Smart working, lavorare ai tempi del Coronavirus


Lo smart - working, oggi largamente imposto a tutela della salute pubblica, se usato in modo intelligente, può inaugurare un nuovo rapporto tra lavoratori e datori
Smart working, lavorare ai tempi del Coronavirus

 

Nel corso di questi ultimi mesi, l’evoluzione dell’epidemia da COVID-19 ha richiesto vari interventi d’emergenza anche in ambito giuslavoristico, al fine di contrastarne la diffusione e permettere la continuità delle attività lavorative interessate dai provvedimenti di lockdown.

Anche l’ultimo DPCM del 20/04/2020, all’art. 1 - rubricato “misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale” - lettera gg) - prevede per i datori di lavoro privati la possibilità di applicare a ogni rapporto di lavoro subordinato la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 maggio 2017, n. 81 [1].

Con il presente contributo, intendiamo illustrare le principali caratteristiche di questa particolare modalità di lavoro, nota come smart working, finora poco conosciuta ed utilizzata (se non per una ristretta fetta del mercato di cui fanno parte aziende più strutturate, già dotate di apparati appositamente predisposti, con applicativi per la fruizione remota e dispositivi adeguati).

Abbiamo, infatti, notato il diffuso dubbio che una simile prestazione lavorativa non sia parificabile all’attività lavorativa classica, per il fatto che la medesima venga espletata per lo più a casa.

Orbene, la Legge n. 81 del 2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, ha messo nero su bianco gli ambiti di applicazione del cd. lavoro agile e le garanzie che lo caratterizzano, come stesso stipendio (art. 20), parità contrattuale, tutela per infortuni e malattie (art. 23).

Al lavoratore è riconosciuto il medesimo trattamento retributivo stabilito dal contratto collettivo applicabile anche se la retribuzione non viene più modulata sulla base dell’orario ma dell’obiettivo prefissato dal datore di lavoro.

L’istituto in questione è nato allo scopo di incrementare la competitività ed agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (usufruendo anche di diversi incentivi fiscali). Ovviamente, questi originari scopi pratici, nel nostro presente, sono stati superati dalla fondamentale necessità di contemperare, da un lato, la prosecuzione delle attività lavorativa e, dall’altro, il rispetto delle misure di contenimento della diffusione del virus (quali, il lavorare separati gli uni dagli altri, l’evitare gli ambienti affollati e gli spostamenti da una città all’altra).

È il datore di lavoro (quale responsabile della salute e della sicurezza dei lavoratori) a rispondere del buon funzionamento degli strumenti tecnologici utilizzati dal lavoratore (art. 18 comma 2 Legge 81/2017). Il datore di lavoro, quindi, dovrà ad esempio assicurarsi che il software di sicurezza utilizzato sia aggiornato e che la rete aziendale sia in grado di sostenere un elevato numero di collegamenti simultanei, per poter operare in videoconferenza sia con i clienti che con i colleghi. I canali dovranno essere cifrati e accessibili solo con password e sistemi di autentica, per garantire la privacy dei dati scambiati in rete. I computer utilizzati dai lavoratori per l’accesso da remoto dovranno, di preferenza, essere usati solamente per lo smart working, con applicativi antivirus e antimalware sempre aggiornati e la connessione alla rete domestica dovrà essere sicura.

Inoltre, è opportuno che la prestazione lavorativa rispetti, in ogni caso, i principi giuslavoristici. In particolare, è vivamente consigliabile l’adozione di un piano condiviso che consenta al lavoratore la pianificazione del proprio lavoro, così da evitare il rischio che lo smart worker diventi “schiavo” della connessione permanente (per questo, diverse grosse aziende stanno discutendo sull’introduzione del cd. diritto alla disconnessione). Parimenti, è raccomandabile una modalità concordata per la rendicontazione dell’attività svolta, anche nel rispetto dei principi che vietano il controllo a distanza del lavoratore.

Il sopra menzionato DPCM del 20/04/2020, visto l’attuale stato di emergenza, ha invitato il ricorso allo smart working anche in assenza di accordi individuali (prescritti dalla Legge), richiedendo esclusivamente che sia predisposta una autocertificazione.

Stante quanto sopra illustrato, è possibile affermare che lo smart working altro non è che una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Conseguentemente, il soggetto in smart working è a tutti gli effetti un lavoratore con tutto ciò che ne deriva.

Ciò posto, vogliamo condividere con tutti Voi criticità e positività dell’istituto de quo.

Un dato è certo: lo smart working non è attualmente l’oggetto di una libera scelta, ma frutto di una imposizione dettata da esigenze di salute pubblica. Per molti, pertanto, il passaggio a tale modalità lavorativa è avvenuto senza che vi fosse una preparazione sia dal punto di vista tecnologico, sia in punto di forma mentis. Sotto quest’ultimo profilo, raccolte diverse testimonianze, ci siamo accorte come il principale problema riscontrato sia la difficoltà per i lavoratori di organizzare il proprio tempo, separando quello dedicato al lavoro da quello extra lavorativo; si generano, quindi, giornate confuse ed interminabili, ove il lavoro si mischia con le faccende domestiche e la cura dei figli, rischiando di fare il tutto con scarsa concentrazione, lucidità e profitto.

Depurato da tali inevitabili criticità, superabili a nostro avviso con un tempo di rodaggio e impegno, è innegabile che lo smart working, se utilizzato in modo davvero intelligente, possa sin da ora rendere più moderno ed efficace il rapporto tra aziende e lavoratori. Riteniamo infatti che una tale modalità lavorativa incentivi la fiducia nei rapporti orizzontali tra colleghi e, soprattutto, nei rapporti verticali tra superiori e lavoratori dipendenti, complice l’assegnazione di obiettivi da raggiungere.

Grazie allo smart working, finalmente, potranno venir meno quelle davvero fastidiose forme di ostinato presenzialismo: il tempo ha un grosso valore… impariamo a gestirlo bene a tutto vantaggio della nostra salute e, conseguentemente, della prestazione lavorativa stessa!


Lo Studio DM è a Vostra disposizione sull'istituto e sulle tutele connesse, mediante il ricorso a modalità di comunicazione telematica.

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[1] I provvedimenti adottati in materia di emergenza sanitaria da Covid-19 hanno, dapprima, raccomandato e, poi, imposto ad aziende e studi professionali l’attuazione di modalità di lavoro agile per tutte le attività che possono essere svolte presso il proprio domicilio o a distanza (art. 1 n. 7 lett. a) DPCM 11 marzo 2020 e art. 1 comma 1 lett. c) DPCM 22 marzo 2020).

[2] Si rinvia, al riguardo, al nostro contributo dal titolo “Congedo Covid e bonus baby-sitting a tutela dei genitori” del 26/03/2020.

 

Articolo del:


di Avv.ti Francesca Tagliarini - Valeria Dellavedova

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