Semplificazione, semplificazione, semplificazione!


Il miglior strumento per evitare imbrogli e corruzione: “poche regole semplici e chiare per tutti”
Semplificazione, semplificazione, semplificazione!
Gli appalti pubblici sono disciplinati dal "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture" e dal connesso "Regolamento di attuazione": un complesso di norme abnormi. Il codice conta 257 articoli e 22 allegati; il regolamento conta ulteriori 359 articoli e 15 allegati. Queste ordinamenti vanno poi correlate alle disposizioni di spesa contenute nel testo unico degli Enti Locali, ed a quelle residuali della contabilità dello stato in materia di opere pubbliche statati. Insomma materia per super esperti!

Occorre un radicale cambiamento.

La semplificazione del quadro normativo deve essere il primo pilastro. La semplificazione deve riguardare principalmente le norme. Esse dovranno riguardare esclusivamente la regolazione dei rapporti tra il pubblico interesse e l’interesse dell’operatore economico coinvolto, tutto il restante apparato deve ritornare al rango di disciplina tecnica, il contenuto di un progetto ad esempio non può esser disposto per legge senza incorrere in errori ed incongruenze; e potremo continuare l’elenco delle disposizioni inconferenti, ma non è questa la sede.

Per capire l’inadeguatezza dell’attuale ordinamento basta osservare la normale dinamica degli appalti pubblici attraverso due significativi indicatori: il rispetto dei tempi procedurali ed il contenzioso. Diciamo subito che per queste informazioni non esistono statistiche, non esistono dati immediatamente consultabili dagli operatori del settore né dai cittadini. Anche l’Autorità di vigilanza dei Lavori pubblici, oggi ANAC, malgrado la quantità di dati che ciascuna pubblica amministrazione è obbligata ad inviare all’Osservatorio nelle diverse fasi del procedimento attuativo dei contratti pubblici, non pubblica queste statistiche, che sarebbero illuminanti. Allora riferiremo le nostre osservazioni alla nostra esperienza diretta di operatori del settore, maturata sia dalla parte della Pubblica Amministrazione, che dalla parte degli operatori privati (progettisti ed imprese) negli ultimi 20 anni ossia nel periodo di vigenza delle norme dalla Merloni in poi.
Il primo elemento che emerge da questa esperienza è il generalizzato mancato rispetto dei tempi amministrativi, dalla programmazione alla progettazione, dalla attuazione alla messa in esercizio. Le diverse fasi previste dalla legislazione sono vissute generalmente dagli operatori pubblici come meri adempimenti di natura formale. In particolare la programmazione degli interventi, generalmente anziché essere il frutto di valutazioni di bisogni ed opportunità è frutto della composizione di interessi occasionali, ed in quanto tali oggettivamente ridiscutibili e rinegoziabili in funzione dei diversi gruppi d’interesse rappresentati, così si assiste spesso che a decisioni già assunte si ritorna a ridiscutere la necessità o la opportunità dell’intervento con enormi sprechi di tempo e di risorse. Ci sono poi i ritardi legati alla inadeguatezza delle risorse umane messe in campo, ma di questo tratteremo più diffusamente quando si tratterà del ruolo del Responsabile del procedimento e dei Progettisti. C’è poi la enorme conflittualità che il sistema ha generato, per cui è raro che non vi sia un procedimento di spesa che non registi l’instaurarsi di un contenzioso sia nella fase di scelta del contraente, che nella esecuzione del contratto. Insomma potremo affermare che il tratto distintivo dio questo scenario è l’incertezza. Così paradossalmente questa montagna di norme anziché fornire chiari elementi di conduzione della spesa pubblica è, a nostro avviso, il principale elemento di precarietà. Nella precarietà, nelle cortine fumogene di norme poco comprensibili, nelle lungaggini amministrative oltre ad annidarsi il patologico contenzioso si annida anche il più dannoso virus della corruzione.

È chiaro a tutti che qualsiasi operatore economico ha la necessità di realizzare nei tempi stabiliti, o meglio il più velocemente possibile e senza intoppi le proprie attività. Così ciascuno si "attrezza" secondo la propria sensibilità. Molti trovano, come abbiamo sentito anche in alcune affermazioni rese di recente anche da rappresentanti di grandi imprese, che "occorre fare di necessità virtù" per stare nel mercato. Insomma si è in presenza di una "sottocultura" dove il fine giustifica sempre i mezzi anche quelli più deteriori come la corruzione portata alla luce ancora una volta in modo eclatante dalle inchieste del 2014 (EXPO, MOSE, ricostruzione de L’Aquila, Mafia Capitale, ecc.). Una mala pianta di difficile sradicamento!

Solo se le norme saranno comprensibili da tutti ciascuno potrà esercitare un controllo civile e democratico, senza dover delegare questa funzione essenziale ai soli organi inquirenti ed alla magistratura con una oggettiva sproporzione delle forze in campo.

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di Francesco Crispino

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