SRI, ESG, finanza etica: ma di cosa stiamo parlando?

Se chiedo ad ognuno di voi che significato attribuite ai termini SRI, ESG e finanza etica scopriremo che, al di là della corretta traduzione dei termini inglesi, ognuno ha un’idea diversa. Questo non dipende dalla scarsa conoscenza dell’argomento, ma semplicemente dal fatto che questi termini hanno connotazioni principalmente soggettive: il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, la virtù e il vizio, la giustizia e il crimine.
Quando un investitore decide di escludere i produttori di tabacco lo fa per motivi etici legati alle conseguenze dell’uso del tabacco o per ragioni economiche quali ad esempio il costo delle cause civili in corso?
E ancora quando un investitore decide di acquistare una macchina elettrica lo fa pensando di fare una scelta green o per una questione economica?
La produzione di batterie elettriche solleva non poche questioni, richiede grandi quantità di diversi minerali (litio, cobalto, alluminio e zinco) la cui produzione genera significative emissioni di gas serra. Non solo, la maggior parte delle attività minerarie si svolge in paesi (Congo, Russia, Cina) con standard sociali inferiori rispetto agli Stati Uniti e all’Europa sollevando, quindi, questioni relative ai diritti umani e alla qualità del lavoro.
Come dimostrano questi esempi, il confine tra motivi etici, investimenti sostenibili ed investimenti responsabili è difficilmente tracciabile. L’applicazione stessa di tali principi nelle scelte di investimento è complessa.
Diversi sono i metodi applicati per effettuare queste scelte.
Il primo approccio, e anche il più diffuso, è quello dell' “esclusione”.
Si escludono società per motivi religiosi (come a esempio quelle che non rispettano il dettato islamico), di inquinamento (legate ad esempio alle emissioni di gas serra), di impatto sociale negativo (come le aziende di tabacchi o del gioco), di utilizzo di determinate pratiche (come quelle che effettuano sperimentazione su animali), magari quelle soggette a rischi di controversie (come la fuga di dati sensibili), o per la violazione di diritti umani (come l’uso di manodopera minorile).
Un altro è approccio che sta crescendo rapidamente è quello tematico legato alle sfide ESG come la crisi idrica e la scarsità di cibo, i cambiamenti climatici e la disuguaglianza di genere.
Il punto chiave, però, è sempre lo stesso, la mancanza di una misurazione standard.
La sfida, quindi, diventa determinare quali informazioni sono rilevanti da un punto di vista di profittabilità aziendale per l’investimento.
Non è sufficiente identificare le questioni di natura ambientale, sociale e di governance idonee ad impattare sulla performance finanziaria per quanto provenienti da una fonte autorevole e riconosciuta. Occorre una valutazione dei nessi tra la questione di sostenibilità e i driver di valore del business della società in quanto sono tali nessi che fanno sì che la stessa questione possa tradursi in rischi o in opportunità e di conseguenza influenzare la performance.
La valutazione non può neanche prescindere dal settore a cui appartiene la società, per esempio per una società attiva nel settore IT, i problemi relativi alla privacy e alla sicurezza dei dati, avrà un impatto maggiore della problematica delle emissioni o della sicurezza dei dipendenti rispetto ad una azienda che si occupa di estrazione mineraria.
Per un investitore è, quindi, possibile aggiungere valore ai propri investimenti con l’integrazione ESG, ma occorre valutare bene anche il rischio del “Greenwashing”, vale a dire considerare i fattori ESG solo vagamente, senza una valutazione sistematica e corretta degli impatti che tali fattori hanno sulle decisioni di investimento.
Articolo del: