“Spalma incentivi”: ora al via le azioni civili
L’illegittimità costituzionale della norma contenuta nell’art. 26 del D.L. 91/2014 apre la via alle azioni civili nei confronti del GSE

Grande attenzione è stata posta sul D.L. 91/2014, il c.d. "Decreto competitività", per gli addetti del settore rinominato "Decreto spalma incentivi", ed in particolare sulla previsione dell’art.26 che ha di fatto rimodulato con effetto retroattivo l’erogazione delle tariffe incentivanti da parte del Gestore dei Servizi Energetici - GSE, società per azioni controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il decreto è andato pesantemente ad incidere sul sistema di incentivazione previsto per l’energia prodotta da impianti fotovoltaici, introdotto in Italia a seguito del recepimento della Direttiva Europea 2001/77/CE con il D.Lgs. 387/2003 e di seguito ridefinito con il D.Lgs. 28/2011 che ha recepito la successiva Direttiva Europea 2009/28/CE.
Il meccanismo di incentivazione è fondato sulla corresponsione da parte del GSE, in base all’energia prodotta dall’impianto di una tariffa stabilita mediante un decreto ministeriale: le condizioni, i termini e le modalità di erogazione della tariffa sono regolamentate da contratti di diritto privato stipulati tra i produttori di energia titolari degli impianti ed il GSE, sulla scorta della previsione dell’art. 24, comma 1. lettera d) del D.Lgs. 28/2011.
L’intervento attuato dal legislatore con l’introduzione dell’art. 26 del D.L. 91/2014 ha di fatto modificato unilateralmente le condizioni già pattuite tra i titolari degli impianti ed il GSE, prevedendo da un lato una riduzione delle tariffe applicabili e dall’altro un’allungamento da 20 a 24 anni del periodo di corresponsione della tariffa così rimodulata.
La norma applicata ha una valenza assolutamente retroattiva, andando a determinare una modifica ex lege di posizioni giuridiche già consolidate, incidendo su rapporti di durata già costituiti e, soprattutto, regolamentati da contratti di diritto privato.
La Corte Costituzionale non si è ancora pronunciata sui ricorsi presentati specificamente contro il D.L. 91/2014, ma la sua giurisprudenza ormai consolidata ha riconosciuto che l’affidamento, che il privato legittimamente pone sulla certezza dell’immutabilità del rapporto giuridico che ha costituito con la stipula del contratto di diritto privato, è degno di essere tutelato contro ogni atto che il legislatore ponga in essere; non sono in alcun modo ammissibili modifiche unilaterali ed imperative ad opera della "parte pubblica" del contratto.
Le scelte dei titolari di impianti fotovoltaici, dettate in massima parte da una valutazione delle tariffe in vigore al momento della stipula del contratto con il GSE, vanno tutelate da atti di imperio della pubblica amministrazione, così come previsto anche dall'art. 41 della Costituzione.
L’affidamento, stabilisce la Corte Costituzionale, "appare qui, in altri termini, rivolto non tanto alle astratte norme regolative del rapporto o alla relativa loro ‘sicurezza’, quanto piuttosto al contenuto concreto dell’accordo e dei reciproci specifici impegni assunti dalle parti al momento della stipula della convenzione [...]: impegni sulla cui falsariga, come accade in ogni ordinaria dinamica contrattuale, si sono venuti a calibrare i rispettivi oneri di ordine anche economico, oltre che le corrispondenti aspettative".
Si tratta sostanzialmente di una "‘novazione’ del rapporto intercorrente tra le parti che risulta così in itinere stravolto in alcuni dei suoi elementi essenziali al di fuori, peraltro, di qualsiasi meccanismo di concertazione e di accordo".
