Riscossione oneri condominiali pregressi
Anche nel caso di vendita all'asta dell'immobile compreso in un condominio, l'amministratore sarà legittimato a chiedere il pagamento dei contributi

Riscossione oneri condominiali pregressi successivamente alla vendita forzata dell’immobile.
Quando un'unità immobiliare, parte di un condominio, viene trasferita a un nuovo soggetto si pone il problema del pagamento delle spese relative all'ultimo periodo precedente alla vendita.
L'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., come riformato dalla legge n. 220/2012, prevede a tutela della compagine condominiale la solidarietà fra venditore ed acquirente per le spese condominiali relative. La disposizione legislativa sopra richiamata è diretta, con ogni evidenza, a tutelare il più possibile il condominio per quanto riguarda gli oneri condominiali relativi al periodo in cui il precedente comproprietario trasferisce la proprietà dell'immobile a colui che gli subentra e così diventa il nuovo condomino.
Infatti il legislatore, a maggior garanzia degli interessi del condominio, mediante l'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., ha istituito un vincolo solidale fra venditore e acquirente dell'immobile; questo significa che le spese restano a carico di chi era l'effettivo condomino (e non rileva se precedentemente o successivamente questa qualità è mancata) nel momento in cui sono state sostenute, ma il condominio ha il diritto di chiedere il pagamento indifferentemente sia al precedente condomino che a quello attuale.
La soluzione adottata dalla legge potrebbe sembrare ingiusta, ma si giustifica agevolmente non appena si consideri che essa è collegata a un'esigenza del tutto pratica ed importante. Infatti, nel caso in cui un condomino si rifiuti di pagare le quote di spese comuni dovute al condominio, gli altri condomini possono facilmente evitare il danno che ciò determinerebbe perché, una volta emessa l'ingiunzione, possono procedere all'esecuzione coattiva proprio sull'immobile di proprietà del condomino; e così, a meno che non vi siano altri creditori (per esempio ipotecari) che agiscono sullo stesso bene, il recupero del dovuto da parte del condominio è garantito, insieme alle spese dell'esecuzione (che spesso sono ingenti). Ma se il credito del condominio si riferisce a spese di cui è titolare esclusivo chi era precedentemente proprietario, il condominio, nel caso di rifiuto di pagare da parte sua, non ha la stessa possibilità di agire esecutivamente sui beni di quest'ultimo, in quanto può non essere facile individuare altri beni immobili su cui iniziare l'esecuzione, mentre quelli mobili sono facilmente occultabili ai creditori e, comunque, in genere hanno un modesto valore economico.
Invece, grazie al vincolo solidale previsto dall'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., il condominio ha la maggior garanzia possibile di recuperare i crediti condominiali, anche successivamente alla cessione dell'immobile.
Rimane adesso da esaminare se i principi appena ricordati trovano applicazione anche nel caso molto particolare, ma purtroppo altrettanto ricorrente, in cui la proprietà dell'appartamento passa dal precedente condomino a un soggetto nuovo non per effetto di un atto di cessione volontario, ma a seguito dell'ordine di trasferimento coattivo emesso dal giudice nell'ambito di una procedura esecutiva azionata dai creditori nei confronti del precedente condomino. Si tratta, quindi, del caso dell'acquisto dell'immobile all'asta. Si sostiene in proposito che un simile tipo di acquisto consente all'acquirente di ricevere il bene libero da ogni peso o debito collegato a esso (c.d. effetto purgativo dell'asta); in altre parole il condomino che acquista all'asta l'immobile ha soltanto l'obbligo di pagare il prezzo di aggiudicazione e resta esente da ogni altra obbligazione precedente collegata all'immobile. È di tutta evidenza come sarebbe ingiusta una soluzione di questo tipo dal momento che, nell'ipotesi di una procedura esecutiva azionata da un altro creditore, magari garantito da ipoteca, nella quale il prezzo di aggiudicazione risulta insufficiente a coprire anche il credito di cui è titolare il condominio nei confronti dell'ex condomino espropriato (ipotesi tutt'altro che inconsueta) in tal nefasto caso il condominiosi troverebbe a non poter esercitare il proprio diritto di credito sull'acquirente dell'immobile e gli altri condomini si troverebbero a dovere coprire, oltre al credito principale per cui il condominio ha inutilmente agito nei confronti del moroso espropriato dell'unità immobiliare, anche le spese legali relative all'ingiunzione e all'esecuzione che alla fine è risultata inutile (e non si deve dimenticare che spesso la procedura di vendita forzata di un immobile, fra stima, fissazione dei vari incanti ecc., si trascina per lunghi periodi e, a volte, anche per molti anni). La giurisprudenza è da tempo orientata, invece, nel senso che l'obbligazione relativa al pagamento dei contributi condominiali disciplinata dall'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., ha natura di obbligazione propter rem e si riferisce, quindi, a chiunque a qualsiasi titolo (sia per convenzione, sia in seguito ad aggiudicazione forzata) succede nella proprietà dell'immobile condominiale (Cass., sent. n. 1814 del 9 luglio 1964). Con la conseguenza che, nel caso di successione del rapporto di condominio e relativamente all'onere del pagamento dei contributi, non trova applicazione il disposto dell'art. 2919 cod. civ. (Trib. Milano 8 luglio 1971) e che l'acquirente ai pubblici incanti in seguito a espropriazione forzata è, così come ogni altro condomino, tenuto in solido con l'ex proprietario espropriato al pagamento in favore del condominio del contributo relativo all'anno in corso e all'anno precedente, salvo la rivalsa nei confronti del dante causa (Trib. Roma 18 dicembre 1961).
