Scioglimento dei Comuni per mafia, l'interesse a impugnare


Il Consiglio di Stato si interroga su quale sia l'interesse a impugnare il decreto presidenziale con il quale l'ente locale viene sciolto per infiltrazioni malavitose
Scioglimento dei Comuni per mafia, l'interesse a impugnare

Scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa

Sussiste l’interesse a impugnare dinanzi al Giudice Amministrativo il D.p.r. con il quale viene sciolto il Consiglio Comunale? E se sussiste, in che modo lo stesso si qualifica sebbene l’eventuale annullamento non può mai comportare che il consiglio comunale, e quindi gli organi di indirizzo politico, ritornino nell’esercizio delle proprie funzioni.

Sul punto in questione e su altri elementi di connotazione dello scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni della criminalità organizzata si è soffermata il Consiglio di Stato con la Sentenza  n. 2793 del 07.4.2021 con la quale si è iniziato ad affrontare il tema di qualificare l’interesse a impugnare il decreto di scioglimento.

In particolare, in ordine a tale profilo, i giudici di Palazzo Spada hanno chiarito che l’azione di annullamento del decreto ha “un interesse morale all’acceleramento dell’inesistenza di forme di pressione e di vicinanza della compagine governativa alla malavita organizzata”.

In sostanza, secondo i giudici, l’azione di annullamento non è mai suffragata da un interesse di natura sostanziale teso al ripristino della operatività delle funzioni degli organi politici del Comune. Ma ciò non significa depotenziare l’interesse all’azione di annullamento. Anzi.

Il Consiglio di Stato sostiene che l’azione di annullamento deve essere sostenuta da un interesse morale con il quale gli amministratori, al fine di tutelare la loro immagine e reputazione nei confronti della pubblica opinione, intendano far dichiarare l’erroneità di tutte le affermazioni contenute all’interno del decreto circa l’esistenza di forme di pressione e vicinanza alla compagine amministrativa della criminalità organizzata:

“Né varrebbe obiettare che la lesione dell’immagine del singolo ex amministratore discende semmai (e a tutto voler concedere) essenzialmente dai “fatti” posti a fondamento della misura dissolutoria, l’accertamento della cui veridicità è oggetto di verifica solo incidentale da parte del giudice amministrativo. Non si può negare, infatti, che quei fatti assurgono a significanza proprio per il tramite del giudizio valutativo altamente discrezionale che ne rende l’amministrazione, sicché, se la portata del loro disvalore è compendiata ed enucleata essenzialmente nell’atto ex art. 143, è certamente apprezzabile l’interesse demolitorio volto a contrastare l’interpretazione che in detto atto risulta trasposta e cristallizzata”.

Inoltre con la medesima sentenza il Consiglio di Stato si occupa di delineare quello che deve essere l’oggetto del sindacato del giudice amministrativo che deve sì riguardare la ricostruzione dei fatti inerenti l’infiltrazione della malavita organizzata ma non può andare oltre il riscontro della correttezza logica.

Il giudice amministrativo, nel suo scrutinio, deve verificare in sostanza se il decreto sia affetto da eccesso di potere, che qui rileva come inadeguatezza dell’istruttoria  e violazione del principio di proporzionalità tra i fatti e l’obiettivo perseguito.

In sostanza i giudici di palazzo spada, sul punto specifico hanno ricordato che :” il potere di scioglimento in questione deve essere esercitato in presenza di situazioni di fatto che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi, suffragate da risultanze obiettive e con il supporto di adeguata motivazione; tuttavia, la presenza di risultanze obiettive esplicitate nella motivazione, anche ob relationem, non deve coincidere con la rilevanza penale dei fatti, né deve essere influenzata dall'esito di eventuali procedimenti giudiziari che abbiano lambito o investito la medesima vicenda storica”.

Ciò che implica è la correttezza del procedimento amministrativo seguito, indipendente del tutto dalle risultanze e dagli esiti del procedimento penale, da cui il d.p.r. adottato è scisso. Per sciogliere infatti un Comune non è necessario che siano accertati reati a carico degli amministratori con sentenza passata in giudicato, ma semplicemente un insieme di fatti ed eventi dannosi che facciano ritenere oltre ogni ragionevole dubbio che l’agire amministrativo sia stato condizionato e turbato da contiguità con il fenomeno criminale.

            

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di Avv. Vincenzo Lamberti

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