Spiagge: la Corte UE boccia il rinnovo automatico


La Corte di giustizia UE ha ritenuto che la proroga ex lege della scadenza delle concessioni balneari è contraria alla direttiva servizi (2006/123)
Spiagge: la Corte UE boccia il rinnovo automatico
La Corte di giustizia dell’Unione europea, risolvendo due questioni pregiudiziali sottopostele dal TAR Lombardia (causa C-458/14) e dal TAR Sardegna (causa C-67/15) ha di fatto dichiarato, con sentenza del 14 luglio 2016, l’incompatibilità con il diritto dell’Unione europea della normativa italiana che ha disposto una proroga ex lege della scadenza delle concessioni balneari.
La questione, in realtà, affonda le radici indietro nel tempo. Già nel 2009, infatti, la Commissione europea aveva ufficialmente aperto una procedura di infrazione contro la Repubblica italiana alla quale contestava di aver mantenuto in vigore, all’art. 37 del codice della navigazione, un diritto di preferenza a favore del concessionario uscente nell’ambito delle procedure di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo. Tale previsione è stata, poi, eliminata dal legislatore con il D.L. 194 del 2009 il quale, contestualmente, prorogava al 31 dicembre 2012 la scadenza delle concessioni esistenti. In fase di conversione in legge del decreto (legge n. 25 del 2010), poi, oltre ad elevare al 31 dicembre 2015 la scadenza delle concessioni in essere, attraverso un rinvio legislativo, era stato altresì introdotto un sistema di rinnovo automatico delle stesse di sei anni in sei anni per la qual cosa la Commissione europea aveva adottato una lettera di contestazione complementare. Con la successiva abrogazione della contestata norma che consentiva il rinnovo automatico, la Commissione ha tuttavia ritenuto, nel febbraio 2012, di poter chiudere l’avviata procedura per infrazione.
Pochi mesi dopo, però, il legislatore italiano, con la legge 221 del 17 dicembre 2012, «nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreati», ha ulteriormente prorogato la scadenza delle concessioni balneari al 31 dicembre 2020.
In tale contesto normativo si inseriscono le controversie pendenti dinanzi alle giurisdizioni nazionali che hanno operato i rinvi pregiudiziali e che sostanzialmente hanno chiesto alla Corte di interpretare, in particolare, l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva servizi o direttiva Bolkenstein) che impone lo svolgimento di gare pubbliche, trasparenti ed imparziali per l’attribuzione di autorizzazioni allo svolgimento di una determinata attività in presenza della scarsità delle risorse naturali (come nel caso delle aree costiere), e per di più prevedendo un termine limitato per la loro durata ed escludendo un rinnovo automatico.
La Corte di giustizia, pertanto, preliminarmente chiarisce che i provvedimenti concessori in discussione nelle cause principali, per il fatto di consentire lo sfruttamento, per finalità turistico-ricreative, di un’area demaniale, devono essere qualificati come delle "autorizzazioni" ai sensi della direttiva 2006/123 e non come delle "concessioni di servizi" - escluse dall’ambito di applicazione della direttiva - caratterizzate, invece, dalla predeterminazione da parte dell’ente della fornitura da prestare.
Diretto corollario di tale affermazione è, da un lato, la necessità di individuare i beneficiari delle autorizzazioni mediante procedure di selezione pubbliche, trasparenti ed imparziali, e, dall’altro, l’impossibilità di operare delle proroghe della scadenza. A tal proposito, poi, i giudici di Lussemburgo precisano che una normativa nazionale «che prevede una proroga ex lege della data di scadenza delle autorizzazioni equivale a un loro rinnovo automatico, che è escluso dai termini stessi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123» ed inoltre non consente lo svolgimento di una adeguata procedura di selezione.
Chiarita l’incompatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione, la Corte passa, poi, anche ad analizzare le giustificazioni addotte dal governo italiano precisando che, per quanto la tutela del legittimo affidamento degli imprenditori che, sulla scorta di un determinato quadro normativo, abbiano operato degli investimenti a lungo termine possa costituire una ragione idonea a giustificare, nel breve periodo, una restrizione all’applicazione delle regole derivanti dal diritto dell’Unione europea, tale argomento non può comunque giustificare una proroga ex lege come quella disposta dal legislatore italiano dovendo, invece, procedersi ad una valutazione caso per caso.
Con la presente sentenza, ora, si aprono interessanti scenari per quanto riguarda il sistema delle concessioni balneari.
La pronuncia, infatti, impone indirettamente al Governo di effettuare una modifica legislativa ed agli altri Enti pubblici locali interessati di concedere nuove autorizzazioni solo per periodi limitati e previo esperimento di gare pubbliche.
Non è poi da escludere l’introduzione di azioni risarcitorie nei confronti dello Stato sia da parte di imprenditori che si siano visti illegittimamente negare l’esercizio del proprio potere di impresa sia da parte dei consumatori ed utenti che, a causa di una riduzione della concorrenza, abbiano subito una riduzione del livello di qualità dei servizi turistico-ricreativi nelle aree demaniali balneari.

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di Adriano Maffeo

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