Sostituzione di persona, si rischia fino a un anno di carcere

A quanti può essere capitato di sostituire la propria all’altrui persona anche per motivi banalissimi per esempio chiedere qualcosa ad una pubblica amministrazione per conto della madre o di una sorella magari per telefono?
Occorre, però, prestare attenzione a tali comportamenti leggeri e disinvolti perché si può rischiare una responsabilità penale ed incorrere,infatti, nella fattispecie prevista e punita dall’art 494 c.p. che testualmente recita: “chiunque al fine di procurare a se o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona o attribuendo a se od a altri un falso nome, o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici è punito se il fatto non costituisce un altro reato contro la fede pubblica con la reclusione fino ad un anno”.
Questa fattispecie penale nasce dalla necessità sentita dal legislatore di tutelare la fede pubblica, per impedire che possa così essere ingannata da taluno che utilizzi un falso nome, o un falso stato, o una falsa identità o menta sui suoi attributi sociali.
Tale fattispecie nasce anche per tutelare non solo la fede pubblica, ma quel soggetto parte offesa di cui si è utilizzato i dati e su cui si riverberano gli effetti dannosi della sostituzione.
Importante è sottolineare come la forma prevista dalla fattispecie penale sia c.d. a forma vincolata: cioè il soggetto che compie il detto reato deve appunto sostituire la propria all’altrui persona e attribuire a se un falso nome o un falso stato o una qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici (si pensi all’attribuirsi una particolare cittadinanza o attribuirsi la potestà genitoriale su una persona).
Per configurarsi tale reato occorre, però. che tale illegittima attività comporti necessariamente un vantaggio a se o ad altri ovvero un danno al soggetto di cui si utilizzano per esempio i dati anagrafici.
Per giurisprudenza costante è, infatti, necessaria per la configurabilità del reato che sussista un danno o un vantaggio.
Il reato si consuma al momento che il soggetto passivo viene indotto in errore ed è configurabile anche il tentativo (cioè quando non si riesca a trarre in inganno).
L’art. 494 c.p. è norma di carattere sussidiario cioè si configura quando non sia ravvisabile qualche altro reato contro la fede pubblica.
Importante sottolineare, inoltre, che la detta norma richiede perché si configuri il reato che sussista il dolo specifico.
Il dolo, sappiamo, è la coscienza e volontà di compiere una qualche attività contraria alla norma, mentre il dolo specifico richiede un quid pluris: cioè non solo la coscienza e volontà di sostituire la propria all’altrui persona, ma anche il fine di arrecare ad altri un danno o di percepire un vantaggio per se o per altri..
Quindi, si può volere il fatto di sostituirsi ad altra persona, ma se manca la volontà ovvero lo scopo di arrecare un danno alla parte offesa o procurarsi un vantaggio non può dirsi configurata la fattispecie di cui all’art. 494 c.p.
Pensiamo, per esempio, ad un soggetto che per arrecare danno all’individuo le cui generalità vengono spese, utilizzi una casella di posta elettronica facendo ricadere sull’intestatario le conseguenze delle aste on line cui ha partecipato.
Dunque, per la configurabilità del reato è necessario la sussistenza di un danno o di un vantaggio causalmente ascrivibile alla condotta del soggetto che agisce.
Il reato si configura nel momento in cui l’agente utilizza tali mezzi fraudolenti inducendo taluno in errore al fine di conseguire un vantaggio o di arrecare un danno. Dunque, attenzione quando leggermente possiamo o ci può capitare di sostituire una persona, magari al telefono, perché indurre taluno in errore sostituendo illegittimamente la nostra all’altrui persona può costare caro.
Questo perché se gli inganni superano la ristretta cerchia di un determinato destinatario è presente quell’insidia alla fede pubblica che il legislatore ha voluto tutelare e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto al nome.
Avv. Cristina Balducci
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