Anche di recente è stato nuovamente affermato che l'effetto cosiddetto "purgativo" della vendita forzata immobiliare, che riguarda le trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli (e, dunque, i creditori che necessariamente devono essere chiamati a intervenire nel processo esecutivo), non si estende all'ipotesi di successione nel rapporto di condominio e relativamente all'onere del pagamento dei contributi condominiali ex art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., il quale rappresenta comunque una norma speciale diretta al rafforzamento della tutela degli interessi creditori del condominio di cui fa parte il bene ed i cui oneri, continuando a maturare anche in epoca successiva al pignoramento, non possono essere posti a carico del condominio (salvi gli effetti dell'intervento) proprio perché riguardano un bene la cui vendita va a vantaggio dei creditori della procedura esecutiva. L'amministratore di condominio sarà, pertanto, legittimato a chiedere dal nuovo acquirente il pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ed a quello precedente. Di conseguenza il nuovo proprietario dell'immobile potrà esercitare il diritto di rivalsa nei confronti del precedente proprietario, recuperando pertanto quanto pagato al condominio.
Quando un'unità immobiliare, parte di un condominio, viene trasferita a un nuovo soggetto si pone il problema del pagamento delle spese relative all'ultimo periodo precedente alla vendita.
L'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., come riformato dalla legge n. 220/2012, prevede a tutela della compagine condominiale la solidarietà fra venditore ed acquirente per le spese condominiali relative. La disposizione legislativa sopra richiamata è diretta, con ogni evidenza, a tutelare il più possibile il condominio per quanto riguarda gli oneri condominiali relativi al periodo in cui il precedente comproprietario trasferisce la proprietà dell'immobile a colui che gli subentra e così diventa il nuovo condomino.
Infatti il legislatore, a maggior garanzia degli interessi del condominio, mediante l'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., ha istituito un vincolo solidale fra venditore e acquirente dell'immobile; questo significa che le spese restano a carico di chi era l'effettivo condomino (e non rileva se precedentemente o successivamente questa qualità è mancata) nel momento in cui sono state sostenute, ma il condominio ha il diritto di chiedere il pagamento indifferentemente sia al precedente condomino che a quello attuale.
La soluzione adottata dalla legge potrebbe sembrare ingiusta, ma si giustifica agevolmente non appena si consideri che essa è collegata a un'esigenza del tutto pratica ed importante. Infatti, nel caso in cui un condomino si rifiuti di pagare le quote di spese comuni dovute al condominio, gli altri condomini possono facilmente evitare il danno che ciò determinerebbe perché, una volta emessa l'ingiunzione, possono procedere all'esecuzione coattiva proprio sull'immobile di proprietà del condomino; e così, a meno che non vi siano altri creditori (per esempio ipotecari) che agiscono sullo stesso bene, il recupero del dovuto da parte del condominio è garantito, insieme alle spese dell'esecuzione (che spesso sono ingenti). Ma se il credito del condominio si riferisce a spese di cui è titolare esclusivo chi era precedentemente proprietario, il condominio, nel caso di rifiuto di pagare da parte sua, non ha la stessa possibilità di agire esecutivamente sui beni di quest'ultimo, in quanto può non essere facile individuare altri beni immobili su cui iniziare l'esecuzione, mentre quelli mobili sono facilmente occultabili ai creditori e, comunque, in genere hanno un modesto valore economico.