Ecco allora che l’applicazione del disposto dell’art. 26 del D.L. 91/2014, decorsi ormai i termini per ogni ricorso alla giustizia amministrativa, determina ora la possibilità per il titolare di impianto fotovoltaico di adire la magistratura civile ordinaria per elidere le conseguenze negative dell’applicazione di una norma manifestamente anticostituzionale, agendo in particolare per l’adempimento da parte del GSE delle condizioni contrattuali concordate al momento della sottoscrizione della convenzione.
Il decreto è andato pesantemente ad incidere sul sistema di incentivazione previsto per l’energia prodotta da impianti fotovoltaici, introdotto in Italia a seguito del recepimento della Direttiva Europea 2001/77/CE con il D.Lgs. 387/2003 e di seguito ridefinito con il D.Lgs. 28/2011 che ha recepito la successiva Direttiva Europea 2009/28/CE.
Il meccanismo di incentivazione è fondato sulla corresponsione da parte del GSE, in base all’energia prodotta dall’impianto di una tariffa stabilita mediante un decreto ministeriale: le condizioni, i termini e le modalità di erogazione della tariffa sono regolamentate da contratti di diritto privato stipulati tra i produttori di energia titolari degli impianti ed il GSE, sulla scorta della previsione dell’art. 24, comma 1. lettera d) del D.Lgs. 28/2011.
L’intervento attuato dal legislatore con l’introduzione dell’art. 26 del D.L. 91/2014 ha di fatto modificato unilateralmente le condizioni già pattuite tra i titolari degli impianti ed il GSE, prevedendo da un lato una riduzione delle tariffe applicabili e dall’altro un’allungamento da 20 a 24 anni del periodo di corresponsione della tariffa così rimodulata.
La norma applicata ha una valenza assolutamente retroattiva, andando a determinare una modifica ex lege di posizioni giuridiche già consolidate, incidendo su rapporti di durata già costituiti e, soprattutto, regolamentati da contratti di diritto privato.
La Corte Costituzionale non si è ancora pronunciata sui ricorsi presentati specificamente contro il D.L. 91/2014, ma la sua giurisprudenza ormai consolidata ha riconosciuto che l’affidamento, che il privato legittimamente pone sulla certezza dell’immutabilità del rapporto giuridico che ha costituito con la stipula del contratto di diritto privato, è degno di essere tutelato contro ogni atto che il legislatore ponga in essere; non sono in alcun modo ammissibili modifiche unilaterali ed imperative ad opera della "parte pubblica" del contratto.
Le scelte dei titolari di impianti fotovoltaici, dettate in massima parte da una valutazione delle tariffe in vigore al momento della stipula del contratto con il GSE, vanno tutelate da atti di imperio della pubblica amministrazione, così come previsto anche dall'art. 41 della Costituzione.
L’affidamento, stabilisce la Corte Costituzionale, "appare qui, in altri termini, rivolto non tanto alle astratte norme regolative del rapporto o alla relativa loro ‘sicurezza’, quanto piuttosto al contenuto concreto dell’accordo e dei reciproci specifici impegni assunti dalle parti al momento della stipula della convenzione [...]: impegni sulla cui falsariga, come accade in ogni ordinaria dinamica contrattuale, si sono venuti a calibrare i rispettivi oneri di ordine anche economico, oltre che le corrispondenti aspettative".
Si tratta sostanzialmente di una "‘novazione’ del rapporto intercorrente tra le parti che risulta così in itinere stravolto in alcuni dei suoi elementi essenziali al di fuori, peraltro, di qualsiasi meccanismo di concertazione e di accordo".
Ecco allora che l’applicazione del disposto dell’art. 26 del D.L. 91/2014, decorsi ormai i termini per ogni ricorso alla giustizia amministrativa, determina ora la possibilità per il titolare di impianto fotovoltaico di adire la magistratura civile ordinaria per elidere le conseguenze negative dell’applicazione di una norma manifestamente anticostituzionale, agendo in particolare per l’adempimento da parte del GSE delle condizioni contrattuali concordate al momento della sottoscrizione della convenzione.
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