Rivalutazione terreni: chiarite le decadenze
Risulta di indubbia evidenza che il Legislatore ha permesso la rivalutazione dei terreni edificabili e l’acquisizione per i medesimi beni di un valore rideterminato opponibile alla Amministrazione Finanziaria per le "plusvalenze e minusvalenze" conseguenti alla cessione. Tuttavia, la problematica in esame consegue alla affermata sussistenza di ipotesi decadenziale nel caso di cessione del terreno ad un corrispettivo inferiore al valore di perizia. La C.M. 81/E/2002, a tal proposito, affermava che "occorre tener presente che, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, della citata legge n. 448 del 2001, affinché il valore "rideterminato" possa assumere rilievo agli effetti della calcolo della plusvalenza, è necessario che esso costituisca valore normale minimo di riferimento anche ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali. Tale principio, che prevede la omogeneità del valore fiscale del terreno ai fini delle imposte dirette e delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, fa sì che nel caso in cui nell'atto di trasferimento sia indicato un valore inferiore a quello rivalutato, tornino applicabili le regole ordinarie di determinazione delle plusvalenze indicate nel richiamato articolo 82 del TUIR, senza tener conto del valore rideterminato".
La tesi esposta dall’Amministrazione Finanziaria è, tuttavia, contraddetta dal dettato testuale della norma che richiamando le eventuali "minusvalenze" conseguenti alla cessione dei beni prevede espressamente l’ipotesi che la vendita avvenga dietro il pagamento di un corrispettivo inferiore al valore rideterminato. La menzionata ipotesi è disciplinata dal Legislatore e la conseguenza è statuita espressamente nella considerazione del valore di costo del bene come coincidente al valore rivalutato. Conseguentemente, il legislatore ipotizza la emersione di una minusvalenza a seguito della rivalutazione e disciplina tale ipotesi con la conferma del valore rivalutato (con la ovvia conseguenza della indeducibilità della minusvalenza e della perdita dell’eccedenza del valore rivalutato). In alcun modo il Legislatore dispone la decadenza dalla rivalutazione in conseguenza di una cessione per un corrispettivo minore al valore rivalutato. Ulteriormente, è opportuno rilevare come l’eventuale decadenza dalla rivalutazione, qualificandosi come fattispecie di diritto sostanziale in conseguenza della determinazione della base imponibile, avrebbe dovuto essere espressamente stabilita da norma di legge primaria nel rispetto del dettato di cui all’art. 23 della Carta Costituzionale. Dalla mera analisi testuale della norma richiamata manca del tutto una previsione espressa di decadenza e, pertanto, tale fattispecie è inesistente. Al contrario, l’art. 7 L. 448/2001 al comma 6, dispone che il valore rideterminato sia sempre preso quale "valore normale" del bene. Tale previsione normativa impone la individuazione del valore rideterminato come valore minimo qualora si proceda alla applicazione di criteri presuntivi fondati sul valore normale. Pur tuttavia, mai prevede la decadenza del valore rivaluto. Al contrario ne afferma la vigenza. La norma menzionata, pertanto, dispone un avvertimento nei confronti del contribuente, rilevando che, a seguito della cessione ad un prezzo inferiore al valore rideterminato, si esporrebbe ad accertamenti fondati sul valore normale. La determinazione della plusvalenza, tuttavia, non è calcolata con riferimento al "valore normale" e, pertanto, rimane ancorata al valore rideterminato con perizia. Al contrario, si andrebbe a ledere il principio di affidamento e buona fede del contribuente che, avuto accesso ad un procedimento di rivalutazione, è addivenuto alla vendita del bene anche facendo affidamento sui valori fiscali del bene ottenuti a seguito del pagamento dell’imposta sostitutiva.
La ricostruzione sopra esposta è sostenuta da plurimi pronunciamenti di merito tra cui si inserisce la sentenza n. 525/2/2015 della CTR di Potenza che enuncia il principio di diritto della insussistenza di alcuna fattispecie decadenziale o di rinuncia alla rivalutazione in conseguenza della cessione ad un corrispettivo inferiore al valore rivalutato.
Utile rammentare che con la Circolare n. 1 del 15.02.2013, l'Agenzia delle Entrate ha "cambiato rotta" e consentito al contribuente di evitare di redigere, in ogni caso, una nuova perizia al fine di scongiurare il disconoscimento del precedente valore di perizia (più basso rispetto a quello di vendita).Con la nuova posizione l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la possibilità di indicare, nell’atto di cessione, il valore periziato, ancorché il prezzo concordato di cessione del terreno risulti inferiore. Per effetto di detta indicazione, la rivalutazione mantiene efficacia, con la conseguenza che, ai fini delle imposte dirette la plus/minusvalenza è determinata sulla base del valore rivalutato. Quest’ultimo assume rilievo anche ai fini delle imposte di registro ed ipocatastali. Detta posizione è ribadita da ultimo nella Circolare n. 53/E del 27 maggio 2015.
Tuttavia, la posizione della giurisprudenza di merito tende ad escludere qualsiasi rilievo dei formalismi richiesti dall'Amministrazione Finanziaria, riconducendo la rivalutazione tra i diritti quesiti del contribuente e rilevando che la ipotizzata decadenza dalla rivalutazione sarebbe lesiva del principio della buona fede e dell'affidamento nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria.
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