Ristrutturazione: edifici crollati o demoliti


Rassegna della giurisprudenza sull'art. 3, d.p.r. 380/2001 così come modificato dal c.d. Decreto del Fare.
Ristrutturazione: edifici crollati o demoliti
Con il cd. "Decreto del Fare" n. 69/2013 la fattispecie della "ristrutturazione" si è notevolmente ampliata, limitando l'obbligo del rispetto della sagoma ai soli immobili vincolati ed introducendo la possibilità di ristrutturazione degli edifici crollati o demoliti.

La ristrutturazione edilizia può quindi riguardare anche "gli edifici, o parti di essi, eventualmente crollati" o "demoliti" che potranno essere ricostruiti, fermo il requisito della volumetria preesistente "purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza".

Il novellato art. 3 quindi non prevede affatto la permanenza in loco di un edificio affinché possa essere ristrutturato, ammettendo viceversa la facoltà di ricostruire edifici ancorché già (in passato) demoliti o crollati, senza imporre la contemporaneità tra detta attività demolitoria e la ricostruzione.

La giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi in merito con alcune interessanti pronunce.

Innanzitutto è stato statuito che l'accertamento della preesistente consistenza "dovrà essere effettuato con il massimo rigore e dovrà necessariamente fondarsi su dati certi ed obiettivi, quali documentazione fotografica, cartografie etc., in base ai quali sia inequivocabilmente individuabile la consistenza del manufatto preesistente" (cfr. Sez. 3, n. 5912 del 22/01/2014, Moretti e altri, Rv. 258597; Sez. 3 n. 26713 del 25/06/2015)" (Corte di Cassazione, Sez. III penale, 11.11.2015 n. 45147).

Non è quindi sufficiente che si dimostri che un immobile sia esistito e che attualmente risulti crollato per poter accedere alla sua ricostruzione come , ma è necessario che in concreto si dimostri non solo il profilo dell’an (che un certo immobile attualmente crollato è esistito) ma anche quello del quantum (che cioè si dimostri l’esatta consistenza dell’immobile preesistente del quale si richiede la ricostruzione) (cfr. Tar Toscana, sez. III, n. 567/2014; Tar Sicilia, n. 3273/2014).

In altre parole anche i Tar confermano la possibilità di ricostruire un fabbricato demolito o crollato precisando che "dimostrare la vuol dire dare contezza della destinazione d'uso e dell'ingombro planivolumetrico complessivo del fabbricato crollato, profilo quest'ultimo che richiede certezza in punto di murature perimetrali e di strutture orizzontali di copertura, ai fini del calcolo del volume preesistente occupato dal fabbricato crollato".

Si segnala da ultimo la recente ordinanza cautelare del Tar Lombardia, sez. di Brescia, n. 2082/2015 del 11.11.2015 che pare limitare l'utilizzo di detta norma, posto che afferma come non vi sarebbe motivo di discostarsi, neppure alla luce della novella del 2013, dal principio secondo cui "tra la demolizione dell’edificio e la istanza del titolo edilizio tesa alla sua ricostruzione (o dichiarazione tesa alla sua formazione) occorre sussista una continuità anche temporale tale da non interrompere la ontologica continuità che caratterizza l’intervento di cui si tratta": se, dunque, la nuova formulazione della norma può aver ammesso che vi sia una scissione temporale tra la demolizione e la ricostruzione, non può, invece, ammettersi che la ricostruzione possa avvenire dopo che sul sedime dell’edificio abbattuto siano state realizzate altre e diverse opere, legittime o... abusive".

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di Avv. Gianluca Madonna

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