Schiacciamento di un pilastro: intervento di consolidamento


Il fenomeno dello schiacciamento in un pilastro di cemento armato è uno dei fenomeni più pericolosi che possa capitare: prove non distruttive e consolidamento
Schiacciamento di un pilastro: intervento di consolidamento

Lo Schiacciamento di un pilastro è uno dei fenomeni più pericolosi che possa interessare l'elemento costruttivo principale dello scheletro portante.
Il fenomeno consiste nel superamento, nella sezione interessata, delle resistenze di compressione del calcestruzzo.

Generalmente lo schiacciamento è provocato da varie cause come ad esempio l'errato dimensionamento delle dimensioni della sezione del pilastro, il degrado chimico fisico del calcestruzzo, le cattive modalità di getto, come ad esempio la notevole quantità di acqua che modificando il rapporto acqua/cemento riduce le caratteristiche meccaniche del calcestruzzo.

 

Premessa

Sull'intonaco si evidenziavano lesioni sub verticali, perpendicolari alla direzione di schiacciamento del calcestruzzo e il piegamento delle armature in ferro.

La sezione del pilastro era di cm. 25x35 e ad un veloce calcolo di massima risultarono agenti sul pilastro ca 120 ton.
Nelle foto che seguono si evidenzia il piegamento dei ferri di armatura (foto 1) e il nido di ghiaia (foto 2) che evidenzia la scarsa qualità del getto.

La sezione del pilastro era di cm. 25x35 e ad un veloce calcolo di massima risultarono agenti sul pilastro ca. 120 ton. Nelle foto che seguono si evidenzia la sintomatologia sul pilastro, ossia il piegamento dei ferri di armatura (foto 1) e il nido di ghiaia (foto 2), che evidenzia la scarsa qualità del getto.

Il pilastro era situato in una muratura di divisione tra due locali commerciali al piano terra di un immobile di 7 piani, realizzato alla fine degli anni '60, in una zona che con la legge 64/74 fu successivamente considerata sismica. L'edificio fu realizzato con fondazione a plinti isolati (Foto 3).

  

Foto 3 - Plinto isolato

FASI dell'Intervento:
•    Messa in sicurezza
•    Prove non distruttive
•    Progetto e realizzazione dell'Intervento di consolidamento.

•    Fase uno: Messa in sicurezza
Ad un sopralluogo di una squadra di VV.F., sollecitata casualmente dal proprietario del negozio di ottica, che era sopraggiunta per un altro sopralluogo in un garage dello stesso immobile, la stessa si rende conto della gravità della situazione, contattando funzionari dello stesso Comando VV.F. a Roma. I funzionari sopraggiunti, vorrebbero far sgomberare l'immobile, ma prima compiono un sopralluogo nel piano seminterrato dove sono situati i box dei vari condomini.
A quel piano, è possibile visionare il numero, le dimensioni e la distribuzione dei pilastri dell'edificio. Valutata la situazione, rinunciano allo sgombero, ma sollecitano prima verbalmente e poi con un verbale di sopralluogo, inviato all'amministrazione comunale, un intervento celere di consolidamento per evitare la situazione di pericolo per le persone e la salvaguardia delle cose.
Dopo tre giorni dal sopralluogo, il sottoscritto riceve incarico da parte dei tre amministratori del super condominio per intervenire al fine di ripristinare in modo adeguato la situazione. Accettato l'incarico, suggerivo l'acquisto di tubifix, per realizzare un banchinaggio atto a mettere in sicurezza il pilastro. Valutavo di togliere un peso di ca. 40 ton, non essendo possibile compensare, per motivi logistici, l'intero carico insistente sul pilastro, come già riferito di 120 ton.
Nella foto 4 viene mostrato il sistema di banchinaggio realizzato con i pali e calastrelli, poichè le travi non erano in asse. Il banchinaggio poggiava chiaramente sul piano del seminterrato e con brecce nel solaio soprastante arrivava alle travi del solaio del piano terra.

Foto 4 - Banchinaggio con Tubifix e calastrelli

Terminata la fase di messa in sicurezza, fu iniziata la fase di controllo e studio delle caratteristiche dei materiali costituenti il pilastro.


•    Fase due: Controlli non distruttivi (metodo Sonreb)
Successivamente alla fase di messa in sicurezza, si è dato inizio alla fase di controllo delle caratteristiche dei materiali costituenti il pilastro.
I ferri erano lisci, non ad aderenza migliorata, e con lo sclerometro, ma soprattutto con l'uso degli ultrasuoni, si comprese che la qualità del calcestruzzo non fosse più idonea per l'esercizio delle proprie funzioni.
Sia i dati provenienti dalle prove sclerometriche e sia quelli provenienti dai dati relativi delle velocità agli ultrasuoni (velocità basse, materiale con fratture) accertarono che la resistenza meccanica del calcestruzzo non era più idonea e a quel punto si comprese che la sezione del pilastro esistente non poteva essere considerata come disponibile alla funzione per cui era stata progettata.

                                                                                                 

Foto 5 - Centratura per prove SONREB (sclerometro ed ultrasuoni)

•    Fase tre: Consolidamento del pilastro con intervento di incamiciatura
L'intervento è consistito in una "incamiciatura" realizzata con armature (foto 6 e 7) che hanno, appunto, avvolto la sezione deteriorata e che per motivi di sicurezza è stata considerata come non più resistente affidando l'intera resistenza a compressione alla corona realizzata.
Il getto della malta a ritiro compensato, di tipo autolivellante, fu eseguito dal pavimento di un immobile del primo piano, realizzando due fori, uno per consentire il getto e il secondo per permettere la fuoriuscita dell'aria.
Il getto è stato eseguito con malta tixotropica a ritiro compensato della Ruredil di Milano, previo montaggio di una rete di ferri ad aderenza migliorata che corre sul perimetro del pilastro e con un distacco di 10 cm che ha realizzato, appunto, la nuova corona resistente di cemento armato.
Come già ricordato, la resistenza della sezione del pilastro esistente fu ritenuta nulla.
L'esito delle prove di schiacciamento dei cubetti realizzati con questo tipo di malta cementizia (prove eseguite presso Istedil) hanno dato esiti importanti con resistenza intorno ai 70 MPA (700 kg/cmq), ossia circa il doppio dei valori di resistenza usuali nelle produzioni correnti.

Oggi, dopo quasi venti anni, il suddetto pilastro svolge ancora la sua funzione e non ha mostrato più alcun segnale di disagio statico.

Spero che questo articolo sia stato di vostro gradimento e foriero di utili spunti.

Grazie

Ing. Maurizio Massini

ingmas61@gmail.com

 

Ti può interessare anche l'articolo dello stesso autore "Carbonatazione del cemento armato, può creare una lesione longitudinale delle travi"

Articolo del:


di Ing. Maurizio Massini

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse