentemente, «la regola della "certezza probabilistica" non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica)». Tutto ciò sino alla sentenza immediatamente precedente a quella in commento, ossia Cass. 25 luglio 2017, n. 18358, che, pronunciandosi su un caso di asserita «encefalopatia immunomediata ad insorgenza post vaccinica con sindrome autistica a causa della terapia vaccinale», a fronte delle doglianze dei ricorrenti verso le conclusioni del CTU incaricato dalla Corte Territoriale il quale aveva «disconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la patologia ascritta» e la «subita vaccinazione antipolio Sabin», precisa, in tema di onere della prova, che «il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice(v. ex plurimis da ultimo Cass. ord. n. 1652 del 2012, Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124)». L’orientamento della giurisprudenza che esclude l’evidenza scientifica di un nesso causale tra gli interventi vaccinali ed alcune gravi psicopatologie, in caso di coinvolgimento di figli minori per i quali la possibilità di avvalersi della profilassi vaccinale è rimessa alla decisione di coloro che esercitano la responsabilità genitoria, contribuisce alla valutazione circa la conformità di detta decisione al miglior interesse del minore, il quale, anche laddove debba escludersi un nesso causale tra vaccini e patologie conseguenti alla somministrazione, potrebbe trovarsi egualmente esposto al rischio di contrarre, invece, la malattia per la quale sia previsto il vaccino.
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<br />nel quadro della giurisprudenza di merito e di legittimità
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