Stereotipi e condizionamenti


Zavorre per i nostri desideri e le nostre aspirazioni. Ecco come liberarcene, a beneficio della nostra vita e delle nostre relazioni
Stereotipi e condizionamenti
A Firmin Didot, incisore francese appartenente ad una ridente dinastia di stampatori di fine ‘700, é attribuita l’invenzione dello stereotipo, termine coniato - mai può essere più appropriato! - per identificare un metodo di duplicazione in tipografia, per alcuni aspetti simile al clichet.
Da allora, simbolicamente, la parola è andata ad identificare idee standardizzate e condivise massivamente. Per alcuni aspetti oggi uno stereotipo è un luogo comune. E’ quello strato di pregiudizi che, secondo Albert Einstein, si sedimenta prima della "maggiore età".
Prima della maggiore età, ben prima, noi formuliamo i nostri copioni, le sequenze della vita nelle quali riportiamo le nostre convinzioni di come funziona il mondo, i "film" che sappiamo come vanno a finire, le storie già scritte, le aspettative che si adempiono uguali a se stesse e che ci fanno pensare che "tanto, andrà così e non cosà", che non vale la pena perdere tempo in quella situazione, che tanto andrà come il solito".
Lo stereotipo è la rappresentazione semplificata e largamente condivisa su un tema. E’ uno stereotipo quando pensiamo al Natale con neve e caminetto acceso, + stereotipo quando diciamo che gli italiani sono tutti individualisti, è uno stereotipo quando associamo i tatuaggi total-body o la musica rock al consumo di droghe. E’ uno stereotipo quando mettiamo un "bollino" ad un gruppo di persone, ad una categoria di situazioni.
Certo è che la categorizzazione aiuta e semplifica. Persino ci fa risparmiare la fatica di andare a fondo, di investigare, di approfondire. Ovviamente non occorre, perchè sappiamo già come è. E gli stereotipi sono tanto più importanti, quanto più non riusciamo a notare aspetti della realtà che potrebbero contraddirli. Non li vediamo. Come avessimo i paraocchi.
E confermando una convinzione dietro l’altra, i nostri sogni diventano film già visti.
Un disegno che i nostri genitori ci proponevano e che da ragazzini ci andava bene, perchè condiviso e quindi rassicurante. E oggi? Con il passare del tempo ci siamo rimasti attaccati, senza più discuterli, senza gioia, con la noia e a volte il lamento che abbiniamo ai luoghi comuni.
Tanto più generalizziamo, bolliamo, definiamo in modo rigido ciò che ci circonda, tanto più diamo segni di non conoscenza, di limitatezza, di ignoranza. E siamo manipolabili.
E’ quindi sempre più difficile fare le nostre scelte, decidere quello che vogliamo, ciò che ci rende felici.
E allora come liberarcene, degli stereotipi?
1 - incontrare persone, tante. Tante più persone conosciamo, tanto più ci alleniamo ad apprezzare il contributo di ciascuno, abbiamo l’opportunità di ascoltare, di comprendere, di condividere, di entrare in empatia...
2 - fare domande. Di qualsiasi genere: come stai, in cosa ti stai cimentando ora, come è per te ..., cosa pensi di fare, come intendi risolvere la questione, qual è il tuo parere... Domande aperte, per imparare ad accogliere il contributo libero e autentico di ciascuno. per familiarizzare meglio con qualsiasi argomento portato
3 - vedere il lato luminoso delle situazioni e delle persone. Ne apprezziamo i colori, le sfumature, la positività, le caratteristiche, i dettagli, le linee... Ne apprezziamo in pieno il valore.
Tre regole semplici. Che ci permettono di scoprire, ogni giorno di più, come lo scambio di esperienza con gli altri sia opportunità e ricchezza, come davvero la felicità sia nelle nostre mani.

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di Paola Gonella

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