Invece, grazie al vincolo solidale previsto dall'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., il condominio ha la maggior garanzia possibile di recuperare i crediti condominiali, anche successivamente alla cessione dell'immobile.
Rimane adesso da esaminare se i principi appena ricordati trovano applicazione anche nel caso molto particolare, ma purtroppo altrettanto ricorrente, in cui la proprietà dell'appartamento passa dal precedente condomino a un soggetto nuovo non per effetto di un atto di cessione volontario, ma a seguito dell'ordine di trasferimento coattivo emesso dal giudice nell'ambito di una procedura esecutiva azionata dai creditori nei confronti del precedente condomino. Si tratta, quindi, del caso dell'acquisto dell'immobile all'asta. Si sostiene in proposito che un simile tipo di acquisto consente all'acquirente di ricevere il bene libero da ogni peso o debito collegato a esso (c.d. effetto purgativo dell'asta); in altre parole il condomino che acquista all'asta l'immobile ha soltanto l'obbligo di pagare il prezzo di aggiudicazione e resta esente da ogni altra obbligazione precedente collegata all'immobile. È di tutta evidenza come sarebbe ingiusta una soluzione di questo tipo dal momento che, nell'ipotesi di una procedura esecutiva azionata da un altro creditore, magari garantito da ipoteca, nella quale il prezzo di aggiudicazione risulta insufficiente a coprire anche il credito di cui è titolare il condominio nei confronti dell'ex condomino espropriato (ipotesi tutt'altro che inconsueta) in tal nefasto caso il condominiosi troverebbe a non poter esercitare il proprio diritto di credito sull'acquirente dell'immobile e gli altri condomini si troverebbero a dovere coprire, oltre al credito principale per cui il condominio ha inutilmente agito nei confronti del moroso espropriato dell'unità immobiliare, anche le spese legali relative all'ingiunzione e all'esecuzione che alla fine è risultata inutile (e non si deve dimenticare che spesso la procedura di vendita forzata di un immobile, fra stima, fissazione dei vari incanti ecc., si trascina per lunghi periodi e, a volte, anche per molti anni). La giurisprudenza è da tempo orientata, invece, nel senso che l'obbligazione relativa al pagamento dei contributi condominiali disciplinata dall'art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., ha natura di obbligazione propter rem e si riferisce, quindi, a chiunque a qualsiasi titolo (sia per convenzione, sia in seguito ad aggiudicazione forzata) succede nella proprietà dell'immobile condominiale (Cass., sent. n. 1814 del 9 luglio 1964). Con la conseguenza che, nel caso di successione del rapporto di condominio e relativamente all'onere del pagamento dei contributi, non trova applicazione il disposto dell'art. 2919 cod. civ. (Trib. Milano 8 luglio 1971) e che l'acquirente ai pubblici incanti in seguito a espropriazione forzata è, così come ogni altro condomino, tenuto in solido con l'ex proprietario espropriato al pagamento in favore del condominio del contributo relativo all'anno in corso e all'anno precedente, salvo la rivalsa nei confronti del dante causa (Trib. Roma 18 dicembre 1961).
Anche di recente è stato nuovamente affermato che l'effetto cosiddetto "purgativo" della vendita forzata immobiliare, che riguarda le trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli (e, dunque, i creditori che necessariamente devono essere chiamati a intervenire nel processo esecutivo), non si estende all'ipotesi di successione nel rapporto di condominio e relativamente all'onere del pagamento dei contributi condominiali ex art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., il quale rappresenta comunque una norma speciale diretta al rafforzamento della tutela degli interessi creditori del condominio di cui fa parte il bene ed i cui oneri, continuando a maturare anche in epoca successiva al pignoramento, non possono essere posti a carico del condominio (salvi gli effetti dell'intervento) proprio perché riguardano un bene la cui vendita va a vantaggio dei creditori della procedura esecutiva. L'amministratore di condominio sarà, pertanto, legittimato a chiedere dal nuovo acquirente il pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ed a quello precedente. Di conseguenza il nuovo proprietario dell'immobile potrà esercitare il diritto di rivalsa nei confronti del precedente proprietario, recuperando pertanto quanto pagato al condominio.